SENTENZE E PRASSI: LE NOVITA' FISCALI

Per questo week-end la principale fonte per l’aggiornamento in materia fiscale è la Corte di Cassazione. Passiamone allora in rassegna alcuni degli spunti di maggiore rilievo, segnalando le tematiche affrontate Irap, innanzitutto, e poi studi di settore, Iva, Ici, cessione simulata di quote societarie, ‘libro inventari e bancarotta documentale . Citazione a parte, infine, per la sentenza 23502, molto attuale per l’argomento in ballo, ovvero la ‘crisi’ ebbene, il riferimento a una crisi, appunto, del settore di attività non può fungere da ‘uscita d’emergenza’ dall’accertamento. Per ampliare poi il fronte, riportiamo anche alcuni spunti ‘extra Cassazione’. Più in particolare la Commissione tributaria provinciale di Alessandria affronta il tema delle rimanenze di magazzino e quella di Torino, invece, pronuncia sul compenso all’amministratore l’Agenzia delle Entrata fornisce chiarimenti sui beni dati in uso ai soci la Corte di giustizia europea tocca la questione, sempre delicata, dei regimi ‘off shore’. Beni ai soci. obbligo di monitoraggio anche per i beni 2011 provv. ag. entrate n. 166485 del 16 novembre 2011 Retroattività per le comunicazioni sui beni dati in uso ai soci e termine per l’invio stabilito al 31 marzo 2012 relativamente all’anno 2011 . Monitoraggio esteso anche ai finanziamenti e alle capitalizzazioni effettuati dai soci alle società concedenti. Questo il contenuto del provvedimento firmato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera che regola modalità e termini di comunicazione dei dati all’Anagrafe Tributaria. Regole ferree per i regimi off shore corte di giustizia europea n. c-106 e n. c-107 del 15 novembre 2011 Poco spazio alla fantasia degli Stati membri quando si tratta di introdurre regimi fiscali agevolati nei propri ordinamenti. Questa, in sintesi, la conclusione della lunga sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha riunito due cause che trattavano l’autorizzazione del Regno Unito ad attuare la proposta di riforma del sistema di tassazione delle imprese a Gibilterra del 2002 tra l’altro mai entrata in vigore . Un regime fiscale agevolato costituisce di fatto un aiuto di Stato che è incompatibile con la vigente legislazione comunitaria. Costi pubblicitari di terzi deducibili solo se si prova anche il proprio vantaggio cassazione n. 24065 del 16 novembre 2011 Deve essere provato il vantaggio conseguito anche per la propria attività al fine di dedurre dal reddito i costi pubblicitari sostenuti per promuovere terze società. Accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Cassazione ha così precisato che La generica affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la spesa raffrontata con ricavi” non è elemento sufficiente a negare la inerenza del costo ed a provare la relativa pretesa fiscale, appare del tutto semplicistica ove intesa ad esaurire la prova della congruità della spesa al solo rapporto proporzionale tra i valori economici espressi nelle poste di bilancio valori peraltro dei quali la sentenza neppure si dà carico di indicare, omettendo di fornire gli elementi necessari per la verifica del corretto iter” logico seguito nel pervenire alla decisione di rigetto dell’appello , risultando del tutto carente rispetto al più esteso tema di indagine sottoposto al suo esame e concernente la congruità della spesa in quanto riferibile a potenziali utilità o vantaggi futuri ampliamento del settore di mercato incremento della clientela introduzione di nuovi prodotti o servizi conseguibili dalla società contribuente e non conseguiti o conseguibili, invece, esclusivamente da soggetti terzi ovvero dal soggetto pubblicizzato ”. L’annullamento della rettifica irap alla sas rende illegittimo l’accertamento al socio cassazione n. 24049 del 16 novembre 2011 Se, dunque, il Fisco per calcolare l’IRAP accerta un maggior , e ciò per effetto del maggior , in ragione d’incassi non contabilizzati, e se tale assunto scompare dal mondo giuridico per effetto di giudicato che esclude incassi non contabilizzati, viene meno, in radice, il dato storico, economico e fattuale di partenza dei maggiori ricavi della S.a.s., imputati di riflesso anche al socio ai fini IRPEF e, quindi, viene meno la fonte giustificativa stessa del maggior reddito tassato in danno del socio. I principi costituzionali di uguaglianza, legalità, imparzialità amministrativa e capacità contributiva, stabiliti dagli artt. 3, 97 e 53 Cost., impongono, al Fisco, anche in difetto di un’espressa previsione legislativa, un vincolo rispetto ad accertamenti definitivi sul valore degli stessi fatti economici effettuati ai fini dell’applicazione di altro tributo, quando le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione. In sintesi e nella specie, o vi sono incassi non contabilizzati dalla società o non vi sono, e se, quanto alla società, si accerta giudizialmente e definitivamente che non vi sono, manca il fatto economico per la ripresa a tassazione in danno del socio ”. Con questa motivazione la Cassazione ha così accolto il ricorso del socio della s.a.s. e ribaltato il precedente grado di giudizio. Studi di settore applicabili al professionista-amministratore cassazione n. 23946 del 15 novembre 2011 Il rifiuto al contraddittorio e la giustificazione che l’attività prevalentemente svolta sia quella di amministratore non escludono il professionista nella fattispecie un geometra dagli studi di settore. La Cassazione ha così accolto il ricorso del Fisco, nonostante le sentenze contrarie nei precedenti gradi di giudizio, in quanto la CTR non spiega le ragioni del suo convincimento, limitandosi ad affermazioni generiche ed apodittiche che non consentono di comprendere l’iter logico-giuridico alla base della decisione ”. Inoltre, si legge nelle motivazioni, per recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte n. 26635 del 2009 l’accertamento può essere fondato esclusivamente sulla valutazione paramedica, rimanendo tuttavia impregiudicata la facoltà del contribuente di provare la inattendibilità della medesima, anche con presunzioni semplici, ed il potere del giudice di effettuare la valutazione comparativa degli elementi di prova addotti dalle parti. Tuttavia in concreto il motivo è irrilevante ed inammissibile perché non coglie la ratio decidendi” della sentenza impugnata, che afferma preliminarmente la insufficienza dei dati parametrici, ma non fonda la decisione su tale assunto, bensì sulla affermazione successiva che il contribuente aveva fornito una prova contraria idonea a superare le ragioni addotte dall’Ufficio, provando che la attività libero-professionale di geometra era marginale rispetto a quella di amministratore di società ”. L’incrocio dei dati legittima l’accertamento cassazione n. 23944 del 15 novembre 2011 Il Fisco può utilizzare anche dati provenienti da questionari inviati ad altre imprese al fine di emettere un avviso di accertamento. Per la Cassazione, quindi, e respingendo il ricorso presentato dal contribuente, nulla da eccepire sul criterio adottato dall’Agenzia delle Entrate. Confermando quando già espresso anche nei precedenti gradi di giudizio, la Suprema Corte ha infatti stabilito che il primo motivo del ricorso è inammissibile ex art 366 bis c.p.c., in quanto il quesito di diritto concerne solo la allegazione di atti all’avviso di accertamento senza fare alcun riferimento alla sentenza, risultando quindi astratto ed inidoneo ad evidenziare eventuali errori di diritto compiuti dal giudice di appello comunque non pare inutile rilevarne la infondatezza nel merito, sia per genericità non evincendosi dal motivo la rilevanza specifica dei documenti di cui si lamenta la mancata allegazione sia perché non appare contestato che gli atti allegati riportassero il contenuto essenziale degli atti che non lo erano ”. L’utilizzo del co.co.co. costa l’irap al professionista cassazione n. 23906 del 15 novembre 2011 L’utilizzo anche occasionale di un collaboratore coordinato e continuativo co.co.co. comporta l’assoggettamento all’IRAP del professionista. La Cassazione ha così ribaltato il giudizio precedente in quanto la CTR esclude la esistenza di personale dipendente laddove lo stesso contribuente, in controricorso, ammette la sussistenza di collaborazioni coordinate e continuative, che, agli effetti organizzativi sono equivalenti a personale dipendente per cui era imprescindibile l’esame se l’utilizzo di tale personale fosse occasionale o meno, con i relativi effetti sulla sussistenza di una autonoma organizzazione ”. La cessione simulata delle quote societarie configura il reato di truffa aggravata cassazione n. 41450 del 14 novembre 2011 Truffa aggravata ai danni dello stato è questo il reato contestato al contribuente che effettua una vendita simulata di quote societarie al solo scopo di evadere le imposte. Trattandosi di persona fisica, invece, la Cassazione ha rilevato l’assenza di elementi necessari per poter configurare la fattispecie di cui al ritenuto delitto di frode fiscale ex art 3 del D. Lgs n. 74/2000 in particolare, assenza di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie ”. Niente sequestro del conto corrente se l’operazione è solo soggettivamente falsa cassazione n. 41444 del 14 novembre 2011 E non sussiste neppure il reato di dichiarazione fraudolenta. Per la Cassazione, si legge nelle motivazioni, la definizione di operazione soggettivamente inesistente ai fini dell’applicazione della disciplina sanzionatoria penale corrisponde all’operazione obiettivamente non intercorsa fra i soggetti indicati nella fattura o in altro documento fiscale equipollente è dunque irrilevante, sotto tale profilo, l’utilizzazione del bene o della prestazione da parte di un terzo soggetto potendo tale circostanza assumere valenza per l’eventuale esclusione del requisito della inerenza del costo dell’operazione sostenuto dal committente. Cfr. anche Cass. Sez. III, 14 gennaio 2010 - 16 marzo 2010 n. 10394 che ha precisato che il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti articolo 2, DLgs. n. 74 del 2000 è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA, esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura ”. Notifica ok se il ricevente è al servizio del destinatario cassazione n. 23822 del 14 novembre 2011 Ovvero se si dichiara tale. E l’onere di verificare la veridicità dell’affermazione non compete neppure al postino che materialmente consegna l’atto. Per la Cassazione, infatti, nell’ipotesi di notificazione a mezzo del servizio postale, qualora, per l’impossibilità di effettuare la consegna del piego personalmente al destinatario, lo stesso, L. n. 890 del 1982, ex articolo 7, comma 2, sia stato come nella specie consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto e nel rispetto dell’ordine stabilito da detta norma, a persona dichiaratasi addetta al servizio del destinatario”, l’agente postale non è tenuto ad accertare la corrispondenza al vero della dichiarazione, essendo sufficiente che essa concordi con la situazione apparente, consistente nella presenza del consegnatario nei luoghi indicati dalla norma, gravando sul destinatario l’onere di provare l’inesistenza della qualità dichiarata dal consegnatario v. sez. 5ª, n. 13063/2006 ”. Il cedente versa l’iva se la dichiarazione di intento è falsa cassazione n. 23610 del 11 novembre 2011 Il cedente, coinvolto nella frode fiscale, che emette fatture in regime di non imponibilità sulla base di false dichiarazioni di intento rilasciate dall’acquirente deve versare l’importo dell’IVA evasa oltre sanzioni e interessi. Infatti, l’operazione commerciale posta in essere, non potendosi considerare in regime di esenzione, obblighi il cedente, ai sensi dell’articolo 17 d.P.R. n. 633 del 1972, a versare egli stesso l’imposta in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento per il recupero di IVA non versata, emesso a carico di una società commerciale che aveva ceduto pneumatici ad un soggetto falsamente dichiaratosi esportatore abituale, pur sapendo che la merce sarebbe stata integralmente venduta nel mercato nazionale” Cass. n. 16819 del 2008, n. 21956 del 2010 ma già Cass. n. 20894 del 2005 ”. Illegittima la sospensione del rimborso in pendenza di contenzioso cassazione n. 23601 del 11 novembre 2011 Solo l’Ufficio può disporre, con apposito provvedimento, la sospensione del pagamento degli importi richiesti a rimborso dal contribuente. Per la Cassazione, che ha respinto il ricorso del Fisco, la distinzione - prospettata dalla ricorrente - tra sospensione generale, a monte, con riferimento a tutti i rimborsi spettanti al contribuente che esigerebbe l’emanazione del provvedimento formale e sospensione concernente il singolo credito oggetto di giudizio pendente per la quale basterebbe la mera deduzione in giudizio della esistenza del controcredito non trova alcun aggancio normativo e non è consentita dalla natura e dalla funzione dell’istituto della sospensione, come sopra individuate, le quali non mutano nelle due ipotesi anzidette pertanto, anche nella seconda giudizio in corso sul credito del contribuente , la eccezione di sospensione”, sollevata dall’Ufficio allegando la sussistenza di una contrapposta ragione di credito nei confronti del contribuente, non può che consistere nella deduzione - e prova - della avvenuta adozione, da parte dell’amministrazione, di un provvedimento avente tale contenuto ”. Sopra i 20mila euro nessuna procedura agevolata cassazione n. 23504 del 10 novembre 2011 Nessuna deroga a quanto previsto dall’articolo 39 del DL n. 98/2011 se l’importo in questione eccede il limite stabilito in 20mila euro. Prima di trattare tutte le altre questioni sollevate nel ricorso, infatti, la Suprema Corte precisa che Preliminarmente si rileva che la presente lite fiscale non può essere definita secondo la procedura agevolata di cui alla legge n. 111/2011, essendo la stessa, in considerazione dell’ammontare dell’imponibile accertato con l’atto impositivo impugnato, di valore superiore a € 20.000 ”. Crisi di settore? giustificazione troppo generica per salvarsi dall’accertamento cassazione n. 23502 del 10 novembre 2011 Se le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza degli studi di settore si formano attraverso il contraddittorio tra il Fisco e il contribuente, non è legittimo un accertamento basato solo su queste risultanze. Ma il comportamento inerte di quest’ultimo o generiche doglianze riguardanti stagionalità dell’attività, localizzazione e crisi del settore non sono sufficienti per vincere nell’ultimo grado di giudizio. Per la Cassazione, infatti, Deve ribadirsi, in conformità del resto a una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, da cui totalmente prescinde il ricorrente, che è necessario che la parte ottemperi al principio di autosufficienza del ricorso correlato all’estraneità del giudizio di legittimità all’accertamento del fatto , riportando la situazione documentale della quale si chiede un’adeguata valutazione cfr., da ultimo, Sez. 5^ n. 12432/2011 . Né valgono, nella specie, talune sporadiche e arbitrarie estrapolazioni, quali quelle virgolettate anche in memoria v. es. pag. 13 e 14 , atteso che nella specie, ciò che manca è proprio quella trascrizione esauriente, che sola consente la chiara e completa cognizione dei fatti senza la necessità di ricorrere ad altre fonti, dovendo, questa Corte essere messa nelle condizioni di compiere la delibazione del ricorso e delle questioni sollevate sulla base del solo contenuto dell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative ”. Limiti alle dichiarazioni del dipendente cassazione n. 23397 del 9 novembre 2011 Non serve la querela di parte per sconfessare le dichiarazioni rilasciate dal dipendente alla GdF denunciando presunte irregolarità fiscali del proprio datore di lavoro. Accogliendo il ricorso del principale, la Cassazione ha così stabilito che l’atto pubblico fa fede fino a querela di falso solo relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato, alle dichiarazioni al medesimo rese e agli altri fatti dal medesimo compiuti o che questi attesti essere avvenuti in sua presenza Cass. 10702/2005 10219/1996, 12386/2006 tale efficacia privilegiata non si estende, invece, alla intrinseca veridicità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale da terzi nella specie dal lavoratore , che costituiscono materiale probatorio liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle ulteriori risultanze istruttorie Cass. n. 9251/2010 ”. Ici. retroattivo il passaggio al valore catastale cassazione n. 23316 del 9 novembre 2011 Il passaggio dal valore contabile a quello catastale ha effetto retroattivo e il contribuente ha diritto al rimborso della maggiore ICI versata per l’immobile di categoria D. Per la Cassazione, si legge nelle conclusioni della sentenza, fin dalla richiesta di attribuzione di rendita da parte del proprietario la base imponibile dell’immobile deve essere determinata attraverso la capitalizzazione della rendita che sarà successivamente attribuita e che pertanto, ove tale rendita risulti poi tale da comportare un esborso per ICI inferiore rispetto a quello effettuato calcolando la base imponibile secondo il valore contabile, sorge per il proprietario-contribuente, post hoc et propter hoc, il diritto ad ottenere il rimborso di quanto versato in eccesso nonché la possibilità di richiedere tale rimborso, dovendo pertanto da tale momento ritenersi decorrente il relativo termine di decadenza ”. Immobiili religiosi. solo l’attività commerciale giustifica l’ici cassazione n. 23314 del 9 novembre 2011 Non basta la mera dichiarazione del gestore perché l’immobile religioso” non sia soggetto al versamento dell’ICI. Per usufruire dell’agevolazione è invece necessario comprovare che l’attività assistenziale svolta nell’immobile non abbia caratteristiche commerciali. La Cassazione è così dell’avviso che lo stesso ricorso vada accolto, per manifesta fondatezza del primo mezzo, in applicazione del condiviso principio secondo cui In tema di imposta comunale sugli immobili ICI , l’esenzione dall’imposta prevista dal DLgs. 30 dicembre 1992, n. 504, articolo 7, comma 1, lett. i , è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali DPR 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 87, comma 1, lett. c , cui il citato articolo 7 rinvia . La sussistenza del requisito oggettivo - che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare - non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori” il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale” Ex multis Cass. n. 5485/2008 ”. Libro inventari il mancato aggiornamento è bancarotta documentale cassazione n. 40078 del 7 novembre 2011 Il mancato aggiornamento del libro inventari, che rientra tra i libri obbligatori dell’impresa, configura il reato di bancarotta documentale semplice. Nonostante le motivazioni addotte non essendoci state variazioni nella situazione patrimoniale della società fallita per il periodo considerato, la redazione del bilancio bastava a rendere edotti i terzi dello stato economico dell’impresa, secondo la ratio della norma ” , la Cassazione ha ritenuto di dover respingere il ricorso in quanto il mancato aggiornamento del libro degli inventari, che è obbligatorio per espresso dettato normativo, integra il reato di bancarotta semplice, che può essere perseguito sia a titolo di dolo che a titolo di colpa ”. Valide le prove provenienti da altri procedimenti cassazione n. 37024 del 14 ottobre 2011 Sono utilizzabili ai fini dell’applicazione di misure cautelari reali, quando questi siano stati richiesti in fase dibattimentale, anche elementi di prova provenienti da altri procedimenti e non ancora acquisiti in dibattimento ciò analogamente a quanto stabilito dalla stessa Corte di Cassazione, in materia di misure cautelari personali. Per la Cassazione sono utilizzabili come gravi indizi di colpevolezza, ai fini della vantazione di legittimità delle misure cautelari personali, atti di altri procedimenti nella specie, dichiarazioni di collaboranti rese in dibattimento , indipendentemente dalla circostanza che siano state osservate le condizioni stabilite nell’articolo 238 c.p.p., non richiamate dall’articolo 273 stesso codice Cass. Sez. 1ª, sentenza n. 40997 del 14.10.2008 dep. 3.11.2008 rv 241431 . Lo stesso principio non può che valere anche ai fini della valutazione della sussistenza del fumus commissi delicti, in materia di misure cautelari reali ”. Rimborso dell’iva. sul termine della prescrizione ancora dubbi dalla cassazione cassazione n. 19655 del 26 settembre 2011 Due sentenze in pochi giorni, due pareri opposti. La Cassazione non aiuta a fare chiarezza sul termine entro il quale presentare domanda per il rimborso dell’IVA quando si tratta di un’azienda cessata. Se la sentenza n. 18920 del 16 settembre fissava il termine biennale ai sensi dell’articolo 21 del DLGS 546/92, quella in oggetto applica il termine di prescrizione decennale. Compenso all’amministratore indipendente dalla delibera dell’assemblea ctp Torino n. 96/5/11 del 23 giugno 2011 L’articolo 109 del TUIR non richiede che il compenso corrisposto all’amministratore sia subordinato alla delibera dell’assemblea. Ne consegue che anche la deducibilità del costo non posso essere subordinata all’esistenza di una tale delibera. Con queste motivazioni i giudici piemontesi hanno così accolto le tesi del contribuente e rigettato, almeno in parte, quelle sostenute dall’agenzia delle entrate che aveva emesso l’avviso di accertamento a fini IRES. Non si esauriscono in un esercizio le rimanenze di magazzino ctp Alessandria n. 11/5/11 del 9 febbraio 2011 Le rimanenze di magazzino generano effetti sul conto economico di due esercizi. Non è quindi possibile, in sede di accertamento, rilevare le sole rimanenze finali prescindendo dal valore di quelle iniziali. Con riferimento all’articolo 110 comma 8 del TUIR, i giudici piemontesi hanno accolto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento ricevuto. A cura di d.t.