RASSEGNA TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONE QUINTA 29 DICEMBRE 2010, N. 26318 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE GIURIDICHE I.R.P.E.G. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - DETERMINAZIONE - IN GENERE. Aliquota ridotta sugli utili da incremento di capitale c.d. dual income tax - Onere del contribuente di documentare i presupposti per l'applicazione - Esclusione. Il contribuente il quale invochi i benefici della c.d. dual income tax consistenti nell'applicazione, a fini IRPEG, di una aliquota ridotta a quella parte degli utili d'impresa corrispondenti alla remunerazione ordinaria dell'incremento di capitale netto verificatosi nell'esercizio, ai sensi dell'articolo 1 del D.Lgs. 466/1997 non ha alcun onere di documentare i dati economico-contabili esposti nella dichiarazione e posti a fondamento dell'invocata agevolazione è, per contro, potere-dovere dell'amministrazione finanziaria, ove intenda negarla, verificare i dati esposti dal contribuente attraverso la procedura di liquidazione delle imposte di cui all'articolo 36 bis del Dpr 600/1973. Non constano precedenti in termini. Si veda, Sez. 5, Sentenza 1154/2008 in tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d'imposta, non occorre, da parte sua, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento quale, in particolare, l'istanza ex articolo 38 del Dpr 602/1973, estranea alla fattispecie anzidetta , ma egli deve solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, prevista dall'articolo 36 bis del Dpr 600/1973, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione. Una volta che il credito si sia consolidato - attraverso un riconoscimento esplicito in sede di liquidazione, ovvero per effetto di un riconoscimento implicito derivante dal mancato esercizio nei termini del potere di rettifica -, l'Amministrazione è tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito del contribuente è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale, decorrente dal riconoscimento del credito stesso. SEZIONE QUINTA 29 DICEMBRE 2010, N. 26285 COMUNITÀ EUROPEA - GIUDICE NAZIONALE - IN GENERE. Potere dovere del giudice di conformarsi al diritto comunitario - Conseguenze - Disapplicazione delle norma processuali interne - Necessità - Fattispecie. Il potere-dovere del giudice nazionale di conformarsi al diritto comunitario comporta la necessaria disapplicazione delle regole processuali di diritto interno che, precludendo, in sede di legittimità, l'esame delle questioni non specificatamente dedotte dal ricorrente, impediscono la piena applicazione delle norme comunitarie tale potere-dovere coesiste con quello di interpretare correttamente quelle regole, in modo da superare ogni incompatibilità con il diritto comunitario. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto che la commissione tributaria regionale non avrebbe potuto rilevare l'inammissibilità del gravami proposti dall'Agenzia delle Entrate, per tardiva costituzione dell'Agenzia medesima, dal momento che tale inammissibilità avrebbe impedito il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario . Principio già consolidato. Qui si richiama, Sez. U, Sentenza 26948/2006 in tema di imposta di registro, e con riferimento alla fusione di società mediante incorporazione, la contestazione da parte dell'Ufficio della possibilità d'invocare l'articolo 4 della direttiva 69/335/CEE del Consiglio, del 17 luglio 1969 come modificata dalla direttiva 73/80/CEE del Consiglio, del 9 aprile 1973, in applicazione del principio di effettività del diritto comunitario e dalla direttiva 85/303/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1985 , indipendentemente dalle ragioni poste a base della relativa deduzione, vale ad introdurre, anche in sede di legittimità analogamente a quanto accade in presenza di una pronuncia di illegittimità costituzionale o di ius superveniens , l'indagine in ordine alla sussistenza del presupposto prescritto dalla predetta disposizione ai fini dell'esenzione dall'imposta proporzionale, ovverosia alla sussistenza di un effettivo conferimento nel capitale dell'incorporata, ed implica quindi l'esclusione del beneficio nell'ipotesi in cui l'incorporante detenga già l'intero capitale dell'incorporata. Il potere-dovere del giudice di conformarsi al diritto comunitario nella decisione della controversia comporta infatti la necessaria disapplicazione delle regole processuali di diritto interno che, precludendo in sede di legittimità l'esame di questioni non specificamente dedotte dal ricorrente e l'introduzione di nuove questioni di fatto, impediscono la piena applicazione delle norme comunitarie. SEZIONE QUINTA 10 DICEMBRE 2010, N. 24957 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - DETERMINAZIONE DEL REDDITO - DETRAZIONI - IN GENERE. Compensi agli amministratori di società - Deducibilità ex articolo 62 del Dpr 917/1986 - Valutazione di congruità da parte dell'Amministrazione finanziaria - Legittimità - Limiti. In tema di imposte sul reddito di impresa, l'articolo 62 del Dpr 917/1986 testo unico delle imposte sui redditi - a differenza del previgente articolo 59, terzo comma, del Dpr 597/1973, per il quale i compensi ai soci amministratori erano deducibili nei limiti delle misure correnti per gli amministratori non soci - non contiene alcun riferimento a tabelle od altre indicazioni vincolanti, che pongano limiti massimi di spesa per i compensi, superati i quali sia esclusa la deducibilità. Ne consegue che all'Amministrazione non è riconosciuto un potere di valutazione di congruità, salva la possibilità, per l'Erario, od il giudice eventualmente investito della questione, di contrastare manovre elusive della misura dell'imposta facente capo alla società, in presenza di compensi che appaiano insoliti o sproporzionati, facendo ricorso alla disciplina sulla simulazione e dei negozi in frode alla legge. In senso conforme, già Sez. 5, Sentenza 21155/2005 in materia di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, allo stato attuale della legislazione l'Amministrazione finanziaria non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti agli amministratori di società nella specie, di capitali per l'attività svolta, per cui detti compensi sono deducibili come costi ai sensi dell'articolo 62 del Dpr 917/1986 testo unico delle imposte sui redditi . Tale ultima disposizione, nella nuova formulazione introdotta dal testo unico, non prevede più, infatti, un parametro da utilizzare nella valutazione dell'entità dei compensi sicché, in assenza di qualsiasi metro tendenzialmente oggettivo individuato dal legislatore, l'interprete non potrebbe procedere ad alcuna valutazione di congruità senza correre il rischio dell'arbitrarietà e della disparità di trattamento, sicuramente da evitare in un ordinamento incentrato sul principio di legalità. SEZIONE QUINTA 17 NOVEMBRE 2010, N. 23170 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - BASE IMPONIBILE - REDDITI PRODOTTI IN FORMA ASSOCIATA. Cogestione dell'impresa di uno dei coniugi - Assimilabilità all'impresa familiare - Esclusione - Conseguenze in tema di regime fiscale applicabile. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - BASE IMPONIBILE - REDDITI PRODOTTI IN FORMA ASSOCIATA. Impresa di proprietà esclusiva di uno dei coniugi - Conferimento all'altro di potere rappresentativo - Prova della cogestione e della divisione degli utili - Idoneità della procura - Esclusione. * In tema di imposte sui redditi, perché possa essere applicato il regime fiscale dell'impresa familiare, previsto dall'articolo 5 del Dpr 597/1973 norma applicabile ratione temporis ed attualmente sostituita dall'articolo 5 del Dpr 917/1986 , non basta la mera cogestione da parte dei coniugi di un'azienda - eventualmente rilevante ex articolo 177 cc per la ripartizione degli utili - ma è indispensabile che ricorrano le condizioni previste dal medesimo articolo 5 cit., e cioè la indicazione nominativa dei familiari partecipanti all'attività di impresa, l'indicazione delle quote attribuite ai singoli familiari nonché l'attestazione nella dichiarazione annuale di ciascun partecipante di aver lavorato per l'impresa familiare. * In tema di imposta sui redditi, la circostanza che uno dei coniugi abbia conferito all'altro una procura, per essere rappresentato nella gestione dell'azienda commerciale di sua proprietà esclusiva, non basta per dimostrare che quell'azienda sia cogestita da entrambi, e che, di conseguenza, ai sensi dell'articolo 177 cod. civ., gli utili aziendali vadano tra essi ripartiti. Non constano precedenti in termini. Si veda Sez. 5, Sentenza 2736/2001 in tema di imposte sui redditi, i redditi di partecipazione societaria di un coniuge, rientrando tra i frutti civili di beni oggetto di comunione legale, vanno imputati, in applicazione dell'articolo 4 del Dpr 597/1973, a ciascuno dei coniugi per metà del loro netto ammontare. SEZIONE QUINTA 12 NOVEMBRE 2010, N. 22974 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - IN GENERE. Fondi previdenziali integrativi - Disciplina impositiva - Art. 13, comma 9, del D.Lgs. 124/1993 - Lavoratore già iscritto a forme pensionistiche complementari prima della sua entrata in vigore - Inapplicabilità - Fondamento - Conseguenze - Deroga al regime della tassazione separata - Applicabilità ai capitali erogati come pensione integrativa fino al 1° gennaio 2001 - Condizioni. In tema di fondi previdenziali integrativi, la disciplina impositiva di cui all'articolo 13, comma 9, del D.Lgs. del 1241993 - che rinvia agli artt. 16, comma 1, lett. a , e 17 del T.U.I.R., ed al relativo regime di tassazione separata - si riferisce, secondo l'interpretazione fornita dall'articolo 1, comma 5, del Dl 669/1996 convertito nella legge 30/1997 , esclusivamente ai lavoratori iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. 124 citato e non è, quindi, applicabile a quelli già iscritti a forme pensionistiche complementari, nè si riferisce all'erogazione di capitali, sotto forma di pensione integrativa e per effetto di contratti assicurativi sulla vita si tratta di un regime derogatorio che, abrogato dall'articolo 3 del D.Lgs. 47/2000, si applica ai capitali percepiti sino al 1° gennaio 2001. Ne consegue che, in caso di lavoratore già iscritto alla previdenza integrativa prima del D.Lgs. 124/1993, sulle somme percepite entro la menzionata data del 1° gennaio 2001, la tassazione separata trova applicazione solo per le attribuzioni relative a redditi derivanti da rapporto di lavoro, in cui la contrattazione previdenziale integrativa rinviene la propria causa, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del rendimento, cioè i proventi da gestione di capitale, si applica la ritenuta del 12,50%, già prevista dall'articolo 6 della legge 482/1985. In senso conforme già Sez. 5, Sentenza 27928/2009 in tema di fondi previdenziali integrativi, la disciplina impositiva di cui all'articolo 13, comma 9, del D.Lgs. 124/1993 - che rinvia agli artt. 16, comma 1, lett. a , e 17 del T.U.I.R., ed al relativo regime di tassazione separata - si riferisce, secondo l'interpretazione fornita dall'articolo 1, comma 5, del Dl 669/1996 convertito nella legge 30/1997 , esclusivamente ai lavoratori iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. 124 cit. e non è, quindi, applicabile a quelli già iscritti a forme pensionistiche complementari. Pertanto, se a tali lavoratori, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, siano corrisposte somme costituite in parte da capitale riveniente dai contributi versati e per il residuo dai rendimenti netti realizzati attraverso la gestione della sorte capitale, il predetto regime di tassazione separata si applica alla sola attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, in quanto disciplina riguardante tutti i redditi comunque dipendenti da quel rapporto, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento - costituenti mero reddito di capitale non legato al rapporto di lavoro - si applica la ritenuta del 12,50% prevista dall'articolo 6 della legge 482/1985. Si vedano anche a Sez. 5, Sentenza 868/2010 in tema di IRPEF, la prestazione di capitale che un fondo di previdenza complementare per il personale di un istituto bancario effettui, forfetariamente a saldo e stralcio, in favore di un ex dipendente, in forza di accordo transattivo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico integrativo in godimento, è soggetta a tassazione separata, ai sensi dell'articolo 16, primo comma, lett. a del Dpr 917/1986 numerazione anteriore a quella introdotta dal D.Lgs. 344/2003 , trattandosi di somma che costituisce reddito da lavoro dipendente, come determinato dall'articolo 48, primo comma, del Dpr 917 cit., e non già reddito di capitale, invece definito dall'articolo 42, non rilevando che la stessa sia versata tempo dopo la cessazione del rapporto di lavoro, essendo il pagamento comunque effettuato in dipendenza di tale evento. b Sez. 5, Sentenza 11156/2010 in tema di IRPEF, la prestazione di capitale che un fondo di previdenza complementare per il personale di un istituto bancario nella specie, il Fondo di Previdenza complementare per il Personale del Banco di Napoli effettui, forfetariamente a saldo e stralcio, in favore di un ex dipendente, in forza di un accordo transattivo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico integrativo in godimento cosiddetto zainetto , costituisce, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del Dpr 917/1986, reddito della stessa categoria della pensione integrativa cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi, assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione. La base imponibile su cui calcolare l'imposta è costituita dall'intera somma versata dal fondo, senza che sia possibile defalcare da essa i contributi versati, in quanto, ai sensi della lett. a dell'articolo 48 del Dpr 917/1986 nel testo vigente fino al 31 dicembre 2003 , gli unici contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il reddito sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge.