RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2019 232, C-590/17 21 MARZO 2019 TUTELA DEL CONSUMATORE CLAUSOLE VESSATORIE PRESTITO TRA DATORE E LAVORATORE LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CONSEGUENZE. Nozioni di consumatore” e di professionista” – Finanziamento dell’acquisto di un’abitazione principale – Mutuo immobiliare concesso da un datore di lavoro al suo dipendente e al coniuge di quest’ultimo, co-mutuatario in solido. L’art. 2, lett. b , Direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, va interpretato nel senso che il dipendente di un’impresa e il suo coniuge, che concludono con detta impresa un contratto di mutuo, riservato in via principale ai membri del personale di tale impresa, destinato a finanziare l’acquisto di un bene immobile per fini privati, devono essere considerati consumatori , ai sensi di tale disposizione. L’art. 2, lett. c va interpretato nel senso che detta impresa deve essere considerata un professionista , ai sensi della disposizione in parola, qualora concluda un siffatto contratto di mutuo nell’ambito della propria attività professionale, anche se concedere finanziamenti non costituisce la sua attività principale. I principi sottesi alla fattispecie sono stati codificati dalle EU C 2018 320 e 2015 538, nella rassegna del 18/5/18 e sono stati ribaditi da recentissime pronunce della CGUE EU C 2019 207, C-118/17 del 14/3/19 riconosce il potere della Cassazione di adottare decisioni vincolanti sull’attuazione della Direttiva 93/13/CEE, purchè esse non impediscano al giudice di garantire il pieno effetto di tali norme e garantiscano al consumatore rimedi efficaci per la tutela dei propri diritti assicurati dalla Direttiva stessa e di poter sollevare pregiudiziali in tal senso e EU C 2019 123, C-630/17 del 14/2/19 nel criticare le restrizioni illegali alla libertà di prestazione di servizi previste dalla legge croata, esclude che possa rientrare nella nozione di consumatore chi contrae un mutuo per ristrutturare la propria dimora per trasformarla in una struttura ricettiva turistica . Oggi, poi, sono state depositate varie sentenze sull’Italia EU C 2019 237, 233, 243 e 242, C 350,351/17, 702/17, 498/17 e 245/17 relative alla nozione di operatore interno negli appalti di trasporto pubblico di passeggeri, al rimborso per cessazione anticipata delle concessioni gestore di luce, acqua e gas , alla procedura d’infrazione per le discariche abusive e lo smistamento di rifiuti ed alla responsabilità del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario. EU C 2019 115, C-562/17 14 FEBBRAIO 2019 IVA – RIMBORSI ERRORI NELL’INDICARE IL NUMERO D’IDENTIFICAZIONE IVA IN FATTURA. Modalità di rimborso dell’IVA – Principi di equivalenza e di effettività – Impresa non stabilita nell’Unione europea – Decisione anteriore e definitiva di diniego del rimborso dell’IVA. Le disposizioni della tredicesima direttiva 86/560/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità, devono essere interpretate nel senso che non ostano a che uno Stato membro limiti nel tempo la possibilità di rettificare fatture erronee, ad esempio tramite la rettifica del numero di identificazione per l’imposta sul valore aggiunto IVA inizialmente indicato sulla fattura, ai fini dell’esercizio del diritto al rimborso dell’IVA, purché i principi di equivalenza e di effettività siano rispettati, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Gli artt. 170 e 171 Direttiva 2006/112/CE stabiliscono il diritto alla detrazione od al rimborso dell’IVA, richiamando le disposizioni della XIII Direttiva e della Direttiva 2008/9. La VI Direttiva IVA 77/388 poi non vietava affatto agli Stati membri di accettare la rettifica di una fattura incompleta dopo che l’amministrazione tributaria avesse adottato una decisione che negava il diritto a detrazione o il diritto al rimborso dell’IVA . Inoltre se l’amministrazione tributaria dispone delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo è debitore dell’IVA, essa non può imporre condizioni supplementari che possono avere l’effetto di vanificare l’esercizio del diritto alla detrazione od al rimborso dell’IVA. Sul tema EU C 2018 166, 2016 691, 2013 297 e 2010 569.