NOVITA’ FISCALI TRA SENTENZE E PRASSI

Quasi esclusivamente made in Cassazione l’usuale aggiornamento del week-end in materia fiscale proprio dal Palazzaccio, difatti, arriva l’onda principale di spunti di riflessione. Accompagnata, però, da una pronuncia della Corte di giustizia europea in materia di branch, e da alcune sentenze emesse da Commissioni tributarie territoriali. Su quest’ultimo fronte, segnaliamo integrazione ammessa anche dopo il questionario regime della società di comodo applicazione in materia di avviamento deducibilità dei costi del personale ‘in nero’. E una citazione a parte merita una presa di posizione dei giudici della Commissione tributaria regionale di Firenze, con cui si stabilisce che l’imminenza del decorso dei termini non è particolare e motivata urgenza e, quindi, non legittima l’emissione dell’accertamento prima del termine di 60 giorni dalla data di consegna del Pvc . Per chiudere, ora, spazio agli spunti principali forniti dalla Cassazione omessa denuncia e allungamento dei tempi dell’accertamento rimborso ok anche senza modello ‘Vr’ stop agli interessi anatocistici confisca anche per il mancato pagamento di interessi e sanzioni iscrizione del ruolo valida nonostante l’istanza per l’accertamento con adesione confisca anche per l’immobile conferito nel fondo molte fatture false valutabili come reato unico autocertificare un reddito più basso rispetto a quello effettivo è falso ideologico. La branch non ostacola il rimborso IVA Corte di Giustizia UE numero c-318/11 e numero c-319/11 del 25 ottobre 2012 La stabile organizzazione, che non effettua operazioni imponibili, non frena il rimborso dell’IVA sugli acquisti di beni e servizi di un soggetto estero. A stabilirlo la sentenze della Corte di Giustizia UE del 25 Ottobre 2012 che ha riunito in un unico caso” la numero C-318/11 e la numero C-319/11, In particolare, si legge nelle conclusioni della sentenza, si deve rispondere alla terza questione nella causa C ‑ 318/11 nel senso che l’interpretazione data alla nozione di centro di attività stabile o di stabile organizzazione non viene rimessa in discussione, in una fattispecie come quella oggetto della controversia principale, dalla circostanza che il soggetto passivo disponga, nello Stato membro, di presentazione della domanda di rimborso, di una controllata al 100% quasi esclusivamente destinata a fornirgli una serie di servizi in relazione con le prove tecniche effettuate ”. Con la terza questione il giudice del rinvio aveva chiesto se l’interpretazione data alla nozione stabile organizzazione” venisse rimessa in discussione, in una fattispecie come quella oggetto della controversia principale, dalla circostanza che il soggetto passivo disponga, nello Stato membro di presentazione della domanda di rimborso, di una controllata al 100% quasi esclusivamente destinata a fornirgli una serie di servizi. Confisca anche per il mancato pagamento di interessi e sanzioni Cassazione numero 42120 del 29 ottobre Respingendo il ricorso presentato da un contribuente contro il decreto di sequestro preventivo di una somma di denaro emesso dal gip del locale tribunale in vista della confisca per equivalente, nell’ambito del procedimento penale a carico dello stesso contribuente per il reato di riciclaggio, la Cassazione ha stabilito che l’illecito fiscale penalmente rilevante per l’ordinamento del paese straniero nel cui territorio viene integralmente consumato può costituire il reato presupposto necessario per la configurabilità del delitto di riciclaggio dei relativi proventi commesso successivamente nel territorio italiano Cass. sez. II, sentenza numero 49427 del 17/11/2009 Ia. e altri . Deve poi respingersi la tesi difensiva secondo cui nei reati di evasione fiscale non sarebbe ravvisabile un profitto assoggettabile a sequestro prima e a confisca poi. Anche in tema di reati tributari il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente , può essere infatti disposto sia per il prezzo, sia per il profitto del reato Cass. penumero Sez. III, numero 35807 del 07/07/2010 Cass. penumero , sez. VI, 27.9.2007 numero 37556, dove la precisazione che per profitto confiscabile deve intendersi non solo un positivo incremento del patrimonio personale, bensì qualunque vantaggio patrimoniale direttamente derivante dal reato anche se consistente in un risparmio di spesa, dovendosi peraltro ricomprendere nella nozione di profitto, anche delusione del pagamento degli interessi e delle sanzioni amministrative sul debito tributario . Si tratta degli stessi valori di riferimento per il sequestro funzionale