RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONE SESTA – PRIMA ORDINANZA 2 SETTEMBRE 2014, N. 18553 ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA - POLIZIA DI SICUREZZA - LIMITAZIONI DI POLIZIA – STRANIERI. Permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare - Condizione - Divieto di espulsione ex art. 19, comma 2, lett. c del D.Lgs. 286/1998 - Necessità - Revoca del titolo di soggiorno dello straniero per ragioni di pericolosità sociale - Conseguenza - Inoperatività del divieto di espulsione. In tema di immigrazione, il divieto di espulsione di cui all’art. 19, comma 2, lett. c , del D.Lgs. 286/1998, costituisce condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di coesione familiare, sicché non opera qualora, per ragioni di pericolosità sociale, sia stato revocato il titolo di soggiorno dello straniero, anche se fondato sulla medesima condizione soggettiva produttiva dell’inespellibilità nella specie, matrimonio con cittadina italiana . Si vedano i Sez. 1, sentenza n. 13972/2011 la commissione di uno dei reati nella specie, in materia di stupefacenti previsti dall’art. 4, terzo comma, del D.Lgs. 286/1998, da parte del cittadino straniero presente nello Stato, che richieda il permesso di soggiorno per coesione familiare, in quanto coniuge di cittadino straniero regolarmente soggiornante, integra una delle condizioni impeditive previste dalla norma, non potendo trovare applicazione la previsione più favorevole, contenuta nell’art. 2, primo comma, del D.Lgs. 5/2007, ai sensi della quale deve essere valutato in concreto se il richiedente rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, atteso che tale disposizione si applica nei soli casi di ricongiungimento familiare richiesto dallo straniero munito di titolo valido a beneficio del coniuge residente, però, nel paese d’origine. ii Sez. 6 - 1, ordinanza n. 20719/2011 il divieto di espulsione dello straniero convivente con parente entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, stabilito all’art. 19, secondo comma, lettera c del D.Lgs. 286/1998, e il conseguente obbligo di rilascio del permesso di soggiorno per coesione familiare, possono essere derogati, anche in sede di rinnovo, esclusivamente se ricorrono le condizioni ostative contenute nell’art. 13, primo comma, del D.Lgs. cit., consistenti in motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato” ed oggetto di specifica valutazione del Questore in sede di diniego di rilascio e successivamente del giudice eventualmente adito, non essendo sufficiente, a tal fine, - e come nella specie - invocare i precedenti penali tra l’altro risalenti nel tempo ed anteriori al rilascio del permesso di soggiorno e la frequentazione di pregiudicati, atteso che tali elementi di fatto possono essere idonei ad integrare le ragioni di sicurezza” poste a base dei provvedimenti di allontanamento di un cittadino comunitario ex art. 20 del D.Lgs. 30/2007 , ma non le più restrittive condizioni previste nel citato art. 13 . SEZIONE SESTA – PRIMA ORDINANZA 2 SETTEMBRE 2014, N. 18550 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - PASSIVITÀ FALLIMENTARI ACCERTAMENTO DEL PASSIVO - AMMISSIONE AL PASSIVO - DICHIARAZIONI TARDIVE. Sospensione della procedura nelle more dell’ammissione del credito ex art. 101 legge fall. - Ammissibilità - Esclusione - Accantonamento ex art. 113 legge fall. - Ammissibilità - Esclusione. L’art. 101 legge fall., nel prevedere che i creditori possono chiedere l’ammissione al passivo fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare, pone solo un limite cronologico all’esercizio di tale diritto potestativo, ma non riconosce al creditore l’ulteriore diritto a non vedersi pregiudicato il futuro soddisfacimento del credito, nelle more dell’ammissione, dall’attuazione della ripartizione. Ne consegue che la domanda d’insinuazione tardiva di un credito non comporta una preclusione per gli organi della procedura al compimento di ulteriori attività processuali, ivi compresa la chiusura del fallimento per l’integrale soddisfacimento dei creditori ammessi o per l’esaurimento dell’attivo, né genera un obbligo per il curatore di accantonamento di una parte dell’attivo a garanzia del creditore tardivamente insinuatosi, atteso che tale evenienza non è considerata tra le ipotesi di accantonamento previste dall’art. 113 legge fall., la cui previsione è da ritenersi tassativa, in quanto derogante ai principi generali che reggono il processo fallimentare, e perciò insuscettibile di applicazione analogica. In senso conforme, Cass. Sez. 6 - 1, ordinanza n. 18550/2014 l’art. 101 legge fall., nel prevedere che i creditori possono chiedere l’ammissione al passivo fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare, pone solo un limite cronologico all’esercizio di tale diritto potestativo, ma non riconosce al creditore l’ulteriore diritto a non vedersi pregiudicato il futuro soddisfacimento del credito, nelle more dell’ammissione, dall’attuazione della ripartizione. Ne consegue che la domanda d’insinuazione tardiva di un credito non comporta una preclusione per gli organi della procedura al compimento di ulteriori attività processuali, ivi compresa la chiusura del fallimento per l’integrale soddisfacimento dei creditori ammessi o per l’esaurimento dell’attivo, nè genera un obbligo per il curatore di accantonamento di una parte dell’attivo a garanzia del creditore tardivamente insinuatosi, atteso che tale evenienza non è considerata tra le ipotesi di accantonamento previste dall’art. 113 legge fall., la cui previsione è da ritenersi tassativa, in quanto derogante ai principi generali che reggono il processo fallimentare, e perciò insuscettibile di applicazione analogica .