RASSEGNA DELLA CASSAZIONE CIVILE

PRIMA SEZIONE 16 AGOSTO 2011, N. 17308 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - CESSAZIONE - CHIUSURA DEL FALLIMENTO - DECRETO DI CHIUSURA - IN GENERE. Reclamo - Creditori che hanno proposto insinuazione tardiva o opposizione allo stato passivo - Legittimazione al reclamo - Condizioni. Ai fini della legittimazione a proporre reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento da parte del creditore del fallito, la posizione di coloro che hanno proposto insinuazione tardiva oppure opposizione allo stato passivo e i cui relativi giudizi siano pendenti al momento dell'emanazione del decreto di chiusura, non comporta l'assunzione della qualità di concorrenti nella procedura e quindi non determina di per sè una loro legittimazione al reclamo sulla base di tale posizione qualificata. I soggetti in questione tuttavia non possono considerarsi del tutto estranei alla procedura proprio perchè ne fanno comunque parte attraverso i sub procedimenti in corso ancorchè la loro posizione di creditori della massa non sia stata ancora accertata. Ciò comporta che, ai fini della loro legittimazione all'impugnazione del provvedimento di chiusura, occorre accertare l'interesse in concreto che essi hanno a contrastare siffatto provvedimento. V., in senso conforme, Cass. 26927/06. La cognizione rimessa al giudice in sede di reclamo, ai sensi dell'articolo 119, secondo comma, della legge fall., avverso il decreto di chiusura del fallimento è limitata alla verifica della sussistenza di uno dei casi di chiusura di cui ai numeri da 1 a 4 dell'articolo 118 della legge fall., essendo dato tale rimedio per porre in discussione la ricorrenza, in concreto, dello specifico caso, rispetto al quale si deve, altresì, valutare la legittimazione e l'interesse alla speciale impugnazione ne deriva che è inammissibile il reclamo, qualora il ricorrente non abbia dedotto l'insussistenza di una delle ipotesi di chiusura del fallimento. Cass.395/10 nella specie, la Corte ha confermato la dichiarazione di inammissibilità del reclamo, fondata sul fatto che il reclamante aveva censurato il decreto del tribunale di chiusura del fallimento perché illegittimo e causa di grave pregiudizio agli interessi della reclamante, creditrice peraltro di un così sensibile importo . Il creditore del fallito, non ammesso al passivo, non è legittimato a reclamare avverso il decreto di chiusura della procedura nella prospettiva dell'esito favorevole di causa dal medesimo promossa - nella specie petizione ereditaria in via ordinaria di beni già ripartiti tra i creditori ammessi - perché comunque non potrebbe beneficiare di un eventuale ulteriore riparto, mentre d'altro canto il rimedio ai sensi dell'articolo 119 secondo comma legge fallimentare è esperibile soltanto per contestare la sussistenza, in concreto, di una delle ipotesi previste dall'articolo 118 legge fall., in presenza delle quali, invece, gli organi fallimentari non hanno nessun potere discrezionale di protrarre la procedura e quindi differirne la chiusura, a cui non osta pertanto ne' l'opposizione allo stato passivo, ne' la dichiarazione tardiva di credito. PRIMA SEZIONE 12 AGOSTO 2011, N. 17274 ELEZIONI - AMMINISTRATIVE - IN GENERE. Sentenza di primo grado appellata dalla parte soccombente e da altri cittadini elettori - Integrazione del contraddittorio disposta dal giudice di appello - Onere di ciascuna parte appellante - Mancanza - Inammissibilità dell'appello - Limiti. In tema di ricorsi in materia di eleggibilità e decadenza degli amministratori e dei consiglieri degli enti locali, nell'ipotesi in cui la sentenza di primo grado nella specie, dichiarativa della incompatibilita' alla carica di sindaco con conseguente decadenza sia stata appellata con distinti atti di impugnazione sia dalla parte soccombente sia da altri cittadini elettori rimasti estranei al giudizio di primo grado, ai sensi dell'articolo 82 del d.P.R. 570/1960 e il giudice di appello, riunite le impugnazioni, abbia ordinato, ai sensi dell'articolo 331, primo comma, c.p.c., l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'ufficio del P.M. presso il giudice a quo, al fine di consentirgli l'eventuale proposizione dell'appello incidentale contro la stessa sentenza, ciascuna delle parti appellanti, in forza dei principi di autonomia delle singole impugnazioni e del connesso interesse ad impugnare sottostante a ciascuna di esse, e' soggetta all'onere di provvedere a detta integrazione mediante la notificazione del proprio atto di impugnazione entro il termine stabilito, con la conseguenza che, ove a tale integrazione abbiano ritualmente e tempestivamente provveduto non tutti gli appellanti ma soltanto alcuni di essi, occorre distinguere tra quelli che hanno assolto detto onere, rispetto ai quali l'impugnazione dagli stessi proposta e' ammissibile, e quelli che per contro non l'hanno assolto, rispetto ai quali l'impugnazione dagli stessi proposta e' inammissibile, ai sensi dell'articolo 331, secondo comma, c.p.c. Nella specie, la Corte ha cassato la sentenza che aveva erroneamente ritenuto, da un lato, che l'onere di provvedere alla ordinata integrazione del contraddittorio nei confronti del P.M. gravasse soltanto sulla parte piu' diligente e dovesse essere da questa assolto mediante la notificazione di tutti i ricorsi in appello, anziche' su ciascuno degli appellanti mediante la notificazione del proprio ricorso in appello, e, dall'altro, che, in difetto, si determinasse l'estinzione dell'intero processo, anziche' l'inammissibilita' delle sole impugnazioni i proponenti delle quali non avessero assolto detto onere. In tema di ricorsi in materia di eleggibilità e decadenza relativi alle elezioni regionali, le pronunce di primo grado del tribunale possono essere impugnate, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 82/2 del d.P.R. 570/1960, e dell'articolo 19 della legge 108/1968, dinanzi alla Corte di appello territorialmente competente, da qualsiasi elettore della regione non partecipe del primo giudizio nel termine di venti giorni a decorrere dall'ultimo giorno della pubblicazione del dispositivo della sentenza nell'albo pretorio del comune, mentre il termine per la proposizione dell'appello per coloro che ebbero a partecipare al giudizio di primo grado, parimenti stabilito in venti giorni, decorre diversamente dalla notifica della relativa sentenza, con la conseguenza che la improcedibilità dell'appello proposto da una delle parti del giudizio di primo grado non può tradursi nella automatica inammissibilità o improcedibilità , ipso facto, dell'appello separatamente proposto da elettori - non partecipi di quel primo giudizio - titolari di un autonomo potere di impugnazione non subordinato al buon esito dell'appello proposto dalla parte del giudizio di primo grado appello che potrebbe risultare, addirittura, dolosamente improcedibile . Nè, in contrario, è legittimo sostenere che la dichiarata improcedibilità del primo appello comporti il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado con effetto erga omnes essendo, invece, tale effetto impedito proprio dalla - tempestiva - proposizione del secondo appello, non trattandosi, nel caso di specie, di giudicato sulla giurisdizione , bensì sul merito , ovvero che effetti preclusivi alla seconda impugnazione possano scaturire, ex articolo 335 c.p.c., come conseguenza della mancata riunione delle impugnazioni separate, atteso che, in caso di mancata riunione, affinché sia predicabile l'effetto di improcedibilità per la seconda impugnazione, in presenza di una pronuncia sulla prima, è necessario che quest'ultima sia stata, comunque, validamente proposta Cass.6920/97 . Cass. 9065/00 ha ritenuto che anche in relazione all' azione popolare in materia di eleggibilità e decadenza relative alle elezioni comunali, prevista dall'articolo 82 del d.P.R. 570/82, la legittimazione ad impugnare per Cassazione le sentenze pronunciate in secondo grado dalla Corte di appello nonché la legittimazione ad impugnare per revocazione le sentenze della Corte di Cassazione o a richiederne la correzione degli errori materiali spetta soltanto a coloro che sono stati parti nel giudizio che ha condotto alla sentenza impugnata e non anche ai cittadini elettori, rimasti estranei al processo. Un'eccezione in tal senso, infatti, è prevista esclusivamente per il giudizio di appello dal secondo comma del medesimo articolo 82. PRIMA SEZIONE 5 AGOSTO 2011, N. 17035 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - PASSIVITA' FALLIMENTARI ACCERTAMENTO DEL PASSIVO - OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO - IN GENERE. Accertamento dei crediti nei confronti del fallito - Insinuazione al passivo - Necessita' - Mancanza - Conseguenze - Improcedibilita' di ogni diversa azione - Eccezioni - Litis consorzio necessario - Esclusione - Conseguenze in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilita' civile derivante da circolazione stradale. Nel sistema delineato dagli articolo 52 e 95 legge fall., ogni pretesa a contenuto patrimoniale svolta nei confronti di un soggetto fallito deve essere azionata attraverso lo speciale procedimento endofallimentare dell'accertamento del passivo, da attivarsi avanti al tribunale fallimentare, essendo improcedibile ogni diversa azione, nè un'eccezione a tale principio può derivare dalla circostanza che la domanda proposta attenga ad un'azione che comporti il necessario intervento di più litisconsorti pertanto, deve essere dichiarata inammissibile l'azione di condanna al risarcimento del danno derivante da circolazione stradale proposta nei confronti dell'assicuratore e della curatela, in quanto la parte danneggiata avrebbe dovuto in alternativa alla sola domanda nei confronti del danneggiante da proporsi con il rito fallimentare, astenersi da ogni conclusione nei suoi confronti o dichiarare l'intenzione di avvalersi di una eventuale condanna solo in esito al ritorno in bonis. Qualsiasi credito nei confronti di un'impresa posta in liquidazione coatta amministrativa dev'essere fatto valere in sede concorsuale, nell'ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice può conoscerne in sede ordinaria solo in un momento successivo, sulle opposizioni od impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità, o, se proposta, di improseguibilità della domanda, che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito ne consegue che la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria diventa improcedibile in virtù di norme inderogabilmente poste a tutela del principio della par condicio creditorum. Cass. 27679/08 la Corte ha ritenuto applicabile il principio riportato anche in relazione alla domanda, proposta nei confronti dell'impresa assicuratrice posta in liquidazione coatta amministrativa, di risarcimento per i danni provocati nell'esercizio di attività venatoria nella vigenza della legge n. 968 del 1977, abrogata dalla legge n. 157 del 1992, in difetto, in materia di assicurazione obbligatoria per i detti danni, di una norma analoga a quella dettata dall'articolo 25 della legge 990/1969, abrogata dal d.lgs. 209/2005 . PRIMA SEZIONE 4 AGOSTO 2011, N. 16962 ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA - POLIZIA DI SICUREZZA - LIMITAZIONI DI POLIZIA - STRANIERI. Espulsione dello straniero - Decreto tradotto in lingua diversa da quella del destinatario - Nullita' insanabile. In tema di espulsione amministrativa dello straniero, sussiste la violazione dell'articolo 13, settimo comma, del d. lgs. 286/1998, con conseguente nullita' non sanabile del relativo decreto se tradotto in una lingua diversa da quella propria del destinatario e senza l'attestazione di indisponibilita' del traduttore nella lingua conosciuta. Cass. 17908/10 aveva affermato che la mancata traduzione del decreto di espulsione amministrativa dello straniero nella lingua propria del destinatario determina la nullità del provvedimento, che può essere fatta valere soltanto mediante il ricorso in opposizione, trattandosi di una tipologia d'invalidità e non d'inesistenza dell'atto amministrativo tale vizio, pur potendo essere fatto valere con l'opposizione tardiva, non è deducibile senza limiti di tempo, occorrendo a tal fine verificare se la violazione dell'obbligo stabilito all'articolo 13, settimo comma, del d.lgs. 286/1998 abbia effettivamente determinato una ignoranza sul contenuto dell'atto tale da impedirne l'identificazione e se medio tempore lo straniero non abbia comunque avuto modo di avere un'adeguata conoscenza della natura dell'espulsione e del rimedio proponibile, con l'effetto di far maturare da quel momento il dies a quo per la proposizione del ricorso tardivo fondato sul rilievo dell'intervenuta nullità.