NOVITA’ FISCALI TRA SENTENZE E PRASSI

Ancora quindici giorni di operatività per la ‘sospensione’ dei processi tributari nelle zone terremotate la circolare dell’Agenzia delle Entrate fissa al prossimo 31 dicembre la chiusura del periodo di ‘congelamento’. Con questo aggiornamento apriamo lo ‘spazio’ del week-end dedicato alla materia tributaria, e caratterizzato dalla usuale doppia fonte Cassazione da un lato, Commissioni tributarie dall’altro. Per quanto concerne il ‘Palazzaccio’, ecco alcune delle tematiche di maggior rilievo esaminate dai giudici efficacia del ruolo già formato bancarotta Irap validità della notifica a persona diversa dall’amministratore della società nullità della cartella immotivata Iva Tosap. Citazione a parte per la pronunzia numero 20323, con cui si è stabilito che il mancato adeguamento delle norme tributarie nazionali alle direttive comunitarie può costare caro allo Stato italiano e dare un vantaggio al contribuente. Per chiudere, ovviamente, passaggio dedicato alle Commissioni tributarie. Anche in questo una panoramica sulle tematiche più interessanti finanziamento infragruppo deducibilità dei costi intercompany impugnabilità dell’atto di definizione anche in caso di adesione al ‘Pvc’ Ici sugli immobili religiosi applicabilità del ‘tovagliometro’ redditometro ‘superato’ se c’è lo scudo sequestro legittimo di fronte al rischio di insolvenza. Anche in questo caso, poi, a margine spazio a una pronunzia, quella della Commissione tributaria regionale di Trieste, che ha indicato come non legittimo l’accertamento analitico-induttivo fondato sulla mancata descrizione della merce venduta negli scontrini fiscali. Stop ai processi tributari nelle zone terremotate circomma Ag. Entrate n. 43/e del 16 novembre 2012 Stop al contenzioso e alla mediazione tributaria per le aree colpite dal sisma dello scorso maggio. Nella circolare dell’agenzia viene infatti stabilito il blocco di tutti i processi e dei termini processuali pendenti alla data del 20 maggio scorso presso le commissioni tributarie di Ferrara e Mantova e di quelli radicati presso altre sedi giudiziarie nelle quali il contribuente e/o il difensore risiedono e/o operano in uno dei comuni colpiti dal sisma. La sospensione dei processi e dei connessi termini opera sino al prossimo 31 dicembre 2012. Costa il mancato adeguamento delle norme tributarie Cassazione n. 20323 del 20 novembre 2012 Il mancato adeguamento delle norme tributarie nazionali rispetto alle direttive comunitarie può costare allo stato Italiano il risarcimento del danno nei confronti del contribuente penalizzato da tale situazione. Spetta però al giudice ordinario dirimere la questione anche quando la vertenza nasce” tributaria. A stabilirlo l’ordinanza n. 20323 della Cassazione. In particolare, si legge nelle motivazioni, la giurisdizione tributaria deve ritenersi imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto” e che l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali. Tale illegittima attribuzione può derivare, direttamente, da una espressa disposizione legislativa che ampli la giurisdizione tributaria a materie non tributarie ovvero, indirettamente, dall’erronea qualificazione di tributaria” data dal legislatore o dall’interprete ad una particolare materia cfr., in particolare, le sentenze nn, 64 e 130 del 2008, 238 del 2009, 39 del 2010 . In conclusione, la giurisdizione va regolata con la separazione delle domande e la devoluzione di ciascuna al giudice rispettivamente fornito della giurisdizione. Va, pertanto, dichiarata la giurisdizione del giudice tributario sulla domanda relativa al rimborso dell’imposta e la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento del danno, avendo indubbiamente il ricorrente fatto valere, alla base della domanda di ristoro patrimoniale per mancato tempestivo adeguamento della legge interna alla normativa comunitaria, una situazione giuridica avente natura e consistenza di diritto soggettivo, da ricondurre allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria, inquadrabile nell’area della responsabilità