RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONE SESTA – PRIMA ORDINANZA 3 MARZO 2015, N. 4267 CONTRATTI IN GENERE - SCIOGLIMENTO DEL CONTRATTO - RISOLUZIONE DEL CONTRATTO - PER INADEMPIMENTO - EFFETTI DELLA RISOLUZIONE. Contratto di durata - Risoluzione - Diritto dell’adempiente alla controprestazione - Condizioni - Rispetto dell’equilibrio sinallagmatico - Diritto del locatore all’intero canone annuale - Esclusione - Obbligo di pagamento per il solo periodo effettivo di godimento - Sussistenza - Fondamento. Nei contratti ad esecuzione continuata, l’esigenza di rispetto dell’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni non viene meno neppure nella disciplina della risoluzione, sicché la parte locatrice adempiente ha diritto alle sole controprestazioni del locatario riferibili al periodo di effettivo godimento del bene e non anche a quelle ulteriori nella specie, l’intero canone annuale di locazione da corrispondersi in via anticipata che, per il sopravvenuto scioglimento del rapporto, non trovano più giustificazione causale. In senso conforme, Cass. Sez. 3, Sentenza 9906/1998 nei contratti caratterizzati da un’esecuzione continuata, in caso di scioglimento, qualora una prestazione già eseguita non sia proporzionale all’altra occorre che, anche attraverso una restituzione parziale, sia ristabilito l’equilibrio sinallagmatico tra prestazioni e controprestazioni. Pertanto le prestazioni già eseguite, che non possono essere oggetto di restituzione, sono solo quelle che sono riferibili, nel loro valore satisfattorio al periodo di vigenza del contratto, e non quelle anticipatamente eseguite e che, in relazione alla sopravvenuta risoluzione, non trovano più giustificazione causale, in tutto o in parte. SEZIONE PRIMA 25 FEBBRAIO 2015, N. 3806 BENI - IMMATERIALI - MARCHIO - IN GENERE ESCLUSIVITÀ DEL MARCHIO . Artt. 21, comma 1, lett. a , e 22 del D.Lgs. 30/2005 - Inserimento nella denominazione sociale, in funzione distintiva, del patronimico di un socio corrispondente a marchio già registrato da altri - Divieto - Fondamento - Limiti - Conformità al principio della correttezza professionale - Necessità. Ai sensi degli artt. 21, comma 1, lett. a , e 22 del D.Lgs. 30/2005, un segno distintivo costituito da un nome anagrafico validamente registrato come marchio non può essere, di regola, adottato, in settori merceologici identici o affini, né come marchio, né come denominazione sociale, salvo il principio della correttezza professionale, neppure dalla persona che legittimamente porti quel nome, in quanto, nell’ambito dell’attività economica e commerciale, il diritto al nome subisce una compressione ove sia divenuto oggetto di registrazione ad opera di altri. Ne consegue che non è conforme alla correttezza professionale l’inserimento, nella denominazione sociale, del nominativo di uno dei soci, coincidente con il nome proprio precedentemente incluso in un marchio registrato da terzi, che non sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi offerti, la cui ravvisibilità non può consistere nella sola circostanza che il nome sia patronimico di un socio. Si vedano a Sez. 1, Sentenza 6021/2014 in materia di marchi, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 30/2005 l’utilizzazione commerciale del nome patronimico, corrispondente al marchio già registrato da altri, non può avvenire in funzione distintiva, ma solo descrittiva, in quanto l’avvenuta modifica normativa, rispetto alla previsione dell’art. 1 bis del Rd 929/1942 con la soppressione dal testo normativo delle parole e quindi non in funzione di marchio, ma solo in funzione descrittiva , lascia ferma la necessità che l’uso del marchio debba essere conforme ai principi della correttezza professionale. b Sez. 1, Sentenza 29879/2011 ai sensi dell’art. 1 bis del Rd 929/1942, in materia di marchi registrati nel testo aggiunto dall’art. 2 del D.Lgs. 480/1992 , l’utilizzazione commerciale del nome patronimico, deve essere conforme ai principi della correttezza professionale e, quindi, non può avvenire in funzione di marchio, cioè distintiva, ma solo descrittiva, in ciò risolvendosi la preclusione normativa per il titolare del marchio di vietare ai terzi l’uso nell’attività economica del loro nome ne consegue che sussiste la contraffazione quando il marchio accusato contenga il patronimico protetto, pur se accompagnato da altri elementi. Fattispecie in cui la S.C. ha ravvisato il cuore del secondo marchio, AVC by Adriana V. Campanile”, nel patronimico Campanile”, restando così insufficiente la differenziazione rispetto al marchio Campanile”, già registrato dal ricorrente e contrassegnante la produzione ed il commercio degli stessi prodotti .