RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. II A.S comma NORVEGIA 17 DICEMBRE 2019, RIC.60371/15 TUTELA DEI MINORI MADRE SINGLE PMA DIRITTO DI VISITA DELLA MADRE SOCIALE. Le Corti interne devono avere un approccio rigoroso nel decidere i casi di abbandono di minore. Classico caso di madre single, che aveva avuto il figlio tramite PMA, cui è stato sottratto sulla base della sua presunta incapacità di prendersene cura che gli aveva comportato dei ritardi nello sviluppo psico-fisico. La Corte le aveva concesso solo due incontri all’anno col figlio della durata di un’ora e non aveva considerato gli sforzi della donna per migliorare il suo rapporto col bimbo e prendersene adeguatamente cura aveva frequentato corsi e seminari per migliorare le sue competenze genitoriali, ma per le Corti erano stati inutili . La CEDU, in questo e nell’altro identico caso Abdi Ibrahim c. Norvegia il minore, figlio di una rifugiata somala era stato affidato ad una famiglia cristiana, malgrado la sua fede musulmana deciso oggi, conferma il principio già espresso nel caso Strand Lobben e altri c. Norvegia [GC] nella rassegna del 13/9/19 secondo cui le Corti chiamate ad imporre restrizioni al diritto di visita ed altre misure che possano ledere i diritti del minore ad avere un legame con i genitori devono essere adottare al termine di un processo decisionale estremamente rigoroso, dopo il vaglio di tutte le circostanze sottese al caso e con un’adeguata approfondita motivazione cosa che non è stata fatta nella fattispecie in esame. Violati i diritti della madre e del minore ex articolo 8 Cedu stante anche il fatto che sin da subito l’affido, che di per sé è una misura temporanea per far fronte a situazioni d’emergenza presunto abbandono del minore era stato qualificato come a lungo termine . SEZ. IV e II RADZEVIL comma UCRAINA E BACAKSIZ comma TURCHIA 10 DICEMBRE 2019, RICcomma 36600 E 24245/09 RCA – EQUO PROCESSO – RAPPORTI TRA GIUDIZIO PENALE E CIVILE. Non è equo processare in sede civile chi è stato assolto in quella penale. In entrambi i casi i ricorrenti erano stati condannati per le lesioni riportate in sinistri da loro provocati nel primo aveva investito un pedone sulle strisce, poi morto a seguito delle ferite riportate, nell’altro era stato coinvolto in un tamponamento a catena. Radzevil si lamenta che non gli furono letti i diritti, gli fu fatto firmare un documento dalla polizia senza poterlo leggere e che in ogni caso non avrebbe potuto farlo perché gli avevano sequestrato gli occhiali da vista etc. Nell’altro il ricorrente si lamenta di essere stato condannato in sede civile a risarcire la propria assicurazione per l’indennizzo versato alle vittime del sinistro laddove era stato assolto con formula piena in sede penale per le Corti turche il giudicato penale non è vincolante nella causa civile. In entrambi i casi è stato violato l’articolo 6 nel secondo solo per l’eccessiva durata del processo . I diritti alla difesa ed al contraddittorio, soprattutto quello a tacere per non autoincriminarsi e ad avere l’assistenza legale devono essere garantiti in ogni fase del processo sin dall’interrogatorio di polizia. Orbene anche se al primo ricorrente è stata fatta firmare una deposizione che non ha potuto leggere perché era senza occhiali, gli sono state date informazioni sommarie sui suoi diritti durante il processo vero e proprio in cui ha potuto contestare tutto ciò e le prove a suo carico. Inoltre, non è vero che non è stato assistito da un legale di sua scelta sin dall’inizio i legali di fiducia che aveva nominato durante l’interrogatorio erano dei praticanti abilitati al patrocinio e non potevano assumere la sua difesa perché, stante le accuse gravi, il patrocinio doveva esser affidato ad un professionista non è stata perciò lesa l’equità del processo. Lo è stata invece nell’altro caso il processo per essere equo si deve basare sul contraddittorio, stante il fatto che la contumacia, laddove è assicurata dal sistema interno la possibilità di revisionare la decisione non è incompatibile con l’equo processo. Le autorità devono fare ogni sforzo possibile per informare l’interessato sul processo a suo carico, stante il fatto che l’articolo 6 nulla statuisce sulle modalità di notifica rimettendole alla discrezionalità dei singoli Stati. Le autorità turche, pur disponendo di due indirizzi residenza e lavoro cui notificare la citazione hanno fatto un unico tentativo a quello della vecchia residenza, anche se sarebbe stato più logico notificarla all’altro ove in effetti il ricorrente era reperibile. Inoltre, non hanno tenuto conto dell’intervenuto giudicato penale che aveva addossato le responsabilità del sinistro all’altro conducente, né hanno voluto riascoltare i testi, rivalutare le prove la decisione era basata su una datata perizia. La procedura nel complesso è viziata da eccessivo formalismo in netto contrasto con articolo 6 Cedu. Sul tema Beuze c. Belgio[GC], Nazarenko c. Ucraina nelle rassegne del 9/11/18 e 1/12/17, Karakuş c. Turchia del 7/3/17 ed Hermi c. Italia [GC] del 2006.