RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. V ORDINANZA DEL 21 FEBBRAIO 2020, N. 4645 TRIBUTI IN GENERALE - SOLVE ET REPETE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - DISPOSIZIONI COMUNI AI VARI GRADI DEL PROCEDIMENTO - ISTRUZIONE DEL PROCESSO - IN GENERE. Imputazione nel processo penale - Vincolatività per il giudice tributario - Esclusione - Autonoma valutazione, da parte del giudice tributario, delle prove assunte nel processo penale - Necessità. Il giudice tributario non è vincolato dalle imputazioni formulate nel processo penale, ma è tenuto a valutare per proprio conto se le prove acquisite in quella sede siano idonee a fondare il proprio convincimento circa la sussistenza dei fatti costitutivi dell'obbligazione tributaria. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - DETERMINAZIONE DEL REDDITO - DETRAZIONI - COSTI DI ACQUISIZIONE. Operazioni soggettivamente inesistenti - Deducibilità dei costi - Sussistenza - Estensione a rapporti antecedenti al d.l. n. 16 del 2012, ma non esauriti - Ammissibilità. In tema di imposte sui redditi, l'art. 14, comma 4 bis, l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta dall'art. 8, comma 1, d.l. n. 16 del 2012, conv. in l. n. 44 del 2012, che, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, consente all'acquirente, anche quando consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, di dedurre i costi di beni e servizi non utilizzati direttamente al fine di commettere il reato , ma per essere commercializzati, a meno che non contrastino coi principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità, si applica, ai sensi dell'art. 8, comma 3, d.l. cit. anche ad atti, fatti o attività posti in essere prima della sua entrata in vigore. Si richiamano, riguardo al primo principio a Sez. 5, Sentenza n. 6918 del 2013 Nel processo tributario, il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi dell'obbligazione tributaria le prove assunte in un diverso processo e anche in sede penale, pure se questo è destinato a concludersi con una pronuncia non opponibile alle parti del giudizio civile, purché tali prove vengano dal giudice tributario sottoposte ad una propria ed autonoma valutazione. b Sez. 5 - , Ordinanza n. 9593 del 2019 Nel giudizio tributario il materiale probatorio acquisito nel corso delle indagini preliminari con strumenti propri del procedimento penale è utilizzabile ai fini della prova della pretesa fiscale, in quanto l'atto legittimamente assunto in sede penale, poi trasmesso all'Amministrazione finanziaria, rientra tra gli elementi che il giudice deve valutare ai sensi dell'art. 63 del d.P.R. n. 633 del 1972. Riguardo al secondo, si richiama Cass. Sez. 5 - , Sentenza n. 27566 del 2018 In tema di imposte sui redditi, a norma dell'art. 14, comma 4-bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta dall'art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012 conv. in l. n. 44 del 2012 , poiché nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti i beni acquistati non sono stati utilizzati direttamente al fine di commettere il reato , bensì per essere commercializzati, non è sufficiente il coinvolgimento, anche consapevole, dell'acquirente in operazioni fatturate da un soggetto diverso dall'effettivo venditore per escludere la deducibilità, ai fini delle imposte dirette, dei costi relativi a siffatte operazioni anche ove ricorrano i presupposti di cui all'art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986. SEZ. V ORDINANZA DEL 21 FEBBRAIO 2020, N. 4639 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - TRIBUTI DOGANALI DIRITTI DI CONFINE - DAZI ALL'IMPORTAZIONE ED ALLA ESPORTAZIONE - DIRITTI DOGANALI – PRESCRIZIONE. Azione di recupero a posteriori - Obbligazione doganale derivata da un fatto-reato - Prescrizione triennale - Decorrenza - Comunicazione al debitore dopo la scadenza del termine dell'importo dovuto - Ammissibilità - Condizioni - Fondamento - Compatibilità con il diritto unionale. In tema di dazi doganali, l'azione di recupero a posteriori dei dazi all'importazione o all'esportazione può essere avviata dopo la scadenza del termine di tre anni dalla data di genesi dell'obbligazione tributaria quando la sua mancata determinazione sia avvenuta a causa di un fatto-reato a prescindere dall'esito, di condanna o assolutorio, del relativo giudizio , purché la notizia criminis , costituente il primo atto esterno prefigurante il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto di imposta, destinato ad essere sciolto all'esito del giudizio penale, sia trasmessa nel corso del termine di prescrizione e non dopo la sua scadenza, in linea con il diritto unionale, il quale non disciplina le cause di interruzione e sospensione del termine di prescrizione. TRIBUTI IN GENERALE - ACCERTAMENTO TRIBUTARIO NOZIONE - AVVISO DI ACCERTAMENTO - IN GENERE. Avviso accertamento - Motivazione - Requisito formale ai fini della validità - Distinzione rispetto alla sussistenza di dimostrazione degli atti costitutivi della pretesa - Disciplina di quest’ultima. La motivazione dell'avviso di accertamento costituisce requisito formale di validità dell'atto impositivo, distinto da quello dell'effettiva sussistenza degli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, l'indicazione dei quali è disciplinata dalle regole processuali dell'istruzione probatoria operanti nell'eventuale giudizio avente ad oggetto detta pretesa. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - TRIBUTI DOGANALI DIRITTI DI CONFINE - DAZI ALL'IMPORTAZIONE ED ALLA ESPORTAZIONE - DIRITTI DOGANALI - IN GENERE. Buona fede dell’importatore - Sussistenza in astratto - Valore di esimente - Esclusione - Fondamento. In tema di dazi doganali, la buona fede dell'importatore, quand'anche sussistente in astratto, non ha valore esimente in re ipsa in quanto a ex art. 904 del Reg. CEE n. 2454 del 1993, non può procedersi a sgravi o rimborsi all'importazione a seguito della presentazione, anche in buona fede, di certificati falsi, falsificati o irregolari b la presentazione in un ufficio doganale di una dichiarazione firmata dal dichiarante o dal suo rappresentante è impegnativa, ex art. 199 Reg. cit., con riguardo all'esattezza delle indicazioni riportate nella dichiarazione, all'autenticità dei documenti acclusi e all'osservanza di tutti gli obblighi inerenti al regime considerato c vige il principio secondo cui la Comunità non è tenuta a sopportare le conseguente pregiudizievoli dei comportamenti scorretti dei fornitori degli importatori. Con riferimento al primo principio, si richiamano a Sez. 5, Sentenza n. 8322 del 2013 In tema di azioni di recupero dei dazi a posteriori , qualora l'obbligazione doganale tragga origine da un fatto-reato, indipendentemente dal tipo di provvedimento conclusivo adottato dall'autorità giudiziaria, il termine triennale previsto dall'art. 221 par. 3 del Regolamento Consiglio CEE 12 ottobre 1992, n. 2913 e dagli artt. 84, comma primo, del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 ed 11, comma quinto, del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374 per il recupero del dazio, inizia a decorrere ai sensi dell'art. 221, par. 4 del codice doganale comunitario e dell'art. 84, comma terzo, del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 dalla data in cui l'accertamento compiuto dal giudice penale deve intendersi definito, e dunque se trattasi di provvedimenti destinati ad acquistare efficacia di giudicato dal momento in cui divengono irrevocabili ai sensi dell'art. 648 cod. proc. pen., o, in ogni altro caso, dalla data della pubblicazione artt. 409 e 411 cod. proc. pen. . b Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 24674 del 2015 In tema di tributi doganali, il decorso del termine triennale di prescrizione dell'azione di recupero dei dazi all'importazione, il cui mancato pagamento totale o parziale abbia causa da un reato, é prorogato sino ai tre anni successivi alla data d'irrevocabilità della decisione penale a prescindere dall'esito di condanna o assoluzione , in base all'art. 84, comma 3, del d.P.R. n. 43 del 1973, come modificato dall'art. 29, comma 1, della legge n. 428 del 1990, a condizione che, nel triennio decorrente dall'insorgenza dell'obbligazione doganale, l'Amministrazione emetta un atto nel quale venga formulata una notitia criminis tale da individuare un fatto illecito, penalmente rilevante, ed idoneo ad incidere sul presupposto d'imposta. Riguardo al secondo i Sez. 1, Sentenza n. 459 del 1997 Il fatto che il riferimento, contenuto nell'avviso di accertamento, ad una stima stragiudiziale, valga a sorreggere la validità formale dell'avviso medesimo, non implica la sufficienza della successiva produzione in giudizio di quella medesima stima, anche ai fini della prova della pretesa contenuta nell'avviso in questione. Altro è, infatti, la regolarità formale dell'avviso di accertamento - nella specie, contestata dal contribuente per carenza dell'indispensabile requisito della motivazione - ed altro è, invece, l'acquisizione in giudizio della prova dell'effettiva sussistenza degli elementi sui quali l'amministrazione tributaria fonda la propria pretesa. Se, quindi, l'indicazione di quegli elementi o del criterio astratto che si riferisca ad essi può essere sufficiente a sorreggere la motivazione dell'avviso, mettendo il contribuente in condizione di conoscere i termini e le ragioni della pretesa fiscale contro di lui diretta, e circoscrivendo al contempo questi termini ai fini del futuro eventuale giudizio, non per questo l'Amministrazione può dirsi esonerata dal compito di fornire in tale giudizio, ove esso abbia luogo, la dimostrazione delle concrete circostanze sulle quali la medesima pretesa si sorregge. ii Sez. 5, Sentenza n. 10052 del 2000 L'avviso di accertamento, sia delle imposte dirette sia di quelle indirette, deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione dell'imponibile, dell'aliquota applicata e dell'imposta liquidata, nonché dei criteri richiamati ai fini della rettifica, senza che, peraltro, l'amministrazione sia tenuta all'allegazione delle prove del credito tributario vantato, cui è tenuta solo nella eventuale successiva fase del giudizio. Pertanto, se il riferimento alla stima di un complesso immobiliare operata dall'U.T.E. costituisce elemento sufficiente per la validità formale di un avviso di accertamento, a seguito della impugnazione giudiziaria dell'avviso esperita dal contribuente, il giudice deve accertare se detta stima sia congruente con i criteri indicati nell'avviso e se l'Amministrazione abbia soddisfatto l'onere della prova del maggior valore del bene. In ordine al terzo principio, si richiamano a Sez. 5, Sentenza n. 5400 del 2012 In tema di tributi doganali, l'esenzione o riduzione del dazio, anche ai sensi dell'art. 220, comma secondo, lett. b, del Regolamento CEE n. 2913 del 1992 cosiddetto Codice doganale comunitario , presuppone la regolarità del certificato di origine. Ne consegue che, in mancanza di tale presupposto, è irrilevante che il dichiarante abbia agito in buona fede, per aver ignorato l'irregolarità, da cui è derivata la mancata riscossione dei dazi né il rifiuto del beneficio di applicazione di tariffe preferenziali, o il recupero a posteriori dei dazi esentati o ridotti, sono subordinati all'annullamento del documento da parte delle autorità del Paese emittente, in quanto l'adozione delle misure recuperatorie è legittimata dalle risultanze delle indagini effettuate dagli organi ispettivi comunitari, secondo il disposto dell'art. 26 del predetto Regolamento CEE n. 2913 del 1992 e dell'art. 94, par. 5, del Regolamento CEE n. 2454 del 1993. Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta la contabilizzazione a posteriori di dazi antidumping ed I.V.A., in relazione a merci che, sebbene accompagnate da certificati di origine riconosciuti autentici dalle autorità dei Paesi emittenti, erano risultate solo imballate, ma non prodotte in quegli Stati . b Sez. 5 - , Ordinanza n. 4059 del 2019 In tema di dazi antidumping , ai fini dell'integrazione delle condizioni di cui all'art. 220, par. 2, lett. b , del cd. Codice doganale comunitario, l'errore delle autorità doganali non è integrato dalla mera ricezione di dichiarazioni inesatte, in quanto l'Amministrazione non è tenuta a verificarne o valutarne la veridicità, ma richiede un comportamento attivo delle autorità competenti, in quanto la comunità non è tenuta a sopportare le conseguenze dei comportamenti scorretti dei fornitori ed il legittimo affidamento è protetto solo quando sono state tali autorità ad avere determinato i presupposti sui quali si basa la fiducia dell'importatore, che, per tutta la durata delle operazioni commerciali, ha agito con la diligenza professionale richiesta dall'art. 1176, comma 2, c.c. per verificare la ricorrenza delle condizioni del trattamento preferenziale, mediante un esigibile controllo sull'esattezza delle informazioni rese dall'esportatore. Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha annullato la decisione impugnata, che aveva ritenuto sussistente l'errore delle autorità doganali, indotto dalle erronee dichiarazioni rese dallo spedizioniere, in assenza di un comportamento attivo delle medesime autorità, idoneo ad ingenerare il legittimo affidamento dell'importatore . c Sez. 5 - , Sentenza n. 33314 del 2019 In tema di tributi doganali, lo stato soggettivo di buona fede dell'importatore, richiesto dall'art. 220, paragrafo 2, lett. b , del regolamento CEE n. 2913 del 1992 a fini dell'esenzione della contabilizzazione a posteriori , non ha valenza in re ipsa , ma solo in quanto sia riconducibile a situazioni fattuali individuate dalla normativa comunitaria, tra le quali va annoverato l'errore incolpevole, ossia non rilevabile dal debitore in buona fede, nonostante la sua esperienza e diligenza, e che, per assumere rilievo scriminante, deve essere in ogni caso imputabile al comportamento attivo delle autorità doganali, non rientrandovi quello indotto dalle dichiarazioni inesatte dello stesso operatore. Nella specie, l'autorità doganale tunisina, vincolandolo al regime di traffico di perfezionamento attivo ex artt. 14 e ss. del Codice doganale comunitario, aveva rilasciato il certificato attestante la qualità extravergine dell'olio importato, risultato invece di qualità inferiore, in quanto olio vergine, all'esito dei controlli effettuati su campioni prelevati