alla confisca per equivalente in caso di delitto di riciclaggio transnazionale avente ad oggetto i proventi del reato di frode fiscale, il valore” del primo reato dovendo essere quantificato in questo caso sulla base del profitto del secondo, entrato a far parte delle operazioni di riciclaggio transnazionale Cass. Sez. III, sentenza numero 11970 del 24/02/2011 ”. Sanzioni dovute quando incerta è la normativa straniera Cassazione numero 18434 del 26 ottobre 2012 L’applicazione dell’art. 8 del DLGS 546/92 ha ambito ben definito e non può applicarsi nel caso di mancato, tempestivo, coordinamento ed adeguamento delle normative nazionali dei diversi Paesi della U.E. ai contenuti della direttiva, ed alla conseguente difformità di disciplina ricavabile dalla comparazione fra le leggi vigenti in ambito comunitario” ”. Infatti, ricorda la Cassazione, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’incertezza normativa obiettiva, che costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria art. 8 d.lgs. 546/92 , postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della stessa norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione. Tale attività interpretativa, volta a chiarire il significato della disposizione tributaria, non è, tuttavia, riferibile ad un generico contribuente, né ai soggetti capaci di un’interpretazione qualificata studiosi, professionisti legali, ecc. , e tanto meno all’Ufficio finanziario, bensì esclusivamente al giudice, in quanto rappresenta l’unico soggetto dell’ordinamento investito del potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione normativa cfr., ex plurimis, Cass. 24670/07, 2192/12, 4683/12 ”. Accolto quindi il ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso il giudizio della CTR. L’istanza non ferma il ruolo Cassazione numero 18372 del 26 ottobre 2012 Valida l’iscrizione del ruolo anche in presenza dell’istanza per l’accertamento con adesione. Accogliendo il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, che denunciava la violazione dell’art. 6 DLGS 218/97 e già soccombente dinnanzi alla CTR, la Cassazione ha così stabilito che In tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza ex art. 6 dlgs. 19 giugno 1997 numero 218, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge” Cassazione civile sez. unumero 17 febbraio 2010 numero 3676 e sez. trib. 28 dicembre 2011 numero 29127 in senso sostanzialmente conforme cfr. Cass. 30 dicembre 2009 numero 28051 ”. Onere ripartito tra fisco e contribuente. Ma nessuna verifica sulla veridicità dei ricavi Cassazione numero 18371 del 26 ottobre 2012 È onere dalla parte contribuente e non del Fisco di provare l’esistenza di costi deducibili, trattandosi di componenti negative del reddito, mentre è onere dell’Ufficio dimostrare l’indeducibilità dei costi perché relativi a operazioni inesistenti inoltre, l’Ufficio non è tenuto a verificare la veridicità dei ricavi ”. Smentendo quanto affermato dai giudici della CTR, e accogliendo la tesi del Fisco, la Cassazione ha così smontato” il teorema per cui se erano fittizi gli acquisti di merci , dovevano esserlo anche le vendite. Per la Suprema Corte, quindi, non integra la violazione dell’art. 75 TUIR la circostanza che l’Ufficio si limiti a recuperare soltanto i costi fittizi, senza poi abbattere i pretesi maggiori ricavi fittiziamente dichiarati. Insiste, infatti, un principio di tipicità degli atti di accertamento, nel cui ambito, fatta eccezione per i provvedimenti adottati in via discrezionale in autotutela o su richiesta di rimborso, non sono previsti provvedimenti finalizzati alla riduzione del debito d’imposta dichiarato dal contribuente, il tutto a parte la previsione dell’art. 21 comma 7 D.lva, che esplicitamente prevede, in materia di IVA, l’assoggettamento ad imposta degli importi indicati da fatture emesse per operazioni inesistenti ”. Sempre indeducibili le sanzioni antitrust Cassazione numero 18368 del 26 ottobre 2012 Non muta il proprio orientamento la Cassazione e conferma l’indeducibilità delle sanzioni antitrust. In particolare, si legge nelle motivazioni dell’ordinanza, la sanzione conseguente alla violazione di un divieto da parte di un’impresa non deriva da un’attività connessa al corretto esercizio dell’impresa e non può pertanto qualificarsi come fattore produttivo, trattandosi di condotta non soltanto autonoma ed esterna rispetto alla normale vita della impresa, ma antitetica rispetto al corretto svolgimento di tale attività pretendere pertanto che l’entità di tale sanzione costituisca un costo” deducibile dal reddito imprenditoriale significherebbe neutralizzare interamente la ratio punitiva della penalità, trasformandola in un risparmio d’imposta, cioè in un premio” per le imprese che abbiano agito in violazione delle norme antitrust Cass. nnumero 5050 del 2010, 600, 2594, 8135 e 16429 del 2011 ”. L’insieme di molte fatture false costituisce un unico reato Cassazione numero 41488 del 24 ottobre 2012 L’emissione di una serie di fatture false, tutte in un unico periodo di imposta, costituisce reato. Un unico reato. A stabilirlo la Cassazione con la sentenza numero 41488/12. Precisano così, i giudici della Suprema Corte, che Quanto, però, al reato di cui all’art. 8 D.L.vo 74/2006 in riferimento all’emissione di fatture per operazioni inesistenti nell’anno 2006, non ha tenuto conto il Tribunale che, a norma del comma 2 del medesimo articolo 8, ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato. Sotto l’imperio della precedente disciplina di cui alla L. 516/1982 la prevalente giurisprudenza riteneva che il reato di cui al numero 5 dell’art 4 si consumasse appena la fattura falsa è emessa o utilizzata se le fatture sono più d’una, i reati sono molteplici, anche se unificabili nel vincolo della continuazione”- cfr. Cass. penumero sez. III, 13.11. 1997 numero 10207 - In motivazione si precisava che la tesi contraria, secondo cui il reato è unico per tutte le fatture emesse nello stesso periodo di imposta, sarebbe sostenibile soltanto se la frode fiscale fosse un reato di evento a dolo generico, integrato solo con il conseguimento del risultato tributario-evasione o indebito rimborso . I dubbi interpretativi manifestatisi non hanno più ragion d’essere alla luce del chiaro disposto normativo di cui al comma 2 dell’art. 8 D.L.gvo 74/2000 che, come si è visto, considera unitario”‘ il reato anche in presenza della emissione, nel corso del medesimo periodo di imposta, di una pluralità di fatture per operazioni inesistenti. Per il reato di cui all’art. 8 D.L.vo 74/2000, relativamente alle fatture emesse fino al febbraio dell’anno 2006, si era, pertanto, già formato il giudicato ”. Stop agli interessi anatocistici Cassazione numero 17993 del 19 ottobre 2012 Data spartiacque” è il 4 luglio 2006. Infatti, solo successivamente a tal termine non sono più spettanti gli interessi anatocistici spettanti sulle somme dovute dall’erario a titolo di ritardato rimborso d’imposta. Accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Cassazione ha infatti stabilito che in tema di rimborsi per i crediti fiscali, m considerazione della portata innovativa e non interpretativa dell’art. 37, comma 50, del d.l. 4 luglio 2006, numero 223 conv. in legge 4 agosto 2006 numero 248 gli interessi anatocistici sulle somme dovute a titolo di ritardato rimborso d’imposta al contribuente non si calcolano a decorrere dal 4.7.2006, data di entrata in vigore della norma, mentre il principio dettato dall’art. 1283 cod. civ. continua ad avere pieno effetto per il periodo anteriore. Ne consegue che, in accoglimento del considerato profilo del ricorso principale dell’Agenzia, la decisione impugnata va riformata nel senso che il diritto della società contribuente agli interessi anatocistici va circoscritto nei limiti temporali sopra indicati ”. Confisca ok anche per l’immobile conferito nel fondo Cassazione numero 40364 del 15 ottobre 2012 Secondo giurisprudenza pressoché consolidata di questa Corte che il Collegio condivide pienamente e da cui non ha motivo di discostarsi, i beni costituenti il fondo patrimoniale rimangono nella disponibilità del proprietario o dei rispettivi proprietari, ma hanno solo un vincolo di destinazione. Da ciò consegue che i beni immobili conferiti dal ricorrente non possono che appartenere a lui e pertanto resta soddisfatto il criterio dell’appartenenza della cosa al reo, che ne giustifica la confisca e il preventivo sequestro ”. Inoltre, proseguono ancora i giudici della Suprema Corte, le norme civilistiche che definiscono la natura di taluni cespiti patrimoniali es. artt. 169 e 1881 , ovvero disciplinano l’esecuzione coattiva civile es. artt. 543 e 545 c.p.p. riguardano esclusivamente la definizione della garanzia patrimoniale a fronte delle responsabilità civili, e in nulla toccano la disciplina della responsabilità penale, nel cui esclusivo ambito ricade invece il sequestro preventivo ”. Respinto quindi il ricorso del contribuente già indagato insieme ad altri per i reati di cui agli artt. 416 c.p. e 2 D.L.vo 74/2000. L’omessa denuncia allunga i tempi dell’accertamento Cassazione numero 15235 del 12 settembre 2012 In tema di ICI, l’omessa