RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. II HOINESS comma NORVEGIA 19 MARZO 2019, RIcomma 43624/14 DIFFAMAZIONI SESSISTE SU UN FORUM ONLINE RESPONSABILITÀ DEL MODERATORE CONDANNA DELL’ATTORE DELL’AZIONE D’INDENNIZZO CONSEGUENZE. Il rigetto della querela per post inopportuni su un forum, con relativa condanna alle spese di lite, non viola la privacy della ricorrente. Una nota avvocatessa che fu oggetto di volgari offese sessiste assillo sessuale” su un forum online. Per essere risarcita della lesione alla sua reputazione e per diffamazione, citò in giudizio la società che ospitava il forum sul proprio sito web, l’editore del portale ove era pubblicato ed il moderatore dello stesso, ma le Corti hanno dato ragione ai convenuti esistevano pulsanti per segnalare i commenti molesti od inopportuni e le offese erano state rimosse. Fu, perciò, condannata alle spese di lite. Non c’è stata alcuna violazione dell’articolo 8 Cedu, poiché le Corti interne, in ottemperanza alle linee guida in materia dettate dalla GC Delfi AS c. Estonia nel quotidiano del 16/6/15 e nei limiti della loro discrezionalità, hanno equamente bilanciato il diritto alla tutela della reputazione con la libertà d’espressione ex articolo 10 del portale di attualità e del gestore del forum ivi ospitato. Ergo la soccombenza della ricorrente e la sua condanna alle spese, seppure ad una somma considerevole, non violano l’articolo 8 come asserito dalla ricorrente. Più precisamente nella fattispecie non c’era stata una violazione di doveri positivi e negativi di uno Stato, ma un’asserita carenza di protezione da parte di privati, per altro non perseguibili, poiché gli unici responsabili erano gli autori dei post incriminati. Questi commenti erano inseriti in un forum ospitato in un portale di attualità e non avevano alcuna connessione con gli articoli in esso pubblicati. La presenza di moderatori, l’avere bloccato nuove offese e la possibilità che gli utenti potessero segnalare i commenti inopportuni dimostrano che i convenuti avevano rispettato i loro doveri di vigilanza, essendo così esenti da colpe ed avendo agito negli ambiti tutelati dalla libertà d’espressione da ciò il rigetto delle censure della ricorrente e la sua soccombenza. Sul tema Pihl c. Svezia del 7/2/17 e Von Hannover c. Germany numero 2 [GC] del 2012. SEZZ. IV E II PREBIL comma SLOVENIA E ZULFIKARI E PEKCAN comma TURCHIA 19 MARZO 2019, RICcomma 29278/16 E 63702/05 DIRITTO SOCIETARIO DESTITUZIONE DI MEMBRO DEL CONSIGLIO DI VIGILANZA CESSIONE DI SOCIETÀ SENZA L’AVALLO DEGLI AZIONISTI. Escludere ipso iure azionisti e consiglieri da una società viola i loro diritti alla difesa ed alla tutela della proprietà. Nel primo caso il ricorrente ed un altro membro del consiglio di vigilanza di una società furono destituiti per