all'arrivo in dogana . Sez. VI - V ORDINANZA DEL 21 FEBBRAIO 2020, N. 4566 TRIBUTI IN GENERALE - ACCERTAMENTO TRIBUTARIO NOZIONE - CONCORDATO TRIBUTARIO ADESIONE DEL CONTRIBUENTE ALL'ACCERTAMENTO - IN GENERE. Adesione al verbale di constatazione ex art. 5 bis d. lgs. n. 218 del 1997 - Conseguenze - Impugnazione dell’atto di definizione dell’accertamento - Inammissibilità - Eccezione - Notificazione di atto di definizione difforme negli importi rispetto a quanto concordato in adesione al p.v.c. - Impugnabilità - Sussistenza - Fondamento. Fermo il principio generale in virtù del quale la definizione dell'accertamento con adesione, su istanza del contribuente, determina l'intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, con la conseguente inammissibilità del ricorso volto a contestare il relativo atto, deve tuttavia ammettersi l'impugnabilità dell'atto di definizione quando non vi sia corrispondenza tra gli importi in esso contenuti e quelli indicati nel processo verbale di contestazione al quale egli aveva aderito, atteso che, diversamente, verrebbero limitati i diritti del contribuente sanciti dall'art. 24 Cost., tenuto conto peraltro, che l'art. 19 del d. lgs. n. 546 del 1992 si deve interpretare estensivamente, identificandosi tra gli atti impugnabili tutti quelli che, a prescindere dal loro nome, avanzino una pretesa tributaria nei confronti del contribuente. In precedenza, i Sez. 5, Sentenza n. 10086 del 2009 In materia tributaria, una volta che sia stato definito l'accertamento con adesione, ai sensi del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, con fissazione anche del quantum debeatur , al contribuente non resta che eseguire l'accordo, mediante il versamento di quanto da esso previsto, risultando normativamente esclusa la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l'atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l'obbligazione scaturente dal concordato. È, quindi, inammissibile il ricorso contro l'avviso di accertamento proposto dopo la firma del concordato fiscale. ii Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 20577 del 2019 In materia tributaria, la definizione dell'accertamento con adesione su istanza del contribuente ai sensi del d.lgs. n. 218 del 1997 determina la intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, sicchè risulta normativamente esclusa per il contribuente la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l'atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l'obbligazione scaturente dal concordato. Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che, in un giudizio avente ad oggetto ricorso avverso una cartella di pagamento scaturente da verbale di accertamento con adesione proposto da socio accomandante di una s.a.s., aveva omesso di valutare la rilevanza dell'intervenuta adesione all'accertamento da parte del socio ricorrente . SEZ. VI – V ORDINANZA DEL 21 FEBBRAIO 2020, N. 4536 SOCIETA' - DI CAPITALI - SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - SCIOGLIMENTO - IN GENERE. Società cancellata dal registro delle imprese - Art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014 - Differimento quinquennale del termine di cessazione ai fini impositivi - Disposizione di natura sostanziale - Conseguenza - Irretroattività - Fattispecie. Il differimento quinquennale degli effetti dell'estinzione della società derivanti dall'art. 2495 c.c., comma 2, che, ai sensi dell'art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, opera soltanto nei confronti dell'Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi, si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese, che costituisce il presupposto di tale differimento, sia stata presentata nella vigenza della disposizione, e pertanto il 13 dicembre 2014 o successivamente, in quanto la norma reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese e non ha pertanto efficacia retroattiva. La S.C., applicando il principio, ha affermato l'invalidità dell'avviso di accertamento notificato a società volontariamente cancellatasi dal registro delle imprese prima del 13 dicembre 2014, sebbene l'Amministrazione finanziaria avesse notificato invito a rendere giustificazioni in data antecedente . In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6743 del 2015 L'art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva. Ne consegue che il differimento quinquennale operante nei confronti soltanto dell'amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi degli effetti dell'estinzione della società derivanti dall'art. 2495, secondo comma, cod. civ., si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese che costituisce il presupposto di tale differimento sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto d.lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente.