RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZIONE SESTA – QUINTA ORDINANZA 20 FEBBRAIO 2014, N. 4116 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DIVERSI - IN GENERE. Plusvalenze ex art. 67, comma 1, lett. b , Dpr 917/1986 - Edificabilità dell’area trasferita - Individuazione - Qualificazione desunta dal piano regolatore adottato dal Comune - Necessità - Fondamento. In tema di imposte sui redditi, ai fini dell’applicazione dell’art. 67, comma 1, lett. b , del Dpr 917/1986, l’edificabilità dell’area trasferita va desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, come si ricava dall’art. 11 quaterdecies , comma 16, del Dl 203/2005, convertito con modificazioni, dalla legge 248/2005 con riferimento all’I.C.I. , e dall’art. 36, comma 2, del Dl 223/2006, convertito con modificazioni, dalla legge 248/2006 contenente una definizione di area edificabile in materia di I.V.A., di imposta di registro, di imposte sui redditi e di I.C.I. che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lett. b , del D.Lgs. 502/1992. In senso conforme, Sez. 5, Sentenza 15282/2008 in tema di imposte sui redditi, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, che concorrono a formare il reddito imponibile secondo il Dpr 917/1986, vanno individuate sulla base dell’ interpretazione fornita dall’art. 36, comma 2, del Dl 223/2006, convertito con modificazioni dalla legge 248/2006, secondo cui un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo . SEZIONE QUINTA 19 FEBBRAIO 2014, N. 3938 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE I.R.P.E.G. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - IN GENERE. Elusione fiscale - Nozione - Abuso del diritto - Configurabilità - Condizioni - Clausola generale antielusiva - Applicabilità - Fondamento - Contrasto con la riserva di legge - Esclusione - Conseguenze - Inopponibilità dell’operazione all’Amministrazione finanziaria - Limiti. In materia tributaria, esiste un generale principio antielusivo - la cui fonte, in tema di tributi non armonizzati quali le imposte dirette , va rinvenuta negli stessi principi costituzionali che informano l’ordinamento tributario italiano - secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio non contrasta con il canone di riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali e comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione. In senso conforme a Sez. U, Sentenza 30055/2008 in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati nella specie, imposte sui redditi , nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, e non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione. b Sez. 5, Sentenza 19234/2012 in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. principio affermato con riferimento a fattispecie nella quale era stato stipulato un atto di fusione societaria dopo l’entrata in vigore delle disposizioni antielusive di cui all’art. 7 del D.Lgs. 358/1997, ma le parti avevano convenzionalmente fatto risalire gli effetti a data antecedente l’entrata in vigore delle disposizioni, al fine di eluderne l’applicazione .