NOVITA’ FISCALI TRA SENTENZE E PRASSI

Sempre l’Iva come ‘tema caldo’ in ambito europeo a testimoniarlo due pronunce della Corte di giustizia con cui apriamo l’aggiornamento in materia fiscale di questo week-end. Molto più eterogeneo, invece, il panorama nazionale. Dalle Commissioni tributarie territoriali, per cominciare, arrivano spunti che toccano, tra l’altro ammissibilità del ricorso tributario termini per l’accertamento Iva agevolazioni in tema di imposta di registro indicazione del responsabile del procedimento società senza profitti. A parte citazione per una sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano in questo caso, si stabilisce che, in materia di transfer pricing, non è sanzionabile il contribuente che collabora col Fisco. Spazio poi alla Corte di Cassazione, anch’essa ricca di argomenti. Così, sul tavolo troviamo notifica al rappresentante legale scissione societaria e pagamento delle imposte interessi per ritardato rimborso delle imposte contabilità smarrita e ricostruzione a partire dal Pvc vizio di notifica indagini ‘a tavolino’ senza garanzie per il contribuente. Anche in questo caso, però, spazio per una citazione a parte, quella relativa alla sentenza numero 37071, che, in ambito penale, stabilisce che il versamento sul proprio conto corrente non può essere considerato come la ‘pistola fumante’ dell’evasione fiscale. Per chiudere, infine, ci soffermiamo sugli ultimi ‘lanci’ dell’Agenzia delle Entrate in ballo, perdite fiscali, imposte anticipate e credito d’imposta, da un lato, e ‘perdono’ del Fisco, dall’altro. Errare è umano. Perdonare del fisco circ. Ag. Entrate n. 38/e del 28 settembre 2012 258 euro. Tanto è richiesto ai contribuenti per sanare la propria posizione dinnanzi al Fisco nel caso in cui non sia stata presentata una determinata comunicazione o non siano stati eseguiti gli adempimenti prescritti dalle disposizioni vigenti. Si tratta della remissione in bonis” introdotta dai commi da 1 a 3-bis dell’art. 2 del DL n. 16/2012 c.d. Decreto Semplificazioni successivamente convertito con modificazioni dalla legge n. 44/2012 e ampiamente spiegata, per quanto riguarda requisiti richiesti e modalità di adesione, dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate. Perdite fiscali, imposte anticipate e credito di imposta. Tutto nella circolare dell’agenzia circ. Ag. Entrate n. 37/e del 28 settembre 2012 Nella circolare dell’Agenzia tutti i chiarimenti relativi alla disposizione introdotta dal DL n. 225/10 successivamente modificato dal Decreto Monti. In particolare, si precisa nel documento dell’Agenzia, diventa trasformabile in credito di imposta la quota di imposte anticipate sulle perdite fiscali che è direttamente riferita alle variazioni in diminuzione legate alla deducibilità dell’avviamento e delle altre attività immateriali. In particolare si tratta di una trasformazione obbligatoria per gli operatori del settore finanziario mentre rimane facoltativa per gli altri. Dati incompleti? Solo la buona fede salva l’esenzione Iva Corte di Giustizia UE n. c-587/10 del 27 settembre 2012 Non osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro subordini l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria alla comunicazione, da parte del fornitore, del numero d’identificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dell’acquirente, purché, tuttavia, il diniego dell’esenzione non sia opposto unicamente a motivo del fatto che detto obbligo non è stato rispettato, qualora il fornitore non possa, in buona fede, e dopo aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere, comunicare tale numero d’identificazione e fornisca invece indicazioni idonee a dimostrare sufficientemente che l’acquirente è un soggetto passivo che agisce in quanto tale nell’ambito dell’operazione di cui trattasi ”. Questa la conclusione della Corte di Giustizia UE chiamata in causa circa i i requisiti per la non imponibilità delle cessioni intracomunitarie e i relativi oneri probatori a carico dei contribuenti. Locazioni e utilities. Iva unica quando si tratta di operazione unica Corte di Giustizia UE n. c-392/11 del 27 settembre 2012 Il contratto di locazione che include la fornitura di utilities quali acqua, energia elettrica e servizi condominiali configura un’unica operazione a fini IVA. Ne consegue che le prestazioni accessorie” seguono il regime della prestazione principale. Nello specifico, l’esenzione IVA della locazione ha effetto anche sugli altri forniti messi a disposizione dal locatore al locatario. Si legge così nelle conclusioni della Corte di Giustizia UE che La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che una locazione di beni immobili e le prestazioni di servizi ad essa collegate, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, possono costituire una prestazione unica sotto il profilo dell’imposta sul valore aggiunto. Al riguardo, la facoltà concessa al locatore nel contratto di locazione, di risolverlo nel caso in cui il locatario non paghi gli oneri locativi, costituisce un indizio che milita a favore dell’esistenza di una prestazione unica, sebbene essa non costituisca, necessariamente, l’elemento determinante ai fini della valutazione dell’esistenza di siffatta prestazione. Per contro, la circostanza che talune prestazioni di servizi, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, possano, in linea di principio, essere fornite da un terzo, non permette di concludere che queste ultime non possano costituire, nelle circostanze del procedimento principale, una prestazione unica. Spetta al giudice del rinvio stabilire se, alla luce degli elementi interpretativi forniti dalla Corte nella presente sentenza e con riguardo alle circostanze particolari di detta controversia, le operazioni di cui trattasi siano a tal punto collegate tra loro che si debba ritenere che costituiscano una prestazione unica di locazione di beni immobili ”. Frode fiscale. Prescrizione interrotta dal pvc Cassazione n. 37933 del 1 ottobre 2012 Indipendentemente dalla notifica al contribuente, l’emissione del PVC interrompe la prescrizione della frode fiscale. A stabilirlo la sentenza n. 37933 della Cassazione accogliendo il ricorso del P.M E la Suprema Corte ricorda infatti che il processo verbale di constatazione di un reato finanziario è idoneo ad interromperne la prescrizione anche indipendentemente dal fatto che sia stato notificato all’interessato Sez. III, 28.9.99, Sc., Rv. [Omissis] Sez. III, 27.5.99, Ca. Rv. [Omissis] . È, pertanto, giustificata la doglianza del P.M. ricorrente quando censura il fatto che G.i.p., nel pronunciare la declaratoria di estinzione per prescrizione, non abbia minimamente tenuto conto di tale causa interruttiva con il risultato che il termine prescrizionale era di sette anni e sei mesi e non di soli sei anni come erroneamente ritenuto dal giudicante ”. La scissione non salva dalla sottrazione fraudolenta Cassazione n. 37415 del 27 settembre 2012 In una lunga ed articolata sentenza la Cassazione ha stabilito che risponde di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte l’imprenditore che opera una scissione societaria con l’intento evidente di rendere più complessa la fase di riscossione dei tributi da parte del Fisco. In particolare, specificano i giudici della Suprema Corte respingendo il ricorso, Il ricorrente invoca, come ricordato sopra, al fine di escludere la configurabilità del reato di cui all’art. 11 cit., la previsione civilistica, riportata nell’art. 2560 c.c. secondo cui l’imprenditore cedente l’azienda non è liberato in nessun caso dai debiti, di essi rispondendo anche l’acquirente se risultanti dai libri contabili obbligatori. Ora, premesso che, in ogni caso, la cognizione del giudice del riesame è necessariamente limitata alla valutazione del fumus del reato contestato, sì che non potrebbe pretendersi una delibazione funditus dei presupposti dello stesso, proprio la natura di reato di pericolo del delitto di cui all’art. 11, invocata, con riguardo al primo motivo di ricorso, dallo stesso ricorrente rende allo stato non rilevante la norma civilistica richiamata è evidente infatti che l’idoneità della condotta di costituzione di nuova società, cessionaria dei crediti vantati dalla originaria, a sottrarre tali importi al Fisco non può venire meno pur ove l’Erario possa, in ipotesi, rivolgersi anche a quest’ultima, rappresentando in ogni caso tale condotta un mezzo indubbiamente volto, al di là dell’esito, del tutto irrilevante nella struttura di mero pericolo, già considerata sopra, della fattispecie, a rendere più difficile l’aggressione dei beni del debitore ciò che, evidentemente, basta ai fini di ritenere correttamente valutata, nell’ordinanza impugnata, la sussistenza del fumus del reato ”. Il versamento sul proprio conto corrente non è la pistola fumante” dell’evasione fiscale Cassazione n. 37071 del 26 settembre 2012 Ma può essere utilizzato dal giudice penale stante l’autonomia di questo processo rispetto a quello tributario. In particolare, si legge nelle motivazioni, La giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che, in tema di reati tributari, non può farsi ricorso alla presunzione tributaria secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell’azienda art. 32, 1° comma - n. 1, del d.P.R. n. 600/1973 , in quanto spetta al giudice penale la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa procedendo d’ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto vedi Cass., Sez. III, 6.2.2009, n. 5400 . Rileva, però, il Collegio che l’autonomia del procedimento penale rispetto a quello tributario non esclude che, ai fini della formazione del suo convincimento, il giudice penale possa avvalersi degli stessi elementi che determinano presunzioni secondo la disciplina tributaria, a condizione che gli stessi siano assunti non con l’efficacia di certezza legale, ma come dati processuali oggetto di libera valutazione ai fini probatori ”. Vizio di notifica. A parità di importo cartella nuovamente notificabile anche prima del giudicato Cassazione n. 16370 del 26 settembre 2012 Rinotifica della cartella annullata possibile anche prima che si formi il giudicato. A parità di importo, secondo il parere espresso dai giudici della Cassazione, non si verifica infatti alcuna duplicazione di imposta. Per i giudici, in particolare, il rinnovo solo della sua notifica, come intuitivo, non importa l’emissione di una nuova” cartella di pagamento essendo l’atto identico, come riconosce anche la contribuente , donde l’inconferenza del richiamo alla unicità ed alla non duplicabilità è unico e non può essere duplicato del titolo esecutivo di diritto comune perché tali caratteri non vengono disconosciuti né alterati dal mero rinnovo della sola notificazione, neppure per il titolo esecutivo detto. La doglianza relativa all’assunta inadeguatezza della motivazione della cartella - per mancanza priva” delle ragioni della sua riemissione e rinotificazione in costanza del suo pregresso annullamento giudiziale” -, una volta esclusa giusta le considerazioni innanzi esposte la ravvisabilità, nel caso, di una riemissione” della cartella stessa, non ha pregio atteso che, come la notificazione’’ di un atto, anche la sua rinotificazione” non richiede la presenza quindi l’esplicazione di ragioni giustificative, discendendo le stesse dalla univoca, unica funzione svolta dalla notificazione, ossia come detto di portare l’atto nella sfera di conoscibilità del destinatario perché possa produrre gli effetti suoi propri di cristallizzazione della pretesa tributaria per decorso dei termini di impugnazione o anche di sola provocatio ad opponendum ”. Indagini a tavolino” senza garanzie per il contribuente Cassazione n. 16354 del 26 settembre 2012 Non sono applicabili le garanzie previste dall’art. 12 dello statuto del contribuente alle cosiddette verifiche a tavolino” cioè alle verifiche effettuate dal Fisco senza attività ispettiva presso la sede del contribuente. In particolare, si legge nelle motivazioni della dettagliata sentenza della Cassazione, le garanzie di cui all’art. 12 legge n. 212/2000 si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali industriali, agricole, artistiche o professionali” che debbono appunto essere giustificati da esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo” art. 12 co. 1 , con la conseguenza che tali garanzie operano esclusivamente nella predetta ipotesi, e nella specie non è stato chiarito se e quali prove poste a fondamento della pretesa tributaria siano state acquisite presso i locali della società le suddette garanzie sono apprestate esclusivamente a favore del contribuente verificato in loco e non anche del terzo a carico del quale possano emergere dalla detta verifica dati, informazioni od elementi utili per la emissione di un avviso di accertamento nei suoi confronti. Ed infatti l’art. 54, comma 3, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 espressamente prevede che l’ufficio possa procedere a rettifica, indipendentemente dalla previa ispezione del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso, mentre non rilevano eventuali violazioni delle regole relative alla fase di accertamento perché eventuali irregolarità possono essere fatte valere solo da chi ha subito l’accesso ”. Le perdite pregresse azzerano il reddito ma non le sanzioni Cassazione n. 16333 del 26 settembre 2012 Sanzioni per infedele dichiarazione dovute anche nel caso in cui le perdite pregresse azzerano il reddito accertato. A stabilirlo la Cassazione con l’ordinanza n. 16333/12. In particolare, si legge nelle motivazioni, la disciplina sanzionatoria in esame ha la finalità generale di prevenire la presentazione, da parte dei contribuenti, di dichiarazioni infedeli va, inoltre, osservato che la tesi della contribuente, secondo la quale l’Amministrazione è in ogni caso tenuta, d’ufficio, a calcolare le perdite pregresse, portandole in deduzione dal reddito accertato ai fini della determinazione del maggior reddito imponibile che nel caso in esame sarebbe, quindi, pari a zero , non è condivisibile, in quanto, come risulta dall’art. 102 ora 84 del TUIR, al contribuente è riservata una facoltà di scelta - da esercitare mediante una chiara indicazione nella dichiarazione, pacificamente inesistente nella fattispecie - in ordine al periodo d’imposta purché non oltre il quinto nel quale utilizzare in compensazione le perdite disponibili Cass. n. 7294 del 2012 , facoltà nel cui esercizio, pertanto, l’Amministrazione non può sostituirsi al contribuente, nell’interesse stesso di quest’ultimo ”. Partono dal secondo semestre gli interessi per ritardato rimborso delle imposte Cassazione n. 15246 del 12 settembre 2012 A differenza degli interessi ordinari”, che hanno maturazione giornaliera, gli interessi per ritardato rimborso delle imposte dirette maturano con cadenza semestrale semestre intero con esclusione del primo e con decorrenza dalla data di versamento sino alla data dell’ordinativo di pagamento. Questa, in sintesi, la decisione della Cassazione che accoglie il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, si legge nelle motivazioni, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, - nel prevedere il tasso di interesse modificato di volta in volta da successivi e periodici decreti ministeriali sulla restituzione di somme versate, a titolo di imposte dirette, in eccedenza a quanto effettivamente dovuto per il periodo in considerazione - stabilisce che il contribuente ha diritto alla corresponsione di tale interesse per ognuno dei semestri interi, escluso il primo” ricompresi tra la data del versamento e quella dell’ordinativo con il quale venga, in concreto, effettuata la restituzione della maggiore imposta versata. Orbene, il riferimento letterale della norma ai semestri interi”, lascia fondatamente ritenere che il diritto in parola maturi al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, ed al tasso vigente a tale momento. In altri termini, il tasso legale al quale occorre fare riferimento per la liquidazione degli interessi sulla restituzione della maggiore imposta pagata, è quello vigente - in forza dei decreti ministeriali emessi in materia - al momento in cui viene a scadenza ciascun singolo semestre, giacché è solo in tale momento che il diritto alla percezione di detti interessi viene a maturare a favore del contribuente ”. La scrittura privata fa fede nell’impresa familiare Cassazione n. 14908 del 5 settembre 2012 Valore probatorio, sino a prova contraria, per la scrittura privata che stabilisce la quota di partecipazione agli utili dei vari componenti. A stabilirlo, o meglio a ricordarlo nuovamente, la Cassazione nella sentenza n. 14908/12. Si legge così nelle motivazioni che ove la ripartizione degli utili sia stata predeterminata tra le parti con atto scritto, come richiesto dalla normativa fiscale in materia art. 3 d.l. 19 dicembre 1984 n. 853, convertito, con modificazioni, nella l. 17 febbraio 1985 n. 17 , il giudice non può disattendere il valore probatorio di tale scrittura, accertando l’insussistenza dell’impresa familiare, senza motivare adeguatamente sul carattere simulato dell’atto stesso cfr. Cass. n. 9897/2003, Cass. n. 7655/98 ”. Contabilità smarrita? La ricostruzione” riparte dal pvc Cassazione n. 33504 del 30 agosto 2012 Quando il contribuente che afferma di aver smarrito le scritture contabili non è però in grado di fornire idonee prove a supporto, il giudice può fare ricorso legittimamente ai verbali di constatazione redatti dalla Guardia di finanza per la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa e può fare altresì ricorso all’accertamento induttivo dell’imponibile, secondo il disposto dell’art. 39 del DPR 29 marzo 1973, n. 600, quando non sia stata tenuta o sia stata tenuta irregolarmente la contabilità imposta dalla legge Cassazione penale, sez. 3, 9 febbraio 2011, n. 28053 sez. 3, 18 dicembre 2007, n. 5786 ”. Con tale motivazione la Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente avverso la sentenza di appello. O k la notifica al rappresentante legale ma solo nel comune dov’è la sede sociale Cassazione n. 13016 del 24 luglio 2012 La notificazione degli avvisi di accertamento tributario a soggetti diversi dalle persone fisiche non si sottrae alla regola generale, enunciata dall’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui la notificazione degli avvisi e degli altri atti tributari al contribuente dev’essere fatta nel Comune dove quest’ultimo ha il domicilio fiscale. In riferimento alla notifica di atti alle società commerciali, il necessario coordinamento di tale disciplina con quella di cui all’art. 145 c.p.c. comporta, pertanto, che, in caso d’impossibilità di eseguire la notificazione presso la sede sociale, il criterio sussidiario della notificazione alla persona fisica che la rappresenta è applicabile soltanto se tale persona fisica, oltre ad essere identificata nell’atto, risiede nel comune in cui l’ente ha il suo domicilio fiscale, da individuarsi ai sensi dell’art. 58 del D.P.R. n. 600 del 1973 Cass. 3618/06, 6325/08 . In caso contrario, non potrà che farsi ricorso al criterio di cui all’art. 60, lett. e affissione nell’albo del Comune del luogo un cui la società contribuente ha il domicilio fiscale , puntualmente seguito, nel caso, concreto, dall’amministrazione sia pure in concorso con il tentativo - non riuscito - di notifica presso il domicilio dell’amministratore della società ”. T erreno agricolo e utilizzabilità agricola in astratto Cassazione n. 7369 dell’11 maggio 2012 La definizione di cui all’art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 504/1992, per cui per terreno agricolo si intende il terreno adibito all’esercizio delle attività indicate nell’art. 2135 del codice civile va intesa in conformità coi precetti di cui agli artt. 3 e 53 Cost., [] nel senso che il presupposto dell’imposta resta integrato col possesso di terreni suscettibili di esser utilizzati per le attività di cui al citato art. 2135 c.c., e, dunque, di terreni astrattamente idonei a tale utilizzo, e non in conseguenza dell’effettivo esercizio su di essi, delle attività predette ”. N on tutte le società senza profitti sono società di comodo CTR Trieste n. 54/1/12 del 30 maggio 2012 La disciplina ex art. 30 della legge n. 724/94 - sorta per penalizzare , sul piano tributario, le società senza impresa , quelle cioè che, al di là dell’oggetto sociale dichiarato, costituite al solo fine di amministrare i patrimoni personali dei soci anziché per esercitare un’effettiva attività commerciale - concerne una legislazione al contrasto e deterrenza, che, almeno nelle intenzioni dichiarate dal legislatore, dovrebbe perseguire uno scopo antielusivo . Conseguentemente, non possono essere considerate società di comodo né può essere loro applicata la relativa disciplina, quelle società che risultano non aver conseguito il reddito minimo calcolato secondo l’art. 30 della L. 724/1994 per ragioni strutturali da esse indipendenti, come ad esempio crisi del settore. Responsabile del procedimento no a indicazioni pro forma CTR Genova n. 42/9/12 del 17 maggio 2012 La specifica norma introdotta dal D.L. n. 249 del 2007, art. 36, comma 4-ter, che prevede espressamente l’indicazione del responsabile del procedimento, a pena di nullità dell’atto, non possa essere elusa dalla indicazione generica del direttore dell’Ufficio o di un suo delegato, impersonalmente indicato. Essendo chiaramente lo spirito della norma quello di poter mettere il contribuente in condizione di conoscere la persona fisica che effettivamente ha seguito il procedimento, a cui potersi effettivamente rivolgersi per quanto possa riguardare l’atto e il procedimento a suo carico ”. Alternativi l’invito al contraddittorio e accertamento con adesione CTR Milano n. 43/15/12 del 2 aprile 2012 È del tutto ragionevole che al contribuente destinatario di un avviso di accertamento si consenta di esercitare la facoltà di formulare l’istanza di accertamento con adesione solo quando l’avviso di accertamento non sia stato preceduto dall’invito a comparire infatti, consentirlo anche in presenza di un precedente invito a comparire significherebbe procedere all’inutile duplicazione di un contraddittorio già risultato infruttuoso tanto da non aver impedito l’emissione dell’avviso di accertamento ”. Agevolazione salva se l’impedimento è dovuto a forza maggiore CTR Veneto n. 92/15/12 Le agevolazioni in tema di imposta di registro e ipocatastali non vengono meno, nel caso di acquisto di un fondo in area soggetta a piano urbanistico particolareggiato, quando la mancata edificazione nel termine di 5 anni è imputabile a cause di forza maggiore. Secondo quanto indicato dai giudici della CTR veneta, proprio tali cause non imputabili alla volontà del proprietario del fondo, che invece viene privato di un proprio diritto, non fanno venir meno il requisito dell’edificabilità e il presupposto dell’agevolazione. Il sorgere di tali cause fanno così interrompere i termini di legge la cui decorrenza riparte nel momento in cui viene meno l’impedimento. Da motivare il rigetto delle giustificazioni del contribuente CTR Liguria n. 18/12/12 Procedere all’accertamento di maggiori ricavi basandosi solo sugli studi di settore e prescindendo dalle giustificazioni addotte dal contribuente può costare caro al Fisco. I giudici della CTR ligure hanno infatti dichiarato nullo l’accertamento in quanto privo delle spiegazioni e delle ragioni per cui il Fisco ha ritenuto di rigettare le giustificazioni fornite del contribuente ridotta attività lavorativa a causa della crisi economica . Perentorio il termine dei 5 anni. Nessuna possibilità per l’accertamento iva lungo CTP Lecce n. 426/1/12 del 20 settembre 2012 Accogliendo il ricorso del contribuente, avverso ad un accertamento IVA notificato oltre il termine ordinario quinquennale previsto dal TU dell’Iva ma facendo riferimento al termine previsto dalla Legge 289/02 sul condono, i giudici pugliesi hanno stabilito che con la sentenza della Corte di Giustizia 17 luglio 2008, causa C-132/06, è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto comunitario, fra l’altro, proprio della legge n. 289/2002, nella parte esclusiva in cui prevede la condonabilità dell’IVA. Da tale illegittimità, dovuta al fatto che l’IVA è un’imposta transnazionale su cui non può decidere autonomamente il singolo Stato europeo, consegue l’obbligo del giudice nazionale di disapplicare automaticamente tale normativa, limitatamente all’IVA come opportunamente stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 3674 del 2010, nonché dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 22250 del 2011 . È chiaro, quindi, che il venir meno del condono IVA comporta, inevitabilmente, quale conseguenza immediata, l’illegittimità di tutti quegli accertamenti notificati dall’Ufficio Fiscale usufruendo della proroga dei due anni, prevista dall’art. 10 della legge n. 289/2002 citata. Di conseguenza, questa Commissione, adeguandosi alla giurisprudenza comunitaria, deve totalmente annullare l’avviso di accertamento in tema di IVA, in quanto notificato oltre il termine naturale di decadenza 31/12/2007 , ai sensi e per gli effetti dell’art. 57, co. 1, DPR n. 633/72 citato ”. No al rimborso senza operazioni attive CTP Treviso n. 42/6/12 del 18 giugno 2012 No al rimborso del credito IVA che risulta dalla dichiarazione relativa all’anno in cui la società ha cessato la propria attività se nello stesso periodo non sono state effettuate operazioni attive. A stabilirlo la CTP di Treviso nella sentenza n. 42/6/12 si legge infatti nella sentenza che Nel caso di specie, la società sosteneva i costi e poi gli associati provvedevano al pagamento pro quota. Evidentemente, il ribaltamento dei costi rileva ai fini delle imposte dirette, ma non dell’IVA per la quale è sempre richiesta la fatturazione delle operazioni ai fini delle detraibilità dell’imposta. Conseguentemente, l’esborso sostenuto dalle associate, regolamentando i rapporti tra queste e la società ai soli fini delle imposte dirette, non è idoneo ad attribuire all’operazione il carattere dell’onerosità ai fini delle imposte indirette, con la conseguenza che l’imposta pagata sugli acquisti non può essere detratta e/o richiesta a rimborso. Infatti, dalla dichiarazione IVA presentata dalla società per l’anno 2008, non figurano operazioni attive ”. Niente sanzioni al contribuente che collabora con il fisco CTP Milano n. 99/43/12 In tema di Transfer Pricing, non è sanzionabile il contribuente che attivamente collabora con il Fisco, fornendo tutta la documentazione idonea a dimostrare la correttezza dei prezzi applicati, anche nel caso in cui le violazioni contestate sono avvenute prima dell’entrata in vigore dell’art. 26 del DL 78/10. Il richiamo dei giudici è alla circolare dell’Agenzia n. 58/E/10 che ha ampliato, grazie al favor rei, la portata del predetto art. 26 anche alle situazioni pregresse. Ricorso ok anche senza nota di iscrizione a ruolo CTP Verbania n. 26/2/12 Richiamando la nota n. 14744/11 del MEF, la CTP di Verbania ha precisato che è ammissibile il ricorso tributario anche qualora risultasse omessa o tardiva la presentazione della nota di iscrizione a ruolo. L’omesso deposito della nota, infatti, è di impedimento all’iscrizione del solo ricorso nell’apposito registro generale mentre la segreteria della Commissione tributaria ha comunque l’obbligo di ricevere il ricorso rilasciando apposita ricevuta, anche se l’attribuzione del numero di registro generale potrà avvenire solo successivamente alla presentazione della nota. Nella questione in oggetto, il Fisco aveva sollevato eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso poiché il contribuente aveva spedito tramite raccomandata, nel termine dei trenta giorni dalla notifica all’ufficio, esclusivamente il ricorso alla segreteria della CT e solo in un secondo tempo, ma oltre la scadenza e con altra raccomandata la nota di iscrizione a ruolo con la ricevuta di pagamento del contributo unificato. La tesi del Fisco non ha convinto però i giudici della CTP che hanno stabilito come, in assenza di indicazioni normative contrarie, l’omesso o tardivo deposito della nota di iscrizione a ruolo non comporta alcuna inammissibilità del ricorso, a differenza di ciò che avviene in ipotesi di costituzione tardiva ”. Eredità con beneficio di inventario. Anche al fisco limite nei tre anni CTP Bolzano n. 66/1/12 e n. 67/1/12 Limite inderogabile anche per il Fisco e per il concessionario della riscossione quello stabilito in tre anni dall’inventario dei beni del defunto per attivare le procedure di recupero del credito. A stabilirlo la CTP di Bolzano, con due sentenze, accogliendo il ricorso presentato dagli eredi ed avverso le cartelle di pagamento emesse da Equitalia in relazione a ritenute alla fonte ed Irpef dovute dal defunto. In particolare veniva eccepita l’avvenuta prescrizione dell’azione in quanto proposta ben oltre il termine decadenziale di tre anni da quando la lista dei creditori, nel caso di eredità con accettazione con beneficio di inventario, era divenuta definitiva. A cura di d.t.