RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. II SIGURDUR EINARSSON ED ALTRI comma ISLANDA 4 GIUGNO 2019, RIC.39757/15 CRAC BANCARIO - CONFLITTO DI INTERESSI - PARZIALITÀ DEL GIUDICE - ONERE DI ASTENSIONE. Il giudice deve astenersi dal processo penale a carico di persone con cui i suoi familiari hanno avuto rapporti di vario genere. Alcuni funzionari e azionisti di una banca fallita nell’ottobre 2008 erano implicati in transazioni finanziarie, poco prima del fallimento, con la famiglia reale del Qatar cui cercarono di vendere azioni. Venivano condannati in primo grado e dalla Corte Suprema per manipolazione del mercato, abuso di fiducia etc Contestano che la moglie del giudice della Corte Suprema che ha emesso la condanna era impiegata presso l’autorità finanziaria islandese che aveva condotto l’indagine a loro danno, mentre il figlio era stato impiegato presso l’ufficio legale della banca anche durante la sua liquidazione quale consulente c’era un chiaro conflitto d’interessi per il quale il giudice avrebbe dovuto astenersi, sì che era venuta meno la sua imparzialità. Contestano anche violazione della loro privacy familiare per le intercettazioni che li riguardavano ed altre violazioni dell’equo processo mancata escussione di alcuni testi, divieto di accesso agli atti etc. . La CEDU, rigettando queste ultime censure, escludendo trasgressioni all’art. 6 § § .1 e 3 in tal senso, ha ravvisato solo una deroga all’art 6 § .1 per la carenza di imparzialità del giudice che li ha condannati. Il legame familiare tra il giudice e dette persone che avevano avuto rapporti, più o meno stretti, con la banca fallita, seppure non direttamente coinvolti nel processo a carico dei ricorrenti il figlio era estraneo ai fatti e la moglie non era né titolare del fascicolo da cui era scaturito il processo, né era intervenuta allo stesso può legittimare i timori dei ricorrenti che il giudice in questione non fosse imparziale. Infatti questo legame fa insorgere il legittimo dubbio di un conflitto d’interessi. Sarebbe stata opportuna, perciò, la sua astensione dal processo nel rispetto dei doveri imposti ex lege in questi casi. Sul tema Denisov c. Ucraina [GC] nella rassegna del 28/9/18, Micallef c. Malta [GC] del 2009 e Wettstein c. Svizzera del 2000. Sempre sull’equo processo penale ed amministrativo si vedano i casi Rola c. Slovenia e Nodet c. Francia del 4 e 6/6/19 circa le contestazioni del divieto del ne bis in idem nel primo relativamente ad un processo contro un curatore fallimentare che era intervenuto in procedure concorsuali malgrado la revoca dell’abilitazione a svolgere questa professione e Bosak ed altri c. Croazia del 6/6/19, relativamente alla liceità delle intercettazioni ed al rispetto delle garanzie processuali dei ricorrenti. SEZ. IV ELISEI-UZUN ED ANDONIE comma ROMANIA 23 APRILE 2019, RIcomma 42447/10 TUTELA DEI LAVORATORI - RETRIBUZIONE DEI GIUDICI - DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE – SUCCESSIONI DI LEGGI. Non c’è deroga all’equo processo se l’errore tecnico non influisce sull’esito della sentenza. Due magistrati si videro riconosciuto, in tutti i gradi di giudizio, il diritto ad un premio di fedeltà il rifiuto di pagarglielo era discriminatorio. Per un errore materiale nella sentenza, però, non gli fu versato i giudici avevano scritto premio di riservatezza confidelitate anziché fidelitate . Vani i ricorsi per la correzione dell’errore, anzi fu acclarato che non si trattava di un mero errore materiale. Nelle more poi la Consulta dichiarò incostituzionali le norme antidiscrimazione su cui si era basata la decisione favorevole ai giudici ricorrenti, che fu, perciò, annullata su richiesta dei Ministeri MEF e Giustizia originariamente convenuti. La CEDU non ha ravvisato deroghe agli artt. 6 e 1 protocollo 1 Cedu. Infatti uno degli aspetti fondamentali dello stato di diritto è la certezza del diritto una sentenza passata in giudicato non può più essere rimessa in discussione. Il riesame e la revisione della sentenza non devono comportare alcuna nuova analisi del merito concessa in casi eccezionali e tassativi della questione, ma solo la correzione di errori materiali e giudiziari non possono essere un nuovo ricorso sotto mentite spoglie . Le Corti interne, alla luce anche dalla sentenza della Consulta in materia, hanno agito correttamente e le parti hanno esercitato ampiamente i loro diritti alla difesa l’errore era un’ininfluente svista tipografica. Sul tema Regner c. Repubblica Ceca [GC] del 19/9/17, Dhahbi v. Italia dell’8/4/14 e Centro Europa 7 Srl e di Stefano c. Italia [GC] del 2012.