RASSEGNA DELLA CASSAZIONE CIVILE di Maria Rosaria San Giorgio

di Maria Rosaria San Giorgio SEZIONE SECONDA 4 GENNAIO 2011, N. 186 COMUNIONE NEI DIRITTI REALI - CONDOMINIO NEGLI EDIFICI Divulgazione dei dati di condomino moroso mediante affissione nella bacheca dell'androne condominiale - Violazione della privacy - Configurabilità. La disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgs. 196/2003, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all'accesso a terzi estranei al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino. Pertanto - fermo il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche su propria iniziativa, gli inadempimenti altrui nei confronti della collettività condominiale - l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo partecipante al condominio, risolvendosi nella messa a disposizione di quel dato in favore di una serie indeterminata di persone estranee, costituisce una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del codice. La pronuncia è stata originata dal ricorso proposto da una condomina avverso il rigetto da parte del Tribunale della domanda di condanna del condominio e del suo amministratore al risarcimento dei danni derivanti dalla esposizione in uno spazio condominiale accessibile al pubblico del dato relativo all'inadempimento da parte dell'attrice del pagamento delle quote condominiali a suo carico. Nella bacheca posta nell'androne era stato, infatti, pubblicato l'elenco dei condomini morosi, con la indicazione, in corrispondenza dei nominativi, delle rispettive quote non corrisposte. Secondo il primo giudice, una tale indicazione non aveva violato la disciplina dettata dal codice sulla protezione dei dati personali D.Lgs. 196/2003 ,essendo la esibizione dei dati di cui si tratta funzionale alla buona amministrazione del condominio, in quanto idonea a consentire a tutti coloro che vi partecipano l'esatta conoscenza delle spese condominiali e del riparto delle stesse tra i condomini, secondo le tabelle millesimali. La Corte, rilevata la immediata ricorribilità per cassazione, e non appellabilità, della pronuncia impugnata - trattandosi di controversia riguardante l'applicazione delle disposizioni del D.Lgs. 196/2003, alle quali trova applicazione l'art. 152, comma 13, dello stesso codice, il quale dispone in tal senso, e ciò nonostante, nella specie, il primo giudice, qualificata correttamente la domanda come concernente l'applicazione del codice della privacy, non si fosse poi conformato al rito speciale delineato nel citato art. 152 - , ha ritenuto manifestamente fondato il ricorso. Premesso che i dati relativi ai singoli condomini costituiscono dati personali, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera b , del codice della privacy, per essere riferibili a soggetti determinati o determinabili, anche se la misura in cui ciascun condomino è tenuto a partecipare alle spese condominiali e i dati relativi alla mora nel pagamento dei contributi hanno valenza contabile e sono di interesse ai fini della gestione collettiva, la Corte ha rilevato che, affinché sia applicabile la disciplina del codice di cui si tratta, non occorre che il dato sia anche sensibile, ossia idoneo a rivelare la origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni etc. ovvero idoneo a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, poiché l'appartenenza dell'informazione alla sottoclasse dei dati sensibili comporta la previsione di una disciplina di tutela e di garanzia ulteriore contro i ruschi della circolazione. E se, in ambito condominiale, le informazioni relative alla mora nel pagamento degli oneri possono essere oggetto di trattamento, anche senza il consenso dell'interessato, in quanto connessi all'attività di gestione ed amministrazione, e, per ragioni di buon andamento e di trasparenza, possono essere comunicati a tutti i condomini, il trattamento dei dati deve avvenire nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti con la conseguenza che sull'amministratore del condominio grava il dovere di adottare le opportune cautele per evitare l'accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio. SEZIONE TERZA 16 DICEMBRE 2010, N. 25450 LOCAZIONE - TRASFERIMENTO A TITOLO PARTICOLARE DELLA COSA LOCATA ALIENAZIONE - IN GENERE Immobili adibiti ad uso abitativo - Vigenza della legge 431/1998 - Diritto di prelazione e di riscatto del conduttore - Condizioni - Disdetta immotivata per la prima scadenza - Conseguenze - Diritto del conduttore alla rinnovazione del contratto. In tema di locazione di immobile adibito ad uso abitativo, nel vigore della legge 431/1998, in capo al conduttore sussiste il diritto di prelazione e, quindi, di riscatto , nei confronti del terzo acquirente, solo nel caso in cui il locatore abbia intimato disdetta per la prima scadenza, manifestando, in tale atto, a giustificazione della propria opposizione alla rinnovazione del contratto, l'intenzione di vendere a terzi l'unità immobiliare. Ne consegue che, in caso di disdetta immotivata per la detta scadenza, il conduttore ha unicamente il diritto alla rinnovazione del contratto. Il principio di diritto riportato in massima è stato enunciato nell'interesse della legge, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, Cpc. Com'è noto, tale norma, nel testo risultante per effetto dell'art. 4 D.Lgs. 40/2006, stabilisce che il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte di cassazione anche di ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza in tal caso, comunque, la pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito. Nella specie, tale è stata ritenuta la questione dei limiti di applicabilità dell'art. 3 della legge 431/1998 sicché il Collegio della Terza Sezione civile della Corte, investito, ai sensi dell'art. 366 bis Cpc abrogato, ma con decorrenza dal 4 luglio 2009, dall'art. 47 legge 69/2009 , di un quesito di diritto risolventesi in una affermazione astratta, e, determinante, pertanto, a norma della stessa disposizione codicistica, la inammissibilità del ricorso, ha, tuttavia, ritenuto di pronunciarsi sul punto controverso. SEZIONE TERZA 16 DICEMBRE 2010, N. 25448 LOCAZIONE - DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI LEGGE 392/1978, COSIDDETTA SULL'EQUO CANONE - IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE - PRELAZIONE DIRITTO DI - TRASFERIMENTO A TITOLO ONEROSO - IN GENERE Diritto di prelazione e diritto di riscatto di cui agli artt. 38 e 39 della legge 392/1978 - Vendita in blocco - Esclusione - Vendita cumulativa - Sussistenza - Distinzione tra vendita in blocco e vendita cumulativa - Accertamento in concreto della ricorrenza e dell'uno o dell'altro tipo di vendita - Necessità - Valutazione del giudice del merito - Criteri. In tema di locazione di immobili urbani e di diritto di prelazione del conduttore di immobili non adibiti ad uso abitativo, perché si abbia vendita in blocco, con esclusione, pertanto, del diritto di prelazione del conduttore, la vendita non deve necessariamente riguardare un intero edificio da cielo a terra nel quale è compreso quello locato, ma è sufficiente che i vari beni alienati, tra loro confinanti, costituiscano un unicum e siano venduti o promessi in vendita non come una pluralità di immobili casualmente appartenenti ad un unico proprietario e ceduti o cedendi allo stesso acquirente, ma come un complesso unitario, costituente un quid diverso dalla mera somma delle singole unità immobiliari. A tale riguardo l'indagine del giudice del merito non deve essere condotta solo sulla base della situazione oggettiva, di fatto, esistente al momento della vendita o della denuntiatio , non potendo il giudice del merito prescindere da quello che é il tenore del contratto di vendita o del preliminare nonché - in considerazione delle circostanze del caso concreto - di eventuali altri contratti che, pur se intervenuti tra soggetti parzialmente diversi, possano dirsi collegati al primo, e sulla base di questi il giudice deve apprezzare se le parti hanno o meno considerato la vendita dei vari cespiti come la vendita di un complesso unitario non frazionabile. A tal fine deve essere adeguatamente apprezzata, altresì, sia la circostanza che l'alienante potrebbe riuscire ad ottenere, vendendo tutti i beni di cui è proprietario nello stesso complesso, un maggior corrispettivo, sia l'intenzione dell'acquirente o del promittente acquirente di utilizzare tutti i beni acquistati per una utilizzazione che ne imponga l'accorpamento. È salva, comunque, la facoltà per il conduttore di dedurre e dimostrare, con ogni mezzo, la natura fittizia dell'operazione. V., in senso conforme, Cass. 23749708. Cass. 23747/08 aveva affermato che, in tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, in caso di vendita, con un unico atto o con più atti collegati, ad uno stesso soggetto di una pluralità di unità immobiliari, tra cui quella oggetto del contratto di locazione, presupposto fondamentale perché sorga il diritto di prelazione e il correlato diritto di riscatto di cui agli artt. 38 e 39 della legge 392/1978, è la perfetta identità tra il bene venduto e quello condotto in locazione poiché tale identità viene meno quando detta vendita riguarda una pluralità di immobili, in una tale eventualità occorre distinguere a seconda che si sia in presenza di una vendita in blocco che esclude il sorgere in capo al conduttore dei detti diritti o, invece, di una vendita cumulativa che è irrilevante al fine dell'esercizio del diritto di prelazione, limitatamente al bene oggetto del contratto di locazione . La stessa sentenza aveva chiarito che, nella ipotesi considerata, al conduttore, che invoca il diritto di prelazione e il correlato diritto di riscatto di cui agli artt. 38 e 39 della legge 392/1978, spetta dare la prova che le parti hanno considerato i vari immobili ceduti come unità distinte, prive di qualsiasi elemento unificatore, che hanno, cioè, inteso concludere una vendita cumulativa facendola apparire simulatamente come vendita in blocco al solo scopo di pregiudicare le aspettative di esso conduttore come, ad esempio, nel caso in cui il valore dei vari immobili ceduti sia identico nell'eventualità che gli stessi siano alienati in blocco o separatamente e nel caso in cui la futura, unitaria destinazione del complesso immobiliare sia impossibile per motivi oggettivi, non essendo consentita dallo stato dei luoghi, ovvero sia preclusa dagli strumenti urbanistici . SEZIONE TERZA 12 GENNAIO 2011, N. 525 SOCIETÀ - DI PERSONE FISICHE - SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO - QUOTA DI PARTECIPAZIONE - TRASFERIMENTO Responsabilità per le obbligazioni sociali - Norme del codice civile - Applicabilità limitata alla responsabilità dei soci verso i terzi - Rapporti fra cedente e cessionario - Regolamentazione ad opera dell'autonomia contrattuale delle parte. Con riguardo alla cessione di quota del socio di società di persone, è problema di ermeneutica contrattuale la individuazione, nei rapporti fra cedente e cessionario, della parte tenuta al pagamento delle obbligazioni contratte dalla società prima della cessione e non ancora estinte, essendo inconferenti, in parte qua, le previsioni degli artt. 2269 e 2290 cc, che attengono alla responsabilità verso i creditori sociali dell'art. 2263 cc, che disciplina i rapporti tra soci, e dell'art. 2289 cc, che regolamenta quelli tra società e socio uscente. In tema di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio, Cass. 1036709 ha ritenuto che, nelle società di persone nella specie, società in nome collettivo , la responsabilità illimitata e solidale tra i soci è stabilita a favore dei terzi che vantino crediti nei confronti della società e non è applicabile alle obbligazioni della società nei confronti dei soci medesimi, conformemente alla regola generale secondo cui, nei rapporti interni, l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi pertanto, nel giudizio intrapreso dagli eredi del socio per la liquidazione della quota spettante al de cuius, la condanna dei soci superstiti va limitata alla loro quota interna di responsabilità, che può essere determinata dal giudice ai sensi dell'art. 2263 cc, secondo il quale, salvo prova contraria, le quote si presumono uguali.