RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA 16 NOVEMBRE 2011, N. 24063 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Litisconsorzio necessario nel processo tributario - Imposta di registro - Cessione di azienda - Cedente e cessionario coobbligati in via solidale - Inscindibilità della causa - Esclusione - Fondamento. AZIENDA - CESSIONE - IN GENERE. Imposta di registro - Cedente e cessionario obbligati in via solidale - Processo tributario - Litisconsorzio necessario - Esclusione - Fondamento. Nel processo tributario, è inapplicabile l’istituto del litisconsorzio necessario alle controversie in tema di imposta di registro, cui deve essere soggetta una cessione di azienda, con riferimento alle posizioni del cedente e del cessionario, tra loro solidalmente coobbligati, poiché il rapporto di solidarietà non realizza un presupposto dell’indicato istituto, ma, più che determinare l’inscindibilità della causa tra più soggetti nel senso inteso dal D.Lgs. 546/1992, art. 14, comma 1 - il quale postula che la fattispecie costitutiva dell’obbligazione, risultante dai contenuti concreti dell’atto autoritativo impugnato, sia connotata da elementi comuni ad una pluralità di soggetti e che l’impugnazione proposta da uno o più degli obbligati investa direttamente siffatti elementi -, pone problemi relativi al rapporto tra giudicati e, eventualmente, legittima un intervento nel processo, ai sensi del citato art. 14, comma 3 . La giurisprudenza, sul punto richiama il suo tradizionale indirizzo espresso anche da Sez. 5, Sentenza 13800/2000 in tema di contenzioso tributario, il giudice d’appello non è tenuto a disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti del coobbligato solidale che ha autonomamente impugnato l’avviso di accertamento nella specie, di maggior valore, emesso dall’Ufficio del Registro sia nei confronti del venditore che dell’acquirente di un immobile , atteso che, nel caso di solidarietà tributaria non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario, instaurando ciascun ricorso contro lo stesso accertamento distinti rapporti processuali. SEZIONE QUINTA 16 NOVEMBRE 2011, N. 24056 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI - TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - IMPOSTE DI FABBRICAZIONE - GAS ED ENERGIA ELETTRICA IMPOSTA DI CONSUMO SUL . Rimborso dell’accisa indebitamente pagata - Domanda - Termine biennale di decadenza - Decorrenza dal pagamento - Conseguenze - Detrazione del credito di imposta per le annualità successive - Rilevanza - Esclusione. A norma dell’art. 14 del D.Lgs. 504/1995, il rimborso dell’accisa sul gas metano indebitamente versata va richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, che segna il momento dal quale indefettibilmente decorre il termine decadenziale per l’esercizio del diritto alla restituzione, fissato per finalità di interesse pubblico e non disponibile neppure dalla stessa P.A., restando ininfluenti le cause per cui il pagamento non è dovuto né l’avvenuta detrazione del credito di imposta, operata dal contribuente per le annualità successive, è idonea a spostare in avanti il dies a quo” del suddetto termine. In senso conforme, Sez. 5, Sentenza 23515/2008 in tema di imposte sul consumo dell’energia elettrica, l’art. 14, comma 2, del D.Lgs. 504/1995 T.U. delle imposte sulla produzione e sui consumi , ha introdotto una regola generale per la quale il rimborso dell’accisa indebitamente pagata deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, a prescindere dalle cause per le quali il pagamento non è dovuto. Ne consegue che detto termine trova applicazione anche nel caso in cui l’accisa sia stata debitamente pagata, e sia sopravvenuta una causa di non debenza del tributo. Nella specie la S.C. ha ritenuto applicabile detto regime decadenziale all’istanza di rimborso dell’accisa debitamente pagata in sede di acquisto del prodotto, successivamente rivenduto a soggetto esente, ai sensi dell’art. 17, lett. c, del citato decreto . SEZIONE QUINTA 16 NOVEMBRE 2011, N. 24049 COSA GIUDICATA CIVILE - LIMITI DEL GIUDICATO - SOGGETTIVI LIMITI RISPETTO A TERZI . Sentenza di esclusione di superiori ricavi a fini IRAP conseguiti dalla società - Giudicato - Effetti - Prova utilizzabile nel giudizio tributario dall’amministratore e socio per contestare ai fini IRPEF la percezione di maggiori utili - Ammissibilità - Fondamento. TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Sentenza di esclusione di superiori ricavi a fini IRAP conseguiti dalla società - Giudicato - Effetti - Prova utilizzabile nel giudizio tributario dall’amministratore e socio per contestare ai fini IRPEF la percezione di maggiori utili - Ammissibilità - Fondamento. La sentenza favorevole alla società contribuente, che esclude il conseguimento di superiori ricavi non contabilizzati a fini IRAP, divenuta irrevocabile per mancata impugnazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, può essere utilizzata, nonostante la diversità delle imposte, dal socio come prova nel giudizio tributario per contestare ai fini IRPEF i presunti utili percepiti nell’esercizio della medesima attività d’impresa, posto che, anche in difetto di espressa previsione legislativa, l’esclusione dello stesso dato economico e fattuale di partenza fa venir meno, di riflesso, anche la fonte giustificativa dei pretesi redditi incassati dal socio. Si richiamano - Sez. 5, Sentenza 2214/2011 l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, nella specie riferito ad utili extracontabili - costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, com’è per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell’art. 1 del D.Lgs. 546/1992. - Sez. 5, Sentenza 8166/2011 in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è a base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 Dpr 917/1986 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta la configurabilità di un’ipotesi di litisconsorzio necessario originario tuttavia ciò non esclude che sia la società che i soci, ciascuno in relazione alla pretesa vantata nei loro confronti dal fisco, siano destinatari di avvisi autonomi ancorché riferentisi ad un accertamento unitario e debbano essere posti in condizione di esercitare compiutamente e tempestivamente il proprio diritto di difesa in relazione ad essi. L’accertamento del rispetto del diritto di difesa anche del socio di una società di persone deve, pertanto, essere effettuato con riguardo ai tempi della notifica, al contenuto e alla motivazione dell’avviso impugnato, verificando che esso sia ben motivato, ossia contenga tutte le informazioni necessarie a consentirgli di difendersi anche riportando, ad esempio, i passi rilevanti dell’accertamento nei confronti della società, sulla base del quale è stato calcolato il suo reddito di partecipazione , a prescindere dall’unitarietà dell’accertamento rispetto alla società e dai tempi di notifica dell’avviso riguardante il reddito della stessa . SEZIONE QUINTA ORDINANZA 11 NOVEMBRE 2011, N. 23590 TRIBUTI IN GENERALE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - DISPOSIZIONI COMUNI AI VARI GRADI DEL PROCEDIMENTO - ISTRUZIONE DEL PROCESSO - ACQUISIZIONE DI ELEMENTI CONOSCITIVI TECNICI - RELAZIONE TECNICA DI PARTE. Giudizio tributario - Nuove prove in appello - Produzione di una consulenza tecnica di parte - Ammissibilità - Fondamento - Art. 58 D.Lgs. 546/1992 - Portata. Nel processo tributario, atteso che l’art. 58, comma secondo, del D.Lgs. 546/1992, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello, è ammissibile la produzione, nel predetto grado, anche dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, di una consulenza tecnica di parte, che, costituendo semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, può essere prodotta sia da sola che nel contesto degli scritti difensivi. Di recente si era espressa Cass. Sez. 5, Sentenza 18907/2011 in materia di produzione documentale in grado di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 - in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima - non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345, terzo comma, Cpc nel testo introdotto dalla legge 69/2009 , essendo la materia regolata dall’art. 58, comma 2, del citato D.Lgs., che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado.