RASSEGNA DELLA CASSAZIONE CIVILE di Maria Rosaria San Giorgio

di Maria Rosaria San Giorgio PRIMA SEZIONE 11 APRILE 2011, N. 8216 CONTRATTI IN GENERE - SCIOGLIMENTO DEL CONTRATTO - RISOLUZIONE DEL CONTRATTO - PER INADEMPIMENTO - TERMINE ESSENZIALE PER UNA DELLE PARTI. Contratto preliminare di compravendita - Scadenza del termine per la stipula del definitivo - Natura - Accertamento - Efficacia della clausola arbitrale - Condizioni. L'efficacia della clausola per arbitrato irrituale, contenuta in un contratto preliminare di compravendita nella specie, di quote societarie , permane anche dopo la scadenza del termine fissato dalle parti per la stipula del contratto definitivo, atteso che tale termine può ritenersi finale ed essenziale solo qualora le parti in tal modo lo abbiano espressamente considerato, sia pure senza l'uso di formule solenni, o se tale natura risulti dal contratto, dovendo, in contrario, ritenersi che il termine per la conclusione del contratto definitivo costituisca un ordinario termine dilatorio di adempimento delle obbligazioni negoziali. In tema di appalto di opere pubbliche, la normativa dettata dagli artt. 31 e 32 della legge109/ 1994, nel testo di cui al d.l. 101/1995, convertito, con modificazioni, nella legge 206/1995 al fine di favorire una soluzione celere ed extracontenziosa delle controversie insorte durante l'esecuzione dell'appalto - ha ribaltato la regola generale di rinviare al momento del collaudo la decisione in sede amministrativa sulle controversie sollevate dall'appaltatore in corso d'opera, consentendone la definizione in un momento precedente in tal caso, rimane ferma, quale condizione di procedibilità sia del giudizio ordinario sia dell'arbitrato, la necessità dell'espletamento di una fase amministrativa che si svolge con l'audizione dell'appaltatore, una proposta di accordo, e la deliberazione dell'Amministrazione sulle domande proposte dall'appaltatore durante la esecuzione del contratto , restando subordinata la procedibilità delle azioni dell'appaltatore a tutela delle proprie pretese all'espletamento di tale fase, ovvero, in mancanza, al decorso dei termini prestabiliti. Detta previsione di una condizione di procedibilità è manifestamente rispettosa dell'articolo 24 Cost., che non impone una correlazione assoluta tra l'insorgenza del diritto e la sua azionabilità, purchè tale differimento non renda eccessivamente gravoso l'esercizio del diritto e risponda a ragioni di interesse generale Cass. 14971/07 . In tema di risoluzione contrattuale ed in ipotesi di contratto preliminare, anche quando l'accordo negoziale preveda un termine specifico per l'adempimento, esso non è da intendersi di carattere essenziale ogni qualvolta il ritardo, anche di alcuni mesi, non faccia venire meno l'interesse alla conclusione dell'affare Cass. 16096/04 . SECONDA SEZIONE 7 APRILE 2011, N. 8008 PROPRIETÀ - LIMITAZIONI LEGALI DELLA PROPRIETÀ - RAPPORTI DI VICINATO - DISTANZE LEGALI - AZIONE GIUDIZIARIA PER IL RISPETTO DELLE - LEGITTIMAZIONE. Opere edilizie illegittime eseguite su immobile concesso in usufrutto - Domanda di riduzione in pristino - Legittimazione passiva - Spettanza in via esclusiva al nudo proprietario - Sussistenza - Intervento adesivo dipendente dell'usufruttuario - Ammissibilità. La legittimazione passiva in ordine all'azione di riduzione in pristino conseguente all'esecuzione, su immobile concesso in usufrutto, di opere edilizie illegittime, perché realizzate in violazione delle distante legali, spetta al nudo proprietario, potendosi riconoscere all'usufruttuario il solo interesse a spiegare nel giudizio intervento volontario ad adiuvandum, ai sensi dell'articolo 105, secondo comma, c.p.c., volto a sostenere le ragioni del nudo proprietario alla conservazione del suo immobile, anche quando le opere realizzate a distanza illegittima abbiano riguardato sopravvenute accessioni sulle quali si sia esteso il godimento spettante all'usufruttuario in conformità dell'articolo 983 c.c. V., in senso conforme, Cass. 5900/2010. Contra Cass., 35/00, secondo cui l'azione diretta alla rimozione delle opere eseguite abusivamente per mancato rispetto delle distanze legali deve necessariamente essere proposta nei confronti del nudo proprietario, oltre che dell'usufruttuario, del fondo sul quale le opere sono state realizzate, in quanto la sentenza emessa nei soli confronti del secondo resterebbe inutiliter data in quanto non eseguibile in danno del proprietario. PRIMA SEZIONE 4 APRILE 2011, N. 7621 IMPUGNAZIONI CIVILI - APPELLO - IMPROCEDIBILITÀ - PER MANCATA COSTITUZIONE O COMPARIZIONE DELL'APPELLANTE. Ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo - Illegittimità - Ricorso per cassazione - Rimedio esperibile - Riassunzione della causa in appello con istanza di improcedibilità - Necessità. È inammissibile il ricorso per cassazione, volto a far valere l'error in procedendo del giudice di appello che abbia ordinato, a causa della mancanza comparizione delle parti, la cancellazione della causa dal ruolo, invece di dichiarare l'improcedibilità dell'appello come previsto dall'articolo 348, secondo comma, c.p.c., in quanto in tal caso la parte interessata, quale unico rimedio consentito avverso l'errore commesso dal consigliere istruttore, può riassumere la causa chiedendo al collegio di accertare l'illegittimità della cancellazione della causa dal ruolo e dichiarare l'improcedibilità dell'appello. V., in tal senso, Cass. 3328/98. L'improcedibilità cui fa riferimento l'articolo 350, secondo comma, c.p.c. nel rimettere il potere della relativa declaratoria al giudice istruttore in appello è quella individuata nel precedente articolo 348, stesso codice, relativamente alla quale tale declaratoria avviene, ai sensi dell'ultimo comma del citato articolo 350, con ordinanza soggetta a reclamo al collegio, a norma dell'articolo 357 c.p.c., così da sottrarsi al ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 111, secondo comma Cost. Cass. 16347/04 . PRIMA SEZIONE 4 APRILE 2011, N. 7619 PROCEDIMENTO CIVILE - CAPACITÀ PROCESSUALE - IN GENERE. Impugnazione - Notificazione a soggetto minorenne - Nullità - Conseguenze - Rinnovazione dell'atto in appello - Necessità. La nullità della notificazione dell'impugnazione effettuata a soggetto minorenne non conduce all'inammissibilità della stessa, dovendo il giudice disporre la rinnovazione dell'atto nei confronti del rappresentante legale, soggetto diverso dal genitore che ha introdotto il gravame, essendo applicabili anche al giudizio di appello ex articolo 359 c.p.c. gli artt. 163 n. 2 e 164 c.p.c. sulla nullità della citazione introduttiva del giudizio di cognizione ordinaria. Secondo Cass. S.U. 15783/05, qualora uno degli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo nella specie, il raggiungimento della maggiore età da parte di minore costituitosi in giudizio a mezzo dei suoi legali rappresentanti si verifichi nel corso del giudizio di primo grado, prima della chiusura della discussione ovvero prima della scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ai sensi del nuovo testo dell'articolo 190 c.p.c. , e tale evento non venga dichiarato nè notificato dal procuratore della parte cui esso si riferisce a norma dell'articolo 300 c.p.c., il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati e ciò alla luce dell'articolo 328 cod. proc. civ., dal quale si desume la volontà del legislatore di adeguare il processo di impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della notifica della sentenza che dell'impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra l'evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non dichiarato nè notificato. Limitatamente, peraltro, ai processi pendenti alla data del 30 aprile 1995 - rispetto ai quali non opera la possibilità di sanatoria dell'eventuale errore incolpevole nell'individuazione del soggetto nei cui confronti il potere di impugnazione deve essere esercitato, offerta dal nuovo testo dell'articolo 164 c.p.c., come sostituito dalla legge 353/1990, nella parte in cui consente la rinnovazione, con efficacia ex nunc, della citazione e dell'impugnazione in relazione alle nullità riferibili ai nn. 1 e 2 dell'articolo 163 c.p.c - il dovere di indirizzare l'impugnazione nei confronti del nuovo soggetto effettivamente legittimato resta subordinato alla conoscenza o alla conoscibilità dell'evento, secondo criteri di normale diligenza, da parte del soggetto che propone l'impugnazione, essendo tale interpretazione l'unica compatibile con la garanzia costituzionale del diritto di difesa articolo 24 Cost. . Un'esigenza di tutela della parte incolpevole non si pone, in ogni caso, rispetto all'ipotesi del raggiungimento della maggiore età nel corso del processo, che non costituisce un evento imprevedibile, ma, al contrario, un accadimento inevitabile nell'an - essendo lo stato di incapacità per minore età naturaliter temporaneo - ed agevolmente riscontrabile nel quando . Nel caso di specie, relativo a giudizio introdotto anteriormente al 30 aprile 1995, la Corte ha cassato quindi senza rinvio la sentenza impugnata, ritenendo, alla luce degli enunciati principi, che il processo non potesse essere proseguito nei confronti di una delle parti - divenuta maggiorenne nel corso del giudizio di primo grado, senza che tale evento fosse stato dichiarato o notificato dal procuratore costituito - essendo stato l'atto di appello notificato ai suoi genitori, nella qualità di esercenti la potestà, in data nella quale era ormai cessata la loro rappresentanza legale . TERZA SEZIONE 31 MARZO 2011, N. 7441 