RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA 19 MARZO 2014, N. 6360 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DIVERSI - IN GENERE. Imposta sostitutiva sul capital gains - Partecipazione qualificata - Nozione - Aliquota applicabile - Cessione di azioni di proprietà del figlio minore del contribuente - Inclusione - Fondamento. In tema di tassazione dei redditi diversi, le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di azioni societarie sono soggette, ai sensi dell’art. 81 ora 67 , comma 1, lett. c , del Dpr 917/1986 e dell’art. 5 del D.Lgs. 461/1997 vigente ratione temporis” , all’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con aliquota del ventisette per cento in caso di partecipazione qualificata, che ricorre ove le quote cedute nel corso di dodici mesi superino la prevista nella specie, il venti per cento percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria. Ne consegue che, ai fini fiscali, la cessione delle azioni delle quali il contribuente è proprietario non può essere tenuta distinta da quella su cui il medesimo abbia l’usufrutto legale, quale genitore esercente la potestà genitoriale sul figlio minore che ne sia titolare, atteso il diritto di voto comunque attribuito all’usufruttuario dall’art. 2352 cc. Si veda Cass. Sez. 1, Sentenza 7614/1996 il diritto di voto nell’assemblea della società a responsabilità limitata, per le quote che siano state date in usufrutto, compete unicamente all’usufruttuario, il quale esercita al riguardo un diritto suo proprio e perciò non è obbligato ad attenersi alle eventuali istruzioni di voto che gli abbia impartito il nudo proprietario. Nell’esercitare tale diritto, però, l’usufruttuario deve astenersi da comportamenti che possano arrecare ingiusto danno al nudo proprietario ed in particolare da modi di esercizio del predetto diritto che possano compromettere la conservazione del valore economico della partecipazione in società l’eventuale violazione di tale obbligo, tuttavia, espone il responsabile al rischio di estinzione dell’usufrutto, nonché all’azione risarcitoria del proprietario danneggiato, ma non può riflettersi sulla validità del voto espresso in assemblea, ne’, di conseguenza, sulla validità della deliberazione che l’assemblea abbia adottato, anche se quel voto sia risultato determinante. SEZIONE SESTA – PRIMA ORDINANZA 18 MARZO 2014, N. 6248 TRIBUTI IN GENERALE - CONDONO FISCALE. Art. 16 della legge 289/2002 - Chiusura delle liti fiscali pendenti - Fallimento del contribuente - Istanza di definizione agevolata - Legittimazione del fallito - Sussistenza - Fondamento. In tema di condono fiscale, e con riferimento alla chiusura delle liti fiscali pendenti prevista dall’art. 16 della legge 289/2002, legittimato a proporre istanza di definizione agevolata, a seguito del fallimento del contribuente, dev’essere considerato, in caso d’inerzia del curatore, anche il fallito quest’ultimo, infatti, non è privato, per effetto della dichiarazione di fallimento, della qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, restando esposto ai riflessi anche sanzionatori che conseguono alla definitività dell’atto impositivo, ed essendo per tale motivo legittimato, nell’inerzia degli organi fallimentari, anche a ricorrere alla tutela giurisdizionale, tenuto conto che la perdita della capacità processuale derivante dalla dichiarazione di fallimento ha carattere relativo, potendo essere fatta valere soltanto dal curatore, nell’interesse della massa dei creditori. Si veda, in adesione, Cass. Sez. 5, Sentenza 11068/2006 in tema di condono fiscale, e con riferimento alla chiusura delle liti fiscali pendenti prevista dall’art. 16 della legge 289/2002, legittimato a proporre istanza di definizione agevolata, a seguito del fallimento del contribuente, dev’essere considerato, in caso d’inerzia del curatore, anche il fallito quest’ultimo, infatti, non è privato, per effetto della dichiarazione di fallimento, della qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, restando esposto ai riflessi anche sanzionatori che conseguono alla definitività dell’atto impositivo, ed essendo per tale motivo legittimato, nell’inerzia degli organi fallimentari, anche a ricorrere alla tutela giurisdizionale, tenuto conto che la perdita della capacità processuale derivante dalla dichiarazione di fallimento ha carattere relativo, potendo essere fatta valere soltanto dal curatore, nell’interesse della massa dei creditori.