RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2020 92, C-704/18 12 FEBBRAIO 2020 EQUO PROCESSO PENALE DOVERI DEI GIUDICI DISAPPLICAZIONE DI SENTENZA NAZIONALE DEFINITIVA PER APPLICARE SENTENZA DELLA CGUE LIMITI. Attuazione di una pronuncia pregiudiziale della Corte – Potere d’ingiunzione di un giudice di grado superiore quanto alle modalità di attuazione – Autonomia processuale degli Stati membri – Principio di effettività – Rispetto dei diritti della difesa. Alla luce dell’interpretazione degli artt. 6, § .3 e 7 § .3 Direttiva 2012/13/UE, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, accolta dalla Corte al punto 2 del dispositivo della sentenza del 5 giugno 2018, Kolev e a. [C 612/15, EU C 2018 392 nella rassegna del 20/7/18, nda ], l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una norma di diritto processuale nazionale che obbliga il giudice del rinvio nella causa che ha dato origine a tale sentenza a conformarsi a un’ingiunzione rivoltagli da un giudice di grado superiore, di restituire gli atti al pubblico ministero, a seguito della chiusura della fase giudiziaria del procedimento penale, affinché siano sanate le irregolarità procedurali commesse durante la fase delle indagini preliminari di tale procedimento, a condizione che tali disposizioni del diritto dell’UE, come interpretate dalla Corte al punto 2 del dispositivo di detta sentenza, siano rispettate nell’ambito della fase delle indagini preliminari del procedimento penale o in quello della fase giudiziale di esso che ne seguirà. Le sentenze della GCUE devono essere obbligatoriamente attuate spetta allo Stato membro cui appartiene il giudice di rinvio scegliere, nella sua massima discrezionalità, come adempiere a questo onere. Ergo la remissione degli atti al PM perché sani le irregolarità mancate informazioni sulle accuse, lesione dei diritti alla difesa ed al contraddittorio ex artt. 6 Cedu e 47 Carta di Nizza etc. rientra tra queste misure. Sul tema EU C 2019 622 e 2016 514 nella rassegna del 26/8/16 è pressoché identica alla EU C 2020 94, C-688/18 del 13/2/20. EU C 2020 73, C-5151/17 5 FEBBRAIO 2020 TUTELA DELLA PROFESSIONE AVVOCATO E DOCENTE UNIVERSITARIO – IMCOMPATIBILITÀ. Un docente universitario può rappresentare quale legale il proprio datore in giudizio innanzi ad una Corte dell’UE? L’ordinanza del Tribunale dell’UE del 13 giugno 2017, Uniwersytet Wrocławski/REA T 137/16, non pubblicata, EU T 2017 407 , è annullata con rinvio al Tribunale. Il Tribunale aveva ritenuto irricevibile l’impugnazione di alcune decisioni dell’Agenzia esecutiva per la ricerca REA , che sospendevano sovvenzioni all’Università con obbligo di rimborso delle stesse, perché patrocinate da un consulente legale che era docente presso la stessa mancava perciò il requisito dell’indipendenza. In Polonia oltre all’avvocato le cause possono esser patrocinate dai consulenti legali, ma per il Trib.UE, la loro attività verrebbe necessariamente influenzata dall’ambiente professionale in cui opera. Per il Trib. UE la nozione d’indipendenza presuppone un onere negativo di assenza di altri impieghi nella fattispecie il consulente era dipendente dell’università patrocinata in giudizio. La nozione di avvocato prevista dallo Statuto di detta giurisdizione dell’UE prevede un divieto la parte non può rappresentarsi da sola ed un onere deve essere assistita da un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo, SEE . La parte deve avere diritto alla tutela di una giurisdizione effettiva ex articolo 47 Carta di Nizza equivalente all’articolo 6 Cedu . Orbene il consulente legale è equiparato dal diritto polacco ad un avvocato perciò soddisfaceva questi requisiti ed il rigetto del ricorso per irricevibilità è illecito. Sul tema EU C 2012 553 e 2018 553.