PRESCRIZIONE CIVILE - DECORRENZA. Danni da prodotto farmaceutico - Prescrizione del diritto al risarcimento del danno - Decorrenza - Dalla revoca dell'autorizzazione al commercio del farmaco - Necessità. In tema di responsabilità da prodotto farmaceutico, la conoscenza o conoscibilità del difetto del farmaco, idonea, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del d.P.R. 224/1988, a determinare il corso della prescrizione in concorso con gli altri due eventi previsti dalla norma, non può in ogni caso ravvisarsi fino al momento nel quale non sia stata disposta la revoca dell'autorizzazione alla commercializzazione, a nulla rilevando che ne sia stata nel frattempo disposta la sospensione, e sempre che il provvedimento di revoca identifichi il difetto, che esso non sia impugnato in sede amministrativa o giudiziale, nel qual caso solo il definitivo esito di tali tutele è idoneo a far decorrere la prescrizione. Secondo Cass. S.U. 576/08, la responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, né sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione epidemia colposa o lesioni colpose plurime ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, c.c., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui all'articolo 4 della legge 210/ 1992, bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa . Secondo Cass. 13284/2010, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno conseguente a una malattia causata al dipendente nell'espletamento del lavoro dal comportamento colposo del datore di lavoro decorre dal momento in cui l'origine professionale della malattia può ritenersi conoscibile dal danneggiato, indipendentemente dalle valutazioni soggettive dello stesso. Nella specie la Corte ha confermato la decisione di merito che aveva individuato la decorrenza del termine prescrizionale nel momento in cui la malattia era stata diagnosticata, ritenendo che la sua origine professionale fosse desumibile alla stregua delle normali conoscenze dell'epoca . TERZA SEZIONE 30 MARZO 2011, N. 7240 PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE CIVILE - SENTENZA - PUBBLICAZIONE DEPOSITO DELLA . Doppia attestazione sull'originale di una sentenza - Diversità tra data di deposito e data di pubblicazione - Termine lungo per l'impugnazione - Decorrenza - Dalla prima data - Configurabilità. Quando sull'originale di una sentenza figuri una doppia attestazione da parte del cancelliere, il quale dà atto che essa è stata depositata in una certa data e pubblicata in una data successiva, ai fini del computo del c.d. termine lungo per l'impugnazione di cui all'articolo 327 c.p.c. occorre fare riferimento alla data di deposito e non a quella di pubblicazione, in quanto è solo la prima che integra la fattispecie di cui all'articolo 133 c.p.c., mentre la successiva pubblicazione si collega ad attività che il cancelliere è obbligato a compiere per la tenuta dei registri di cancelleria o per gli avvisi alle parti dell'avvenuto deposito. In senso contrario si era espressa Cass. 12681/08, secondo la quale, per effetto del combinato disposto degli artt. 133 e 327 c.p.c. il termine annuale per l'impugnazione della sentenza non notificata inizia a decorrere dalla data della sua pubblicazione e, laddove sulla sentenza pubblicata appaiano due date, una di deposito in cancelleria da parte del giudice e l'altra, successiva, di pubblicazione indicata come tale dal cancelliere, è solo a quest'ultima che bisogna aver riguardo ai fini della decorrenza del termine. TERZA SEZIONE 31 MARZO 2011, N. 7423 PUBBLICO MINISTERO IN MATERIA CIVILE - INTERVENTO - OBBLIGATORIO. Omissione - Nullità della sentenza - Conseguenze - Conversione in motivo di impugnazione - Rilevabilità di ufficio in sede di appello - Esclusione - Vizio di legittimità rilevabile in cassazione - Esclusione. STAMPA - GIORNALISTA - PRATICANTE. Attività di giornalista praticante - Requisiti - Esercizio continuativo e inserimento nei quadri redazionali degli organismi giornalistici - Collegamento con la redazione - Necessità - Sussistenza dei requisiti - Accertamento del giudice di merito. Nei procedimenti in cui sia prescritto l'intervento obbligatorio in causa del P.M. nella specie, giudizio in tema di iscrizione all'albo dei praticanti giornalisti , l'omessa partecipazione dello stesso al giudizio di primo grado dà luogo a nullità della sentenza che si converte, ai sensi degli artt. 158 e 161 c.p.c. in motivo di impugnazione, potendo essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole dell'appello. Ne consegue che, ove manchi il motivo di gravame sul punto, la questione non può essere rilevata d'ufficio dal giudice di appello, nè dare luogo a vizio di legittimità denunciabile in cassazione. A norma degli artt. 29, 33 e 34 della legge 69/1963, e degli artt. 41, 43 e 46 del d.P.R. 115/1965, al fine di ritenere compiuta la pratica giornalistica è necessario non solo l'esercizio effettivo e continuativo di tale attività, ma anche l'inserimento nei quadri organici dei servizi redazionali degli organismi giornalistici previsti dall'articolo 34 della legge 69/ 1963 e dall'articolo 41 del d.P.R. 115/ 1965 tale inserimento si realizza attraverso un collegamento con la redazione, che può assumere varie modalità, e con la partecipazione effettiva ai diversi e più significativi momenti dell'attività di redazione. L'accertamento dell'esistenza dei requisiti di tale inserimento è compito del giudice di merito. Con riguardo alla prima massima, v., in senso conforme, Cass. 2073/00. Tra i tratti essenziali della pratica giornalistica, desumibili dall'articolo 41 del d.P.R. 115/1965 come integrato dall'articolo 9 del d.P.R. n. 212 del 1979 , va individuato il fatto di dovere essa svolgersi nei quadri organici dei servizi redazionali centrali, nel senso della partecipazione dall'interno dell'attività di redazione nei suoi molteplici aspetti, così da assicurare all'aspirante professionista un percorso formativo completo Cass. 8118/00 la Corte S.C. ha così confermato la sentenza impugnata, la quale non aveva riconosciuto come svolta la pratica ai fini dell'ammissione all'esame di giornalista professionista, ritenendo che l'istante, pur essendo stato impegnato in operazioni di cucina redazionale , non aveva però avuto accesso alla redazione ed alle attrezzature a disposizione di questa, nè aveva partecipato all'attività di redazione in senso proprio, essendo stato escluso dalle riunioni riservate ai redattori, dove si decideva l'impostazione e la fattura del giornale, l'impaginazione e la modifica dei pezzi redatti dai collaboratori . TERZA SEZIONE 31 MARZO 2011, N. 7422 PROFESSIONISTI - GIUDIZI DISCIPLINARI - PROCEDIMENTO. Procedimento disciplinare a carico dei periti industriali - Consigli territoriali dell'ordine - Natura amministrativa - Obbligo di rispetto di regole desumibili da principi generali dell'ordinamento - Sussistenza - Contenuto - Segretezza del procedimento - Necessità - Omissione - Nullità del provvedimento disciplinare - Condizioni e limiti. Il procedimento disciplinare che si svolge, a carico dei periti industriali, davanti ai Consigli territoriali dell'ordine, pur avendo, a differenza di quello che si tiene davanti al Consiglio nazionale dei periti industriali, natura amministrativa e non giurisdizionale, deve svolgersi nel rispetto di alcune regole generali desumibili sia da principi generali dell'ordinamento, sia da principi specifici che regolano i procedimenti disciplinari, fra i quali quello della segretezza, dettato espressamente dall'articolo 8 del d.m. 1° ottobre 1948 per il procedimento davanti al Consiglio nazionale dei periti industriali tuttavia la violazione di tale principio non si traduce in una nullità del procedimento idonea ad inficiare la validità del provvedimento disciplinare qualora la parte si limiti a dedurla, senza indicare le ragioni per le quali tale violazione abbia comportato l'ingiustizia del procedimento stesso. Cass. S.U. 3374/86 aveva affermato, con riguardo al procedimento disciplinare a carico di avvocati e procuratori, che le adunanze, sia davanti ai consigli dell'ordine che davanti al consiglio nazionale, sono segrete, ai sensi dell'articolo 42 del R.d. 22 gennaio 1934 n. 37, e che tale deroga al principio della pubblicità del dibattimento giudiziario manifestamente non pone la citata norma in contrasto con gli artt. 3 e 101, primo comma, della Costituzione, trattandosi di una scelta del legislatore obiettivamente giustificata dalle esigenze di tutela della categoria professionale. Con riguardo ai procedimenti disciplinari nei confronti dei periti industriali, Cass. 10491/11 ha affermato che il potere disciplinare del collegio provinciale dei periti industriali si esercita mediante provvedimenti di natura amministrativa, impugnabili in via giurisdizionale davanti ai consigli nazionali, che sono giudici speciali, e cui spetta giudicare della sussistenza di tutti i vizi di legittimità del provvedimento disciplinare che siano stati dedotti dall'incolpato, sia quelli concernenti la sussistenza dell'illecito che quelli relativi alla legittimità del procedimento amministrativo seguito dal Collegio provinciale nell'applicazione della sanzione nella specie la Corte ha cassato con rinvio la decisione del Cons. Naz. Periti Industriali, che non aveva preso in esame, ritenendolo irrilevante, il motivo con cui l'incolpato aveva denunciato la partecipazione alla discussione e deliberazione del provvedimento sanzionatorio di un componente del Collegio, nonostante l'accoglimento della ricusazione da lui proposta nei suoi confronti .