RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA 31 GENNAIO 2014, N. 2200 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - IN GENERE. Società di fatto esercente attività commerciale - Sussistenza - Requisiti ex art. 2247 cc - Sufficienza - Abitualità dell’attività esercitata - Necessità - Esclusione. In tema di imposte sui redditi, qualora l’amministrazione ipotizzi la costituzione di una società di fatto esercente attività commerciale, l’indagine sulla sussistenza dei presupposti per l’imposizione non va condotta con riguardo ai requisiti dell’abitualità, sistematicità e continuità dell’attività, assunti dall’art. 2082 cc quali indici della professionalità necessaria per l’acquisto della qualità di imprenditore individuale, ma con riferimento a quelli richiesti dall’art. 2247 del codice medesimo intenzionale esercizio in comune tra i soci di un’attività commerciale a scopo di lucro e conferimento a tal fine dei necessari beni o servizi , atteso che la disciplina tributaria artt. 5, terzo comma, lett. b, e 6, terzo comma, del Dpr 917/1986 non richiede, per la tassazione del reddito di una società di fatto, altro requisito se non la ravvisabilità nel suo oggetto dell’esercizio di un’attività commerciale, e che la costituzione di una società è ammessa anche per l’esercizio occasionale di attività economiche. In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza 15538/2002 in tema di imposte sui redditi, ai fini della configurabilità di un reddito d’impresa non è necessario, ai sensi dell’art. 51, primo comma, del Dpr 917/1986, che l’attività commerciale - rientrante tra quelle indicate nell’art. 2195 cc - sia organizzata in forma di impresa, essendo espressamente esclusa dal legislatore, a tal fine, la rilevanza della natura dell’organizzazione, tanto con riferimento ad un soggetto individuale, quanto con riguardo ad un soggetto collettivo. Qualora, poi, l’amministrazione ipotizzi la costituzione di una società di fatto esercente attività commerciale, l’indagine sulla sussistenza dei presupposti per l’imposizione non va condotta con riguardo ai requisiti dell’abitualità, sistematicità e continuità dell’attività, assunti dall’art. 2082 cc quali indici della professionalità necessaria per l’acquisto della qualità di imprenditore individuale, ma con riferimento a quelli richiesti dall’art. 2247 del codice medesimo intenzionale esercizio in comune tra i soci di un’attività commerciale a scopo di lucro e conferimento a tal fine dei necessari beni o servizi , atteso che la disciplina tributaria artt. 5, terzo comma, lett. b, e 6, terzo comma, del citato Dpr 917/1986 non richiede, ai fini della tassazione del reddito di una società di fatto, altro requisito se non la ravvisabilità nel suo oggetto dell’esercizio di un’attività commerciale, e che la costituzione di una società è ammessa anche per l’esercizio occasionale di attività economiche. SEZIONE QUINTA 29 GENNAIO 2014, N. 1860 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO I.V.A. - ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE - ATTRIBUZIONI E POTERI DEGLI UFFICI I.V.A. - RICHIESTA DI DATI, NOTIZIE, DOCUMENTI - IN GENERE - I.V.A Attribuzione e poteri degli Uffici I.V.A. - Richieste di dati, notizie, documenti - Convocazione del contribuente - Obbligatorietà - Esclusione - Irregolare esercizio della facoltà - Effetti - Illegittimità dell’accertamento induttivo effettuato - Esclusione - Ragioni - Fattispecie. In tema di I.V.A., l’art. 51, secondo comma, n. 2, del Dpr 633/1972, nel prevedere la convocazione del soggetto che esercita l’impresa con l’invito al medesimo a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari, attribuisce all’Amministrazione una facoltà discrezionale e non un obbligo, né comporta la trasformazione in presunzione semplice della presunzione legale che riferisce i movimenti bancari all’attività svolta dal contribuente, con la conseguenza che il mancato o irregolare esercizio di tale facoltà non può determinare l’invalidità dell’accertamento induttivo effettuato dall’Ufficio Così statuendo, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto legittima la convocazione anche di soggetti diversi dai soci della società contribuente, ossia le loro mogli, in un luogo, la sede della società, diverso dagli uffici finanziari o della polizia tributaria . Si richiamano i Sez. 5, Sentenza 6232/2003 in tema di imposta sul valore aggiunto, l’attività di accertamento degli uffici finanziari, avendo natura amministrativa, pur dovendo svolgersi nel rispetto delle previste cautele per evitare arbitri e la violazione di fondamentali diritti del contribuente, non è retta dal principio del contraddittorio e l’art. 51, secondo comma, n. 2, del Dpr 633/1972, nel prevedere la convocazione del contribuente con l’invito al medesimo a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari, attribuisce all’Amministrazione una mera facoltà al fine di acquisire elementi istruttori e non un obbligo. Ne consegue che le risultanze emerse dall’attività di verifica, prodromica all’emissione dell’avviso di rettifica, possono costituire valido supporto probatorio della pretesa impositiva a tale avviso sottesa anche in mancanza di immediata contestazione al contribuente in sede di verifica. ii Sez. 5, Sentenza 26293/2005 in tema di I.V.A., la Guardia di finanza, ai sensi dell’art. 63 del Dpr 633/1972, ha l’obbligo di cooperare con gli uffici dell’imposta sul valore aggiunto per l’acquisizione ed il reperimento degli elementi utili ai fini dell’accertamento del tributo e per la repressione delle violazioni del medesimo decreto, e tale attività - la cui utilizzazione da parte dell’amministrazione finanziaria è legittima ai sensi dell’art. 51, secondo comma, nn. 6 bis e 7 stesso Dpr - avendo natura amministrativa, non è retta dal principio del contraddittorio, sì che l’art. 51, secondo comma, n. 2, del precitato Dpr, nel prevedere la convocazione del soggetto che esercita l’impresa con l’invito al medesimo a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari, attribuisce all’Amministrazione una facoltà discrezionale e non un obbligo, con l’ulteriore conseguenza che il mancato esercizio di tale facoltà non trasforma in presunzione semplice la presunzione legale che riferisce i movimenti bancari all’attività svolta dal contribuente, su cui grava perciò l’onere della prova contraria in sede contenziosa, a norma dell’art. 32 del D.Lgs. 546/1992. iii Sez. 5, Sentenza 11624/2013 in tema di accertamento delle imposte sul reddito, l’art. 32 del Dpr 600/1973, nella parte in cui prevede l’invito al contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, attribuisce all’Ufficio una mera facoltà, il cui mancato esercizio non determina l’illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti, né comporta la trasformazione della presunzione legale posta dalla norma in presunzione semplice, con possibilità per il giudice di valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza e con il conseguente onere per il Fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro ciò in quanto, atteso il tenore letterale della disposizione per l’adempimento dei loro compiti gli Uffici possono invitare i contribuenti .” e la discrezionalità espressamente prevista, non può ritenersi obbligatoria la convocazione del contribuente in sede amministrativa prima dell’accertamento né può sostenersi che siffatta discrezionalità violi il diritto di difesa, potendo l’Ufficio procedere al ritiro eventuale del provvedimento, nell’esercizio del potere di autotutela, in caso di osservazioni e/o giustificazioni proposte dall’interessato.