contrattuale Cass., Sez., un., n. 9147 del 2009 e, da ult., Cass. n. 10813 e 17350 del 2011 cfr. anche Cass., Sez. un., n. 13909 del 2011 ”. Non paga l’IRAP il sindaco senza autonoma organizzazione Cassazione n. 20190 del 16 novembre 2012 Non sono assoggettabili ad IRAP i compensi del sindaco di una società così come quelli di amministratori, revisori di società e commissario giudiziale se lo stesso è in grado di dimostrare di non avvalersi, per la propria attività, di una autonoma organizzazione. Non sono quindi un parametro utile alla valutazione i redditi percepiti dal professionista, anche nel caso in cui siano considerevoli. O meglio, secondo quanto si legge nell’ordinanza, Tale motivazione sarebbe pertinente se non coinvolgesse anche i compensi percepiti come sindaco di una società per i quali è ben possibile ipotizzare il professionista abbia percepito redditi considerevoli utilizzando le strutture di pertinenza non sue, ma della società ”. IVA indetraibile se l’immobile è in affitto al socio Cassazione n. 20138 del 16 novembre 2012 Accogliendo il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, la Cassazione ha ribadito che in base alla disciplina dettata dagli artt. 4, co 1, n. 1, e 19 del dPR. n. 633 del 1972, ed anche alla luce della sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, mentre le cessioni di beni da parte di una società vanno considerate, in ogni caso, come effettuate nell’esercizio di impresa, la detraibilità dell’imposta assolta negli acquisti di beni, ed, in generale, nelle operazioni passive, richiede che i beni e i servizi acquisiti siano impiegati ai fini delle sue operazioni soggette a imposta, e che l’inerenza a tali operazioni, id est la diretta connessione dell’acquisto con le finalità imprenditoriali, sia specificamente provata dal contribuente, allorché venga posta in dubbio dall’Amministrazione Finanziaria cfr. Cass. n. 3706 del 2010 . È stato, in particolare, precisato che un’operazione isolata, posta in essere da una società, pur se in linea con l’atto costitutivo e lo statuto, che consentano di compiere operazioni di acquisto, ristrutturazione, vendita e locazione d’immobili, ma che non sia diretta al mercato, non può valere, di per sé sola, a dare consistenza ad un’attività imprenditoriale, che si deve connotare con caratteristiche di sistematicità ed abitualità Cass. n. 2300 del 2005 cit., e cfr. pure, n. 75 del 2010, e n. 7344 del 2011, in motivazione occorrendo, appunto, la dimostrazione che il bene acquistato sia strumentale all’attività imprenditoriale svolta dall’acquirente, ed, in altri termini, che l’operazione posta in essere abbia effettivo carattere imprenditoriale ”. Ne consegue che la società non ha diritto a detrarre l’IVA versata al momento dell’acquisto se l’immobile è esclusivamente affittato ai soci trattandosi questa di operazione chiaramente elusiva e volta solo a realizzare un ingiustificato risparmio d’imposta. Credito IVA privilegiato verso il fallimento. E gli interessi di mora? Questione chiusa senza la prova della notifica della cartella da parte di Equitalia Cassazione n. 20081 del 15 novembre 2012 Credito Iva ‘privilegiato’ rispetto allo stato passivo del fallimento della società. Ma per gli eventuali interessi di mora deve essere utilizzata la stessa categoria? Potenzialmente sì, ma se manca la ‘prova provata’, da parte di Equitalia, della notifica della cartella esattoriale, allora il discorso viene a cadere completamente. Viene confermata, così, la linea seguita già dal Tribunale, ossia che Equitalia non ha provato la notifica della cartella esattoriale in data anteriore al fallimento, sì che le competerebbe il privilegio al tasso legale sugli interessi relativi al biennio, che non sono stati però indicati nel loro preciso ammontare nella nota d’iscrizione ipotecaria prodotta a corredo della domanda d’insinuazione ”. Di conseguenza, le osservazioni proposte da Equitalia in Cassazione vengono respinte, o, meglio, messe in secondo piano. Più precisamente, l’indennità di mora per i crediti erariali ” potrebbe meritare il medesimo