RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. II HARUN GURBUZ comma TURCHIA 30 LUGLIO 2019, RIcomma 68556/10 VALIDITÀ DELLE CONFESSIONI ESTORTE SOTTO PRESSIONE DOVERI DEL LEGALE DI UFFICIO E SCIOPERO EQUO PROCESSO PENALE. L’assistenza legale deve essere sempre garantita salvo espressa e consapevole rinuncia dell’accusato. Si lamenta che durante i due interrogatori della polizia per rispondere delle accuse, in concorso con altri, di vari reati rapina a mano armata, violenze, omicidio etc. a danni di alcuni tassisti di Istanbul ha potuto essere assistito da un avvocato di fiducia, nominato dalla sua famiglia solo dopo il secondo interrogatorio e che durante gli stessi, sotto pressione, aveva confessato detti crimini. La polizia, in realtà, aveva chiamato subito un difensore d’ufficio che aveva rifiutato l’incarico a causa di uno sciopero, dato che il sospettato non era un minorenne . Fu condannato all’ergastolo per l’omicidio ed a 5 anni per la rapina vani i ricorsi. Violato l’art. 6 § § .1 e 3. Le autorità devono sempre informare l’accusato imputato etc. sulle conseguenze della mancata assistenza di un legale, impegnandosi a trovarne uno anche d’ufficio poiché, ai fini dell’equo processo, la rinuncia alla stessa deve essere esplicita e consapevole. Non sono valide le ragioni addotte dalle autorità turche circa l’impossibilità di trovare un legale di ufficio, né si possono invocare carenze del COA nel sanzionare il legale che aveva rifiutato la difesa per lo sciopero e non averne trovato un altro la rinuncia non può essere dedotta dai documenti firmati dal ricorrente che ha sempre chiesto un avvocato di fiducia. L’assistenza legale deve essere garantita dal momento del fermo/arresto sino alla conclusione definitiva del processo penale, perciò era dovuta anche durante detti interrogatori le conseguenze di queste carenze hanno influito sull’esito del giudizio e le autorità avrebbero dovuto essere più attente nel rispettare tali oneri poiché era prevista ex lege una pena superiore a 5 anni. In limine non è stato fatto, come richiesto dal ricorrente, alcun vaglio della veridicità e dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dal coimputato che avevano influito pesantemente sulla sua condanna. Sul tema Ruşen Bayar c. Turchia del 19/2/19 e Beuze c. Belgio [GC] del 9/9/18. SEZ. III HADDAD comma SPAGNA 18 GIUGNO 2019, RIC.16572/17 DICHIARAZIONE DI STATO DI ABBANDONO DI UN MINORE RIFUGIATI FALSE ACCUSE DI VIOLENZE DOMESTICHE. Le autorità spagnole hanno violato la Cedu interrompendo i rapporti padre –figlia. Il ricorrente è un cittadino siriano che si rifugiò in Spagna, paese di origine della moglie assieme ai tre figli minori. La donna, poco dopo l’arrivo in Spagna, denunciò il marito per violenze domestiche, accuse da cui fu assolto con formula piena. I figli furono prelevati dai servizi sociali e piazzati in un centro di accoglienza. Dopo 4 anni furono restituiti ai genitori dato che il ricorrente era stato riabilitato e gli era stata restituita la patria potestà. La figlia minore, però, non fu restituita e restò nel centro di accoglienza per una serie di sentenze inficiate da errori nei rapporti amministrativi sul caso. Violato l’art. 8 Cedu le autorità spagnole avrebbero dovuto adottare misure meno radicali del collocare la minore ed i fratelli in un centro di accoglienza per la preadozione e, come da espresse richieste dei suoi genitori, attivarsi per ristabilire i rapporti della stessa con la sua famiglia di origine dopo che la situazione penale circa le violenze domestiche era stata chiarita. Non hanno compiuto sforzi adeguati a consentire alla bimba di poter vivere con il padre ed i fratelli, ledendo il loro diritto alla serenità familiare. Sul tema Caldararu c. Italia del 22/6/17 e K. et T. c. Finlandia [GC] del 2001. È analoga ad A. e B. c. Croazia le autorità non avrebbero adottato le dovute misure in un caso di violenze sessuali domestiche contro una minore del 20/6/19 ed a Vladimir Ushakov c. Russia del 18/6/19 classico caso di international child abduction in cui la madre, dopo aver inizialmente affidato al padre la figlia minorenne per potersi curare, non gliela ha restituita .