RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. V E IV SVANIDZE C. GEORGIA E CIRSTEA C. ROMANIA 25 E 23 LUGLIO 2019, RIC.10696/11 E 37809/08. TUTELA DELLA SALUTE MALPRATICE MORTE DEI PAZIENTI EQUO PROCESSO. Le autorità giudiziarie devono sempre giustificare la detenzione provvisoria anche se di breve durata e nel rispetto del principio dell’immediatezza. In entrambi i casi sono contestate colpe mediche da cui è dipesa la morte dei pazienti che assistevano. Nel primo caso una ginecologa non riconobbe che la paziente aveva un’emorragia interna dovuta alla rottura di una tuba per una gravidanza extrauterina, rifiutò un intervento d’urgenza e la donna morì. Si giustificò dicendo che non aveva potuto operarla per l’assenza della sua anestesista fu condannata in ogni grado di giudizio per negligenza medica. Si lamenta però che in prime cure, in pendenza del giudizio, fu nominato un giudice supplente che non riesaminò le prove e non riascoltò i testi. Nell’altra vicenda un’infermiera delegata alla sorveglianza della sala per le cure intensive dei neonati si recò in un’altra sala dell’ospedale, lasciando incustodita la stanza poco dopo che si era allontanata divampò un incendio in cui morirono 5 neonati e furono ferite altre 6 persone. Fu tenuta in detenzione provvisoria dal 17/10/10 al 6/12/10 quando fu rinviata a giudizio assieme ad altre persone e poi condannata per omicidio colposo e per lesioni gravi colpose. Violato l’articolo 6 § .1 nel primo caso il principio dell’immediatezza, che è stato violato nella fattispecie, prevede che il giudice debba seguire l’intero processo e decidere anche sulla credibilità dei testimoni, cosa che può influire sul processo. L’imputato deve poter sentire e controinterrogare i testi. Da ciò discende il divieto di modifica della composizione del collegio giudicante e, nel caso, l’onere di adottare tutte le misure atte a controbilanciare la situazione. Nella fattispecie la sostituzione del giudice di primo grado era finalizzata ad influenzare l’esito del processo. Ciò ed il rifiuto di riesaminare le prove e di capire il perché dell’assenza dell’anestesista hanno comportato una violazione del suddetto principio. Nel secondo caso è stata ravvisata una deroga all’articolo 5 § .3 relativamente al dovere di motivare la detenzione provvisoria escludendo quelle ai § § . 1 e 4 diritto alla libertà e diritto ad una decisione rapida sulla legalità della detenzione . Per la CEDU anche se la durata complessiva della detenzione cautelare è breve, incombe sulle autorità interne dimostrare che l’accusato costituirebbe un pericolo per l’ordine pubblico se lasciato a piede libero, sì che questa forma di detenzione sia funzionale all’inchiesta penale e non a soddisfare una sete di vendetta e di punizione da parte della collettività. Sui temi Beraru c. Romania del 18/3/14 e Graviano c. Italia del 10/2/05 Radomilja et altri c. Croazia [GC] del 20/3/18 e Merabishvili c. Georgia [GC] del 28/11/17. Presentano analogie anche col caso Kosaitè Cypianè ed altri c. Lituania del 4/6/19 in cui il divieto, imposto dalle leggi interne, di partorire in casa con l’aiuto di una doula è compatibile con la Cedu nessuna deroga all’articolo 8 . SEZ. III VOLODINA C. RUSSIA 10 LUGLIO 2019, RIC.41261/17 VIOLENZA DOMESTICA/CONIUGALE MALTRATTAMENTI DA PARTE DEL COMPAGNO ASSENZA DI TUTELE DISCRIMINAZIONE. La legge russa ha gravi carenze sulla tutela delle vittime di violenze domestiche discriminando le donne. La ricorrente ha denunciato più volte il suo ex compagno che, dopo la loro separazione, divenne violento ha subito stalking, rapimenti, gravi lesioni e minacce anche di morte, ma le autorità interne non sono state in grado di difenderla dalle violenze psico-fisiche inflittele da questo uomo. Violato l’articolo 3 da solo ed in combinato con l’articolo 14 Cedu divieto di discriminazione . Le autorità russe non riconoscendo la violenza coniugale nel loro ordinamento hanno ignorato questo gravissimo problema, non permettendo, quindi, di emettere ordinanze di allontanamento e/o di protezione delle vittime. Questa risposta inadeguata e carenze normative denotano un mancato assolvimento ai doveri di protezione e cura delle donne che sono così discriminate, vittime di tortura e trattamenti degradanti. Sul tema si rinvia a quanto esplicato nel caso Talpis c. Italia nel quotidiano del 2/3/17, perfettamente sovrapponibile alla fattispecie ed alla sez. III § § .51-66 della sentenza per la normativa internazionale ed i Dossier sulla violenza domestica in Russia.