rango attribuito agli interessi, condividendone la natura risarcitoria ” – anche se, poi, viene affermata l’infondatezza delle censure articolate nel merito in ricorso ” –, ma la ratio decidendi decisiva è la non dimostrazione della notifica della cartella ” che presuppone l’applicazione del diverso tasso legale ” invocato da Equitalia. Alla luce di questa lacuna le fondamenta stesse del ricorso vengono a cadere. Sempre efficace il ruolo già formato Cassazione n. 19861 del 14 novembre 2012 L’iscrizione a ruolo antecedente alla presentazione dell’istanza di condono, invece che affetta da illegittimità sopravvenuta, come vuole la sentenza impugnata, configura, al contrario, almeno in astratto, il presupposto per l’applicazione del condono, giacché essa, contenendo la pretesa erariale di pagamento del tributo, dà luogo, in caso d’impugnazione, alla lite pendente definibile in base alla legge del 2002 vedi, d’altronde, nel senso della riconducibilità alla nozione di lite pendente definibile ex l. 289 del 2002 dell’impugnazione della cartella esattoriale notificata a seguito di iscrizione a ruolo straordinario, Cass. 31 marzo 2011 n. 7399 Cass. 25 gennaio 2008 n. 1604 . Una diversa interpretazione, peraltro estranea già alla lettera normativa, che paralizzi l’esercizio della pretesa erariale di pagamento, invero, entrerebbe in attrito con la giurisprudenza, dianzi richiamata, sulla legittimità comunitaria del condono Iva, in relazione agli obblighi incombenti sull’Italia ai sensi degli artt. 2 e 22 della sesta direttiva del consiglio 17 maggio 1977 n. 77/388/Cee nonché dell’art. 10 Ce, in quanto, ha osservato la Corte di giustizia, la libertà degli Stati membri nella scelta dei modi da impiegare per assicurare il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi d’imposta, è limitata dall’obbligo di garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie della Comunità e da quello di non creare differenze significative nel modo di trattare i contribuenti, e questo sia all’interno di uno degli Stati membri, che nell’insieme di tutti loro Corte giust. 17 luglio 2008, C-132/06, punto 39 ”. Questo quanto stabilito dai giudici della Cassazione nella sentenza in oggetto, giudici che ulteriormente precisano come La presentazione d’istanza di definizione agevolata ex art. 16 l. 289 del 2002 non inficia ex post l’iscrizione a ruolo di una pretesa tributaria per Iva che, anzi, in caso di contestazione, può dar luogo alla lite pendente, presupposto di applicazione della legge sul condono ”. Imposizione senza motivi chiari, cartella nulla il contribuente deve poter controllare la correttezza della pretesa Cassazione n. 19700 del 12 novembre 2012 Cartella esattoriale ‘immotivata’? Neanche per relationem ? Allora la si può ritenere illegittima. E il contribuente ha tutto il diritto di contestare tale lacuna. A prescindere dal fatto che obiettivo della contestazione stessa sia, in maniera erronea, l’esattore e non l’ente impositore. Ciò che prevale, chiariscono i giudici, è la mancanza di un requisito formale della cartella di pagamento ” che impedisce al contribuente il necessario controllo sulla correttezza della pretesa ”. Così viene confermata, anche in Cassazione, la linea seguita dal Tribunale, dando ragione alle perplessità di un contribuente rispetto alla cartella consegnatagli da Equitalia e considerata ora nulla dalla giustizia. Ciò che conta è la lacuna evidenziata dai giudici, ossia la mancanza dei motivi dell’imposizione ”, peraltro non desumibili nemmeno per relationem ad altri atti conosciuti dal destinatario dell’intimazione di pagamento ” ecco perché la cartella è nulla ab origine . Certo, viene chiarito in Cassazione, merito dell’imposizione e sua fondatezza ” debbono essere contestate nei confronti dell’ente impositore e non nei confronti dell’esattore – e su questo punto Equitalia ha ragione –, ma ciò che deve essere valutato come prioritario è la mancanza di un requisito formale della cartella di pagamento, quale l’indicazione degli elementi indispensabili per consentire al soggetto obbligato di effettuare il necessario controllo sull’esattezza della pretesa ”. Accertamento lecito quando la gestione è inverosimile” Cassazione n. 19550 del 9 novembre 2012 E a nulla vale opporre una contabilità formalmente corretta. A stabilirlo la recente ordinanza della Corte di Cassazione. In particolare, si legge nelle motivazioni, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico - induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d , del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. Pertanto in tali casi è consentito ai l’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente, clic nella specie tuttavia non l’aveva assolto V. pure Cass. Sentenze n. 6337 del 03/05/2002, n. 11645 del 2001 ”. Processo tributario. Il giudice entra nel merito della pretesa Cassazione n. 19122 del 6 novembre 2012 Ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte ”. Non basta quindi il semplice annullamento dell’atto bensì, trattandosi di motivi sostanziali e non meramente formali, è richiesto al giudice tributario un preciso lavoro” di ricalcolo dell’imponibile supportato da idonee e provate motivazioni. Accolto quindi il ricorso dell’Agenzia già soccombente dinnanzi alla CTR. Finanziamento soci restituibile solo dopo lo scioglimento della società Cassazione n. 15944 del 20 settembre 2012 Nessun socio ha diritto di pretendere la restituzione dei finanziamenti erogati alla società se non dopo lo scioglimento della stessa e per quanto residui dalla liquidazione. Stabilisce la Cassazione come la sentenza impugnata, considerando sul punto che le parti avrebbero concordato una mera postergazione” del credito alla restituzione delle somme versate dai soci, non ha considerato che è proprio tale postergazione a rendere manifesto come i soci non abbiano un diritto incondizionato alla restituzione delle somme versate, ed invece, costituendo tale restituzione una mera eventualità dipendente dall’esito della liquidazione, partecipino con tali somme al rischio d’impresa ”. Inoltre, precisano i giudici della Suprema Corte, ciò che caratterizza i versamenti denominati in conto capitale” o in conto copertura perdite di capitale” rispetto ai versamenti a titolo di mutuo è che, a differenza di questi ultimi - dei quali la società è obbligata alla restituzione ad una determinata scadenza -, non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società, perché la loro restituzione può aversi solo a seguito dello scioglimento della stessa, e solo nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio di liquidazione ciò li avvicina al capitale di rischio, piuttosto che a quello di credito, in quanto in relazione alle somme in tal modo versate alle società il socio partecipa al medesimo rischio di impresa al quale è esposto il capitale da lui versato, stante la residualità della restituzione rispetto al soddisfacimento dei creditori sociali ”. Solo il superamento della soglia è punibile con la bancarotta Cassazione n. 35244 del 13 settembre 2012 In tema di bancarotta cosiddetta impropria da reato societario nel caso di specie, false comunicazioni sociali , la configurabilità della particolare fattispecie prevista dall’art. 223, comma secondo, n. 1, del R.D. 16 marzo 1942, n, 267, in rapporto agli artt. 2621 e 2622 cod.civ., nel testo riformulato dall’art. 4 del D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61, presuppone, oltre all’esistenza del nesso causale tra condotta e dissesto, anche il superamento delle soglie di punibilità previste dal nuovo reato di false comunicazioni sociali, come modificato dall’art. 1 dello stesso D.Lgs. n. 61/2002 nella fattispecie, in applicazione dei principi di recente affermati dalle Sezioni Unite con sentenza 26 marzo 2003, n. 7, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata in quanto dalle decisioni di merito non risultavano accertati, nel rispetto del contraddittorio tra le parti, gli elementi costitutivi della nuovo reato di false comunicazioni sociali, con particolare riferimento alle soglie di punibilità anzidette Sez. 5, Sentenza n. 23236 del 23/04/2003 Ud. dep. 27/05/2003 Rv. 224950 conforme Sez. 5, Sentenza n. 9726 del 03/02/2009 Ud. dep. 03/03/2009 Rv. 242773 ”. Con queste motivazioni la Cassazione ha annullato la condanna per bancarotta che il tribunale aveva invece inflitto ad un consigliere di amministrazione di una società fallita. La devoluzione dell’impianto esclude la TOSAP Cassazione n. 15247 del 12 settembre 2012 In tema di TOSAP l’occupazione di suolo pubblico per la gestione di un acquedotto, svolta nell’ambito dì un rapporto di concessione di pubblico servizio, è esente dalla tassa -per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche TOSAP soltanto se ricorrano le condizioni di cui all’art. 49, lett. c , del d.lgs. n. 507/93 Cass. 14424/10 dal tenore letterale della disposizione succitata l’esenzione da TOSAP trova il suo essenziale presupposto nel fatto che, al termine del rapporto concessorio, gli impianti che sono serviti allo svolgimento del pubblico servizio, e che hanno dato luogo ad occupazione di suolo pubblico, restino devoluti definitivamente ad un ente pubblico territoriale beneficiario del gettito del tributo , sia esso - indifferentemente - un Comune o una Provincia ”. Chiara la ratio della norma per i giudici della Cassazione Essa risiede, invero, nel fatto che, in conseguenza della pattuizione intercorsa tra concedente e concessionario, viene a cadere - con riferimento al momento finale del rapporto di concessione - il presupposto essenziale per l’applicazione del tributo, costituito dal beneficio arrecato al contribuente dall’occupazione di uno spazio sul suolo pubblico, sottratto così all’uso collettivo ”. V alida la notifica a persona diversa dall’amministratore della società Cassazione n. 14865 del 5 settembre 2012 È valida la notifica effettuata a società mediante consegna di atto a persona diversa dal legale rappresentante pur senza che prima l’agente notificatore abbia svolto ricerche per consegnare l’atto a quest’ultimo. Infatti, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno, nel senso che la prova dell’insussistenza di un rapporto siffatto non è adempiuto con la sola dimostrazione dell’inesistenza d’un rapporto di lavoro subordinato tra la persona in questione ed il destinatario della notifica, attesa la configurabilità di altri rapporti idonei a conferire la richiesta qualità ”. L’amministratore di condominio cade” sui movimenti del conto corrente Cassazione n. 14860 del 5 settembre 2012 La professione esercitata non è uno scudo” contro l’accertamento che utilizza i movimenti di conto corrente. È questo il caso di un amministratore di condominio che aveva giustificato tali movimenti come imputabili alle attività legate ai condomini di cui era responsabile. Onere del contribuente provare analiticamente origine e destinazione dei movimenti del conto corrente bancario e la loro inerenza alla professione svolta. Venendo meno ciò, per la Cassazione tale movimentazione è configurabile quale corrispettivo non dichiarato. Raccomandata informativa. obbligo solo dal 2008 Cassazione n. 14296 dell’8 agosto 2012 In tema di notifica degli atti tributari, la Cassazione ha ricordato” come solo con la L. n. 31 del 2008 di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 è stato aggiunto alla originaria previsione dell’art. 7 dianzi citato un ulteriore comma che prescrive ” Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale da notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di raccomandata”. Non vigendo detta ultima disposizione al momento della notifica dei provvedimenti qui in parola e non potendosi estendere alla notifica a mezzo posta la disposizione dettata dall’art. 139 c.p.c. , non è chi non veda che il giudice del merito ha errato a ritenerne la nullità ”. Accolto quindi il ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso il precedente giudizio della CTR i cui giudici, erroneamente, aveva annullato le cartelle di pagamento emesse nei confronti del contribuente in quanto non risultavano ritualmente notificati, perché la notifica era avvenuta a mani del portiere dello stabile in cui aveva sede la curatela fallimentare, senza che fosse stata però inoltrata la raccomandata prevista dall’art. 139 c.p.c., comma 4 ”. La regolarità del libro cespiti salva l’ammortamento CTR Bari n. 175/23/12 del 14 settembre 2012 Chiamata a pronunciarsi in merito al termine di conservazione delle scritture contabili e della documentazione relativa, la CTR pugliese ha stabilito che la regolare tenuta del registro dei beni ammortizzabili è prova sufficiente per la deducibilità della quota di ammortamento. In particolare, si legge nelle motivazioni, al di là dell’aspetto teorico dei tempi di conservazione delle fatture, l’Agenzia non mette in discussione ne l’inerenza né la competenza di alcuna delle quote d’ammortamento dedotte nell’anno, ovvero non solleva dubbi di sorta puntuali su ciò che emerge chiaramente e senza abrasioni o correzioni, dal registro dei beni ammortizzabili dove gii immobili sono indicati nell’anno di acquisizione come pure l’ammortamento anno per anno e nel suo complesso, secondo le regole di una contabilità regolarmente tenuta. Emerge che aliunde l’Ufficio poteva trovare riscontro alla regolarità delle deduzioni, nell’anno 2004 verificato, per quanto alle quote d’ammortamento. In ogni caso, occorre considerare anche che vi erano stati ulteriori precedenti ispezioni della contabilità e controlli negli anni, non smentiti dall’Ufficio, che pure conserva il diritto di verificare ripetutamente e in anni successivi la correttezza della procedura di ammortamento dei beni immobili adottata. In questo caso, tale diritto non è stato appieno esercitato, al di là della richiesta inevasa di esibizione di fatture, che di per sé non inficia la contabilità nel suo complesso e non implica un’ipotesi di evasione. Nei senso che l’onere probatorio è stato comunque assolto negli anni dalla società contribuente e nessun appunto o dubbio di sorta sulle deduzioni operate è stato posto nell’accertamento su cui la Commissione possa esprimersi, diversamente quantificando il dichiarato ”. Infondato, quindi, l’appello presentato dall’Agenzia delle Entrate già soccombente, sul punto, dinnanzi alla competente CTP. Non è sopravvenienza il finanziamento infragruppo CTR Milano n. 129/2/12 del 12 settembre 2012 A stabilirlo la CTR di Milano chiamata ad esprimersi in tema di finanziamenti erogati dalla società controllante ad una propria controllata. In particolare, si legge nella sentenza, non sono condivisibili le motivazioni dei giudici di prime cure in ordine alla qualificazione dell’operazione relativa al mancato pagamento da controllante a controllata della somma di euro 6.000.000,00 alla luce dell’art. 88 TUIR, quale sopravvenienza attiva realizzata da X S.p.A.” poiché il suddetto art. 88, comma 4 non considera sopravvenienze attive tassabili la rinuncia dei soci ai crediti non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all’art. 72, comma 1, lettere a e b , da propri soci” . A pesare, infine, il fatto che le due società si sono poi fuse in una newco con socio unico comportando ciò l’estinzione di tutte le partite creditorie e debitorie intercorrenti tra le indicate società ”. Non c’è obbligo di indicazione della merce sullo scontrino fiscale CTR Trieste n. 87/1/12 del 16 luglio 2012 Non è legittimo l’accertamento analitico-induttivo che si fondi sulla mancata descrizione della merce venduta sugli scontrini fiscali quando gli stessi risultano invece corretti dal punto di vista formale e di regolare emissione. Non è infatti questo uno degli obblighi previsti dall’art. 12 del DM 23/3/83 che detta le regole per lo scontrino fiscale. A stabilirlo i giudici della CTR triestina che accolgono le tesi del contribuente possessore di un negozio di elettrodomestici avverse l’avviso di accertamento emesso dalla locale Agenzia delle Entrate. Inoltre, proseguono i giudici, non devono essere ignorati i risultati degli studi di settore congrui e coerenti per l’anno oggetto della verifica notoriamente più attendibili dei calcoli approssimativi effettuati in sede di verifica, che non tengono quasi mai in conto la situazione concorrenziale del mercato in cui operano i piccoli commercianti come quello oggetto dell’accertamento. Quando sede sociale e abitazione coincidono l’ispezione deve essere autorizzata CTR Lazio n. 161/22/12 del 22 giugno Ai fini delle verifiche fiscali devono essere autorizzati dal Procuratore della Repubblica gli accessi alla sede della società nel caso quest’ultima corrisponda anche all’abitazione di un socio o dell’amministratore. A stabilirlo la sentenza n. 161/22/12 della CTR del Lazio. In particolare i giudici capitolini introducono, nelle motivazioni della sentenza, un sottile distinguo tra abitazione” e residenza”. Richiamando l’art. 52 del DPR 633/72, infatti, ricordano come l’utilizzo ai fini abitativi dei locali adibiti a sede della società, comporta l’obbligatoria autorizzazione della procura della Repubblica con l’indicazione dei gravi indizi di violazioni tributarie e di tutte le specifiche richieste la dimostrazione dell’uso abitativo di questo immobile adibito anche a sede della società, invece, non è legata alla residenza dei dimoranti, bensì anche alla semplice esibizione di un comodato d’uso abitativo registrato, e quindi di evenienze già note all’amministrazione finanziaria ”. Niente sanzioni quando la causa di forza maggiore” sono i tempi lunghi di pagamento della pubblica amministrazione CTR Lazio n. 158/29/12 del 20 giugno 2012 Non sono dovute sanzioni dal contribuente che omette di pagare i tributi dovuti per causa di forza maggiore” quando quest’ultima, dimostrata, è il mancato pagamento dei servizi e delle prestazioni rese alla Pubblica Amministrazione. A stabilirlo i giudici della CTR laziale accogliendo le ragioni del contribuente. In particolare, i giudici richiamano il disposto dell’art. 6, comma 5 del DLGS 427/97 e una consolidata giurisprudenza in materia. Si legge così che Quando l’inosservanza della norma è necessariamente e inevitabilmente cagionata da una forza esterna al soggetto obbligato, non sussiste il presupposto per la nascita dell’obbligazione delle soprattasse ” a maggior ragione se tale forza esterna è rappresentata da una Pubblica Amministrazione inadempiente o fortemente in ritardo nel far fronte agli impegni economici assunti. I religiosi dormono l’ICI no CTR Roma sentenza. n. 117/6/2012 del 18 aprile 2012 Soltanto gli immobili di enti religiosi adibiti al culto non sono soggetti a ICI, mentre lo sono quelli adibiti ad alloggio e formazione del clero, non trattandosi di circostanze ricomprese fra le attività di culto in senso stretto. Adesione al ‘pvc’, definizione conseguente. ma la questione resta aperta impugnabile l’atto da parte del contribuente CTR Milano n. 46/28/12 del 6 aprile 2012 Visione ‘elastica’ da applicare all’ambito del processo tributario. Più precisamente, l’elenco degli atti impugnabili deve essere valutato come ‘aperto’, e quindi con un raggio operativo potenzialmente destinato ad essere ampliato. Come concretamente esemplifica una pronuncia della Commissione tributaria regionale di Milano, che, accogliendo il ricorso della contribuente – una società –, ha chiarito che anche gli atti di definizione ”, logicamente successivi all’adesione ai ‘Processi verbali di constatazione’ messi ‘nero su bianco’ dalla Guardia di Finanza, possono essere considerati atti impugnabili. Condivisa, quindi, la tesi proposta dalla contribuente, ossia che qualora un atto riporti una ben individuata pretesa tributaria ” lo stesso atto può essere oggetto di impugnazione da parte del contribuente, anche in forza della possibilità di tutela dei propri diritti ”, garantita dalla Costituzione. Anzi, i giudici tributari entrano ancora più nei dettagli, specificando che tra gli atti impugnabili del processo tributario vanno ricompresi tutti quelli che, a prescindere dal loro nome, avanzino una pretesa tributaria nei confronti del contribuente ”. Tovagliometro rinforzato” per contestare i ricavi del ristorante CTR Veneto n. 77/24/12 Il solo tovagliometro”, se non adeguatamente supportato da ulteriori misurazioni e da precisi indizi dell’evasione fiscale, non è sufficiente alla ricostruzione dei ricavi del ristorante. E i giudici veneti richiamano, a supporto della propria decisione pro-consumatore, anche la consolidata giurisprudenza della Cassazione per cui il consumo dei tovaglioli non era mai l’unico strumento utilizzato per determinare i presunti maggiori incassi. Mancavano, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza, riscontri con la realtà aziendale ” quali la coesistenza della struttura alberghiera e del ristorante, la stagionalità del business e la tipologia di clientela che frequentava le due strutture, formalmente separate ma con servizi comuni. Difesa senza termine per l’accomandante CTR Piemonte n. 71/30/12 Solo il socio accomandante può impugnare l’accertamento operato dal Fisco nei confronti dei propri redditi successivamente al momento in cui è diventato definitivo, per mancata impugnazione, quello operato nei confronti della società. Non spetta invece tale possibilità al socio con rappresentanza. A stabilirlo la sentenza dei giudici della CTR piemontese. All’accomandate spetta quindi il diritto, sancito anche dall’art. 24 della Costituzione, di agire a propria difesa in via incidentale e non principale così da evitare che gli effetti del contenzioso della società si riflettano sui singoli soci che, pur facenti parte della società stessa, non ne avevano di fatto la rappresentanza effettiva. Deducibili i costi intercompany funzionali” al business nazionale CTR Milano n. 80/27/12 Sono deducibili dal reddito della consociata italiana i costi intercompany addebitati dalla casa madre straniera se inerenti e funzionali al business nazionale della prima. A stabilirlo i giudici della CTR milanese chiamata a pronunciarsi in merito al riaddebito di prestazioni amministrativo-contabili e di assistenza software che la capogruppo forniva alle consociate italiane sprovviste di idoneo personale. Tali servizi erano regolarmente prestati a fronte di un contratto sottoscritto dalle diverse società. Per i giudici, si legge nelle motivazioni, il concetto di inerenza deve essere interpretato in forma estensiva ” e con riferimento ad una astratta utilità, con l’unico limite della manifesta antieconomicità, che deve, peraltro, essere provata dall’ufficio ”. M eramente formale il vizio di mancata comunicazione della variazione della partita IVA CTP Firenze n. 78/1/2012 del 9 maggio 2012 La mera omessa comunicazione della variazione della partita IVA da parte di società estera comunitaria con cui una società italiana accertata ha intrattenuto rapporti commerciali rappresenta un errore formale irrilevante, non avendo portato alcun danno all’erario. Pertanto, l’operazione deve considerarsi correttamente svolta in regime di non imponibilità in applicazione delle norme relative alle cessioni intracomunitarie. Sequestro ok quando è provato il rischio di insolvenza CTP Imperia n. 122/1/12 È legittimo il sequestro conservativo di immobili e denaro quando la società accertata è a rischio insolvenza. Ad accogliere la richiesta del Fisco i giudici della CTP di Imperia. Vince la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, ben supportata da idonei elementi quali il ridotto capitale sociale, la mancanza di garanzie, il ridotto disavanzo tra attivo e passivo non certamente idoneo a coprire l’esposizione verso l’Erario e la continuativa dismissione del patrimonio immobiliare della società stessa, evidente segnale di una situazione altamente pregiudizievole del buon esito della riscossione. Niente redditometro se c’è lo scudo CTP Rimini n. 155/12 Mani legate al Fisco in presenza dello scudo fiscale. Quest’ultimo infatti blocca ogni accertamento dell’amministrazione e ogni possibilità di revisione degli imponibili. E tra gli strumenti al palo” anche il redditometro, le cui violazioni non possono essere contestate a chi ha utilizzato lo strumento messo a disposizione per il rimpatrio e la regolarizzazione delle sempre precedentemente esportate fuori dal territorio nazionale. A stabilirlo, non per la prima volta, la CTP romagnola che richiama il disposto dell’art. 13 bis del DL n. 78/09. A cura di d.t.