RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2019 828, C 274/18 3 OTTOBRE 2019 TUTELA DEI LAVORATORI DURATA DEI CONTRATTI A TERMINE PAR CONDICIO DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE DISCRIMINAZIONE INDIRETTA BASATA SUL SESSO. Trattamento meno favorevole dei lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno quanto alle loro condizioni di impiego – Divieto – Normativa nazionale che fissa una durata massima dei rapporti di lavoro a tempo determinato più lunga per i lavoratori a tempo parziale che per i lavoratori a tempo pieno – Principio del pro rata temporis” –Condizioni di occupazione e di lavoro – Onere della prova. La clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale allegato alla Direttiva 97/81/CE, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, va interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che fissa, per i lavoratori a tempo determinato interessati da tale norma, una durata massima dei rapporti di lavoro superiore per i lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili, a meno che una tale differenza di trattamento sia giustificata da ragioni oggettive e sia proporzionata rispetto a dette ragioni, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. La clausola 4, punto 2, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale va interpretata nel senso che il principio del pro rata temporis ivi considerato non si applica a detta normativa. L’art. 2 § .1 Lett. b Direttiva 2006/54/CE, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, va interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che fissa, per i lavoratori a tempo determinato interessati da tale norma, una durata massima dei rapporti di lavoro superiore per i lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili, se risulta dimostrato che tale normativa incide negativamente su una percentuale significativamente più elevata di lavoratori di sesso femminile che di sesso maschile e se detta normativa non è oggettivamente giustificata da una finalità legittima o se i mezzi impiegati per il suo conseguimento non sono appropriati e necessari. L’art. 19 § .1, di detta direttiva va interpretato nel senso che tale disposizione non impone alla parte che si ritiene lesa da una siffatta discriminazione di produrre, per stabilire un’apparenza di discriminazione, statistiche o fatti precisi relativi ai lavoratori interessati dalla normativa nazionale in oggetto se detta parte non ha accesso o ha accesso solo difficilmente a tali statistiche o fatti. I principi sottesi alla fattispecie sono già stati codificati dalle EU C 2019 703 sul licenziamento dei disabili , 382, 2016 861 e 2013 180. EU C 2019 809, C-93/18 2 OTTOBRE 2019 CITTADINANZA DELL’UE PERMESSO DI SOGGIORNO REQUISITO DEL REDDITO MINIMO. Diritto di soggiorno di un cittadino di uno Stato terzo ascendente diretto di cittadini dell’Unione minorenni – Condizione della disponibilità di risorse sufficienti – Risorse economiche costituite da redditi provenienti da un’attività lavorativa esercitata senza titolo di soggiorno e permesso di lavoro. L’art. 7 § .1 lett. b Direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’UE e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, deve essere interpretato nel senso che un cittadino dell’UE minorenne dispone di risorse economiche sufficienti affinché non divenga un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, durante il periodo di soggiorno, anche quando tali risorse provengono dai redditi derivanti dall’attività lavorativa svolta illegalmente da suo padre, cittadino di uno Stato terzo che non dispone di un titolo di soggiorno e di un permesso di lavoro in tale Stato membro. Infatti il diritto dell’UE si limita a imporre che i cittadini extracomunitari o di un altro Stato dell’UE abbiano la disponibilità di risorse economiche sufficienti per evitare che essi diventino, durante il loro soggiorno, un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, senza stabilire nessun’altra condizione, in particolare per quanto riguarda l’origine di tali risorse economiche , che possono provenire anche da un familiare di un paese terzo. Il diritto di libera circolazione e di stabilimento è un diritto fondamentale, perciò soggetto a tassative limitazioni fissate dalle relative direttive. Sul tema EU C 2016 674 e 2015 476 nella rassegna del 17/7/15 è analoga anche alla EU C 2019 830,C-302/18 del 3/10/19 sulla concessione dello status di cittadino a lungo soggiornante nell’UE ad un camerunense che riceveva redditi dal fratello restato in patria.