presentazione della denuncia di variazione dell’area allunga” i termini dell’accertamento. Non è quindi applicabile il termine triennale bensì quello quinquennale previsto dall’art. 11, comma 2, del DLGS numero 504/1992. A stabilirlo i giudici della Cassazione rigettando il ricorso della società contribuente che si era vista recapitare dal locale Comune un avviso di accertamento con cui veniva recuperata a tassazione una differenza ICI oltre a accessori e sanzioni dovuti ex lege. Per la Cassazione È quindi evidente come il maggior termine quinquennale di decadenza di cui all’art. 11, comma 2, d.lgs. 504/92 sia stato predisposto allo scopo di permettere all’Ente locale di esercitare un controllo entro un più lungo periodo ritenuto necessario in conseguenza della mancata collaborazione del contribuente e per tal modo sanzionandola. La legge, con riguardo a chi ha omessa la denuncia di variazione, ha perciò considerato di non dover sottomettere l’Amministrazione comunale ad un termine di decadenza triennale identico a quello stabilito dall’art. 11, comma 2, prima parte, d.lgs. 504/92 a miglior favore del solo contribuente che ha messo il Comune nelle condizioni di esercitare il controllo e seppure ciò sia avvenuto a mezzo di una denuncia di variazione infedele o incompleta o inesatta. Il principio di diritto da affermarsi è pertanto il seguente Il termine di decadenza quinquennale di cui all’anteriore art. 11, comma 2, ultima parte, d.lgs. 504/92 - stabilito per il caso di omessa presentazione della denuncia di variazione dell’area ai fini ICI di cui all’art. 10, comma 4, d.lgs. 50-3/’92 - deve trovare applicazione anche quando il Comune abbia acquisito una precedente conoscenza di fatto” della modificazione dell’area” ”. TOSAP per il parcheggio del circolo ministeriale Cassazione numero 14873 del 5 settembre 2012 L’area comunale utilizzata come parcheggio del circolo ricreativo del Ministero della Difesa paga la TOSAP. A stabilirlo la Cassazione rigettando il ricorso presentato dal Ministero stesso dopo la sentenza della CTR del Lazio. In particolare, ricordano i giudici della Suprema Corte, Ai sensi dell’art. 49 D.lgs 507/1993 sono esenti dalla tassa le occupazioni effettuate dal!o Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l’esercizio di culti ammessi nello Stato, da enti pubblici di cui all’art. 87, comma 1, lettera e , del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, numero 917, per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica”. Non è sufficiente, ai fini di tale esenzione, il riconoscimento di finalità assistenziali in capo al circolo ricreativo del Ministero della difesa, essendo necessarie finalità specifiche di assistenza” a cui l’aria sia destinata, finalità che sono state legittimamente escluse dalla CTR che ha rilevato come l’aria sia stata utilizzata come parcheggio servente il circolo ricreativo con pagamento da parte dei soci di un ticket per l’occupazione e la sosta, oltre alla quota di iscrizione al circolo, circostanze che escludono le specifiche finalità di assistenza, con valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità ”. È falso ideologico autocertificare un reddito più basso Cassazione numero 33218 del 23 agosto 2012 Condanna penale e rischio carcerazione per chi autocertifica un reddito più basso. Non fa sconti la Cassazione alla contribuente-ricorrente contro la sentenza del Tribunale che aveva già emesso nei sui confronti una condanna per il delitto di false dichiarazioni sul reddito, rese in dichiarazione sostitutiva di certificazione. I giudici della Suprema Corte osservano così come il dolo integratore del delitto di falsità ideologica, di cui all’art. 483 cod. penumero , sia costituito dalla volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero v. Cass. Sez. II, 28 ottobre 2003 numero 47867 . Si esclude, inoltre, il dolo del delitto di falso tutte le volte in cui la falsità risulti essere semplicemente dovuta ad una leggerezza o ad una negligenza, non essendo prevista nel vigente sistema la figura del falso documentale colposo v. da ultimo Cass. Sez. VI, 24 marzo 2009 numero 15485 . Nella specie non v’è affatto prova che l’imputata abbia redatto la propria dichiarazione con leggerezza, ben conoscendo, al contrario, la propria situazione reddituale, sicuramente non pari allo zero ”. Rimborso ok anche se manca il modello VR Cassazione numero 7684 del 16 maggio 2012 Respingendo il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, la Cassazione, non smentendo il proprio precedente orientamento, ha confermato come in tema di rimborso dell’Iva, deve tenersi distinta la domanda di rimborso del credito d’imposta maturato dal contribuente, da considerarsi presentata a mezzo della compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro di riferimento che configura formale esercizio del diritto , dalla presentazione del mod. VR, che costituisce, ai sensi dell’art. 38-bis, 1° co., del d.p.r. numero 633/1972, un adempimento necessario solo a dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso medesimo sicché, una volta tempestivamente esercitato - in dichiarazione - il diritto al rimborso in quella fattispecie con la compilazione del quadro VX della dichiarazione Iva , la presentazione del mod. VR non può considerarsi assoggettata al termine biennale di decadenza previsto dall’art. 21 del d. lgs. numero 546/1992, ma solo al termine decennale di prescrizione di cui all’art. 2946 c.comma Cass. numero 20039/2011 ”. Avviamento limitato nel tempo CTR Lombardia numero 104/1/12 del 27 giugno 2012 Avviamento da calcolarsi su un ragionevole lasso di tempo. Non è sostenibile la tesi che un’azienda possa mantenere i medesimi risultati reddituali per 14 anni. Per la CTR milanese non è infatti possibile determinare il valore dell’avviamento nelle cessioni di azienda in modo acritico ed automatico senza tenere conto della concreta realtà aziendale oggetto di analisi. Si legge così nella sentenza che la sentenza di primo grado non resiste ai motivi di impugnazione formulati dal contribuente e, quindi, deve essere interamente riformata. Osserva, in particolare, la CTR che la pretesa della maggiore imposta di registro contenuta nell’atto impugnato non è fondata su elementi attendibili e, quindi, deve essere disattesa, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado che, invero, il metodo utilizzato dall’Ufficio per determinare il valore dell’avviamento dell’attività commerciale ceduta alla fine del 2007 dal .. in favore della S.numero comma appellante non appare attendibile perché proietta per un arco temporale eccessivo, pari a 14 anni, la presunta redditività dell’azienda, senza tenere conto delle possibili mutazioni del contesto economico, poi concretamente verificatesi che, d’altra parte, come giustamente evidenziato dalla parte appellante l’attività di commercio al minuto ceduta riguarda un settore articoli di pelletteria e abbigliamento in genere, situata in un piccolo centro che già nel 2008 presentava aspetti di problematicità per il contesto economico attraversato dal nostro Paese che, invece, appare corretta la determinazione del valore dell’avviamento dell’azienda ceduta determinato concordemente tra le parti attraverso una metodologia condivisibile perché ancorata a dati economici reali, considerati per un arco di tempo di circa quattro anni, come indicato a pag. 11 dell’atto d’appello ”. Integrazione ammessa anche dopo il questionario CTR Lombardia numero 60/45/12 del 4 giugno 2012 A stabilirlo la CTR lombarda che respinge il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. In particolare, si precisa nella sentenza, La norma applicabile alla fattispecie è l’art. 2 del DPR 322/1998 che, al comma 8, stabilisce che le dichiarazioni possono essere integrate per correggere errori od omissioni a favore dell’Amministrazione finanziaria entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi, mentre il comma 8-bis, riguardante il caso di errori od omissioni a favore del contribuente - non è il caso di fattispecie - prevede che la dichiarazione integrativa deve essere presentata non oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo successivo di imposta. Il termine di cui al citato comma 8 risulta pertanto rispettato essendo stata inviata dichiarazione integrativa in data 24.03.2009, cioè prima della scadenza del 31.12.2009. Né l’invio del questionario da parte dell’Ufficio, atto che non può essere assimilato all’accesso, all’inizio dell’ispezione o alla verifica fiscale, può inficiare l’assunto, atteso che il più volte citato comma 8 dell’art. 2 del DPR 322/1998 non contiene alcun riferimento all’inizio della fase di verifica ”. Non è di comodo” l’immobiliare CTR Venezia numero 45/5/12 del 21 maggio 2012 Alla società immobiliare non si applica il regime delle società di comodo quando tra le cause di esclusione valutabili dal direttore regionale che giustificano la disapplicazione della norma sulle società di comodo risulta inglobata anche la circostanza che si verifica allorché l’inizio dell’attività prevista dall’oggetto sociale venga procrastinato a causa del mancato rilascio di autorizzazioni amministrative pur tempestivamente richieste. Sulla base di tale circostanza sono stati concessi i pareri favorevoli dei due anni successivi e risulta dunque del tutto logico che anche per l’anno antecedente si sia verificata tale circostanza strutturalmente prodromica ”. La CTR del Veneto ha quindi accolto il ricorso annullando l’atto della DRE del Veneto che aveva rigettato l’istanza di disapplicazione ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del DPR 600/1973. L’imminenza del decorso dei termini non è particolare e motivata urgenza CTR Firenze numero 78/8/12 del 17 maggio 2012 E non legittima, quindi, l’emissione dell’accertamento prima del termine di 60 giorni dalla data di consegna del PVC. Per i giudici fiorentini, si legge nelle motivazioni, se l’Ufficio deve emanare l’accertamento prima della scadenza dei sessanta giorni perché esiste una situazione di urgenza, di tale urgenza deve farne esplicito richiamo nell’avviso di accertamento. Inoltre, non può essere assolutamente assunta come motivo di urgenza l’imminente decadenza dei termini per l’accertamento. L’Ufficio non può imputare al contribuente la colpa se la verifica è iniziata a ridosso della decadenza del termine prescrizionale per l’accertamento, poiché l’Amministrazione finanziaria e gli organi di polizia tributaria hanno avuto a disposizione 5 anni per effettuare i relativi controlli. Queste considerazioni sono state avvalorate da consolidata giurisprudenza della Suprema Corte le più recenti sent. Cass. civile 16/09/2011, numero 18906 e sent. sez. tributaria civile 14.3.2012 numero 4687 . In questa ultima e recentissima sentenza è stato rilevato che la sanzione di invalidità dell’atto è prevista in via generale dall’articolo 21 septies della legge 241/1990, in tutti i casi in cui l’avviso medesimo non rechi motivazione dell’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione ”. Personale in nero deducibile se gli elementi sono certi e precisi CTR Palermo numero 50/2/12 del 14 maggio 2012 Deducibile il costo del personale in nero”, non regolarmente riportato nelle scritture obbligatorie, quando risultano da elementi certi e precisi. A stabilirlo i giudici della CTR palermitana rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso il giudizio della CTP. In particolare, si legge nelle motivazioni, Le doglianze dell’Ufficio sono infondate per i motivi che seguono. Riguardo al punto 2 , dal p.v.comma si evince che dagli accertamenti compiuti sono emersi costi del personale dipendente non annotati nelle scritture obbligatorie. Detti costi aziendali non registrati in contabilità e riferiti a maggiori ricavi accertati nel corso della verifica devono ritenersi deducibili, in ossequio al disposto di cui all’art. 109, 4° comma, del DPR numero 917/86, che nell’ultimo periodo, recita Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che, pur non risultando imputati al conto economico, concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi” ”. Registro sul pagato negli acquisti da espropriazioni forzate CTR Toscana numero 41/21/12 Nessun rimborso dovuto al contribuente nel caso di imposta di registro assolta in eccesso se la stessa era stata calcolata sul valore di trasferimento a seguito del decreto di fallimento emesso dal tribunale. Per i i giudici toscani, quindi, non è applicabile il valore catastale dell’immobile oggetto di espropriazione forzata. E nessuna disparità di trattamento per gli acquirenti da aste pubbliche. Il riferimento è all’art. 44 TUR per cui in deroga al principio generale secondo cui, per gli atti di trasferimento, il valore dei beni, ai fini dell’imposta di registro, deve intendersi come valore venale in comune commercio, stabilisce che in presenza di specifiche ipotesi - trasferimento fatto in sede di espropriazione forzata ovvero di asta pubblica oppure tramite contratti aggiudicati o stipulati in seguito a pubblico incanto - la base imponibile è costituita dal prezzo di aggiudicazione ”. Imposta sostitutiva fuori dalla base imponibile CTP Torino numero 121/9/12 L’imposta sostitutiva già versata ai fini del riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni deve essere esclusa dall’imponibile utilizzato ai fini del prelievo per l’affrancamento della riserva di rivalutazione monetaria prevista dalla Legge numero 311/04 c.d. Finanziaria 2005 . A stabilirlo la CTP torinese che ha rigettato la tesi proposta dall’amministrazione finanziaria che voleva invece l’imposta calcolata sull’importo della riserva di rivalutazione da assumere al lordo dell’imposta versata per il riconoscimento fiscale degli effetti della rivalutazione. A cura di d.t.