RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. V ORDINANZA 17 GENNAIO 2020, N. 946 RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE - RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE SUI REDDITI DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - MODALITA' DI RISCOSSIONE - RISCOSSIONE MEDIANTE RUOLI - ISCRIZIONE A RUOLO - CARTELLA DI PAGAMENTO – NOTIFICA. Notifica diretta ad opera del concessionario - Modalità - Raccomandata con avviso di ricevimento - Sottoscrizione del ricevente sul registro di consegna e sull'avviso di ricevimento - Sufficienza - Indicazione anche delle generalità del consegnatario - Necessità - Esclusione - Fondamento - Conseguenze - Validità. Ai fini del perfezionamento della notifica diretta effettuata, a mezzo posta, dall'incaricato della riscossione è sufficiente la consegna del plico al domicilio del destinatario, senza nessun altro adempimento ad opera dell'ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltreché sull'avviso di ricevimento da restituire al mittente, essendo la notifica valida anche se manchi l'indicazione delle generalità della persona cui l'atto è stato consegnato, trattandosi di adempimento non previsto da alcuna norma. In senso conforme, Cass. Sez. 5, sentenza numero 11708/11 la cartella esattoriale può essere notificata, ai sensi dell'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 602, anche direttamente da parte del Concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso, secondo la disciplina degli artt. 32 e 39 del d.m. 9 aprile 2001, è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz'altro adempimento ad opera dell'ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull'avviso di ricevimento da restituire al mittente ne consegue che se, come nella specie, manchino nell'avviso di ricevimento le generalità della persona cui l'atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l'atto è pur tuttavia valido, poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell'ufficiale postale, assistito dall'efficacia probatoria di cui all'art. 2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento della raccomandata. SEZ. V ORDINANZA 17 GENNAIO 2020, N. 916 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI LAVORO - LAVORO DIPENDENTE – DETERMINAZIONE. Riliquidazione dell'indennità di buonuscita - Corresponsione con ritardo rispetto alla cessazione del servizio - Interessi - Assogettabilità a tassazione ex art. 6 d.P.R. numero 917/1986 - Sussistenza - Fondamento. In tema d'imposte sui redditi, gli interessi corrisposti in occasione della riliquidazione dell'indennità di buonuscita, operata con ritardo rispetto alla data di cessazione del servizio, costituiscono reddito da lavoro dipendente, assoggettabile a tassazione ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. numero 917/1986, indipendentemente dalle modifiche apportate dall'art. 6 d.l. numero 557/1993, conv. in l. numero 133/1994, al pari di qualsiasi erogazione economica effettuata dal datore di lavoro e avente titolo diretto e immediato nel rapporto di lavoro. In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza numero 27902 del 2009 In tema d'imposte sui redditi, gli interessi corrisposti in occasione della riliquidazione dell'indennità di buonuscita, operata con ritardo rispetto alla data di cessazione del servizio, costituiscono reddito da lavoro dipendente, assoggettabile a tassazione ai sensi dell'art. 6 d.P.R. numero 917/1986, indipendentemente dalle modifiche apportate dall'art. 6 d.l. numero 557/1993, convertito con modificazioni nella legge numero 133 del 1994, al pari di qualsiasi erogazione economica effettuata dal datore di lavoro e avente titolo diretto e immediato nel rapporto di lavoro. SEZ. V ORDINANZA 17 GENNAIO 2020, N. 902 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE I.R.P.E.G. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - BASE IMPONIBILE - REDDITO COMPLESSIVO - IN GENERE. Reddito d’impresa - Inerenza dei costi - Definizione - Riferibilità ad operazione idonea a produrre redditi - Configurabilità - Ragioni - Fattispecie. In tema di redditi d'impresa, il requisito dell'inerenza dei costi deducibili attiene alla compatibilità, coerenza e correlazione di detti costi non ai ricavi in sé, bensì all'attività imprenditoriale svolta idonea a produrre redditi. Fattispecie in cui la S.C. ha escluso tale requisito non avendo la società contribuente provato la correlazione esistente tra la perdita derivante dalla stipulazione di un contratto di interest rate swap e la finalità di copertura di operazioni attinenti all'attività d'impresa . In precedenza i Sez. 5 - , sentenza numero 10269/17 in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'onere dell prova dei presupposti dei costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d'impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, tanto nella disciplina del d.P.R. numero 597 del 1973 e del d.P.R. numero 598 del 1973, che del d.P.R. numero 917 del 1986, incombe al contribuente. Inoltre, poiché nei poteri dell'amministrazione finanziaria in sede di accertamento rientra la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa, l'onere della prova dell'inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimi. ii Sez. 5 - , ordinanza numero 450/18 in tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa e non dall'art. 75, comma 5 del d.P.R. numero 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità anche solo potenziale o indiretta , in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull'inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. Nella specie, la S.C. ha ritenuto non deducibili i costi relativi al pagamento di royalties per l'uso di un marchio FS, non perché non avevano incrementato i ricavi aziendali, come aveva ritenuto la CTR, ma perché l'uso del marchio FS, per il quale i costi erano stati sostenuti, risultava del tutto estraneo all'attività d'impresa, che per il 92,50% del fatturato si svolgeva con società del gruppo, a cui la contribuente apparteneva, e per il restante 7,50% con soggetti esterni al gruppo, costituiti da enti pubblici, all'esito di procedure di gara pubblica . iii Sez. 5 - , sentenza numero 30366/19 in tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell'inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d'impresa e non dall'art. 75, comma 5 del d.P.R. numero 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità anche solo potenziale o indiretta , in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull'inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. Peraltro, l'onere di provare e documentare l'imponibile maturato e dunque l'esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto d'impresa, grava sul contribuente. SEZ. V ORDINANZA 17 GENNAIO 2020, N. 892 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - TRIBUTI DOGANALI DIRITTI DI CONFINE - DAZI ALL'IMPORTAZIONE ED ALLA ESPORTAZIONE - DIRITTI DOGANALI - IN GENERE. Dazi antidumping - Preferenze tariffarie generalizzate - Cooperazione amministrativa con lo Stato di esportazione - Obbligatorietà - Esclusione - Condizioni. In tema di preferenze tariffarie generalizzate, non è obbligatorio il ricorso alla procedura di cooperazione amministrativa con lo Stato di esportazione a' termini del DAC qualora l'Autorità doganale dello Stato di importazione non nutra dubbi sull'origine reale delle merci, ancorché fondati su un'informativa dell'OLAF, nonostante i certificati d'origine non siano stati dichiarati invalidi. Si vedano a Sez. 5, Sentenza numero 13496/12 in tema di tributi doganali, tutti gli accertamenti compiuti dall'OLAF servizio antifrode dell'Unione Europea hanno rilevanza probatoria nell'ordinamento comunitario in forza di quanto previsto dal Regolamento CEE numero 1073/1999, poiché non solo l'art. 9, comma primo, riconosce efficacia probatoria privilegiata ai fatti accaduti in presenza degli ispettori, e l'art. 9, comma secondo, stabilisce l'equipollenza della relazione redatta al termine delle indagini a quella redatta agli ispettori amministrativi dello Stato membro, ma l'art. 9, comma terzo, e l'art. 10, comma primo, prevedendo la trasmissione alle autorità degli Stati membri interessati, rispettivamente, di ogni documento utile acquisito e la comunicazione di qualsiasi informazione ottenuta nel corso delle indagini, inducono a ritenere l'utilizzabilità anche di altre fonti di prova emergenti dalle indagini svolte dall'organismo antifrode, e quindi anche dei verbali delle operazioni di missione. b Sez. 5, sentenza numero 24439/13 in tema di tributi doganali e con riguardo alla pretesa di recupero dei dazi non preferenziali non versati, il certificato di origine delle merci FORM-A, o EUR-1 , emesso dalle autorità del Paese di esportazione, previsto dall' art. 26 del Regolamento CEE 12 ottobre 1992, numero 2913 e dagli artt. 80 e ss. del Regolamento CEE 2 luglio 1993, numero 2454, costituisce titolo di legittimazione esclusivo per esercitare il diritto di fruizione dello specifico regime doganale previsto in relazione all'origine del prodotto condicio sine qua non , ma non ha efficacia di prova legale assoluta iuris et de iure della effettiva origine della merce importata dal Paese terzo che ha emesso il certificato, attesa, da un lato, l'assenza di obbighi di controllo in capo al Paese terzo e, dall'altro, la possibilità, per il Paese importatore, in presenza di ragionevoli dubbi, di contestare l'effettiva origine del prodotto importato e rifiutare, indipendentemente dalla regolarità formale del certificato, l'applicazione dello specifico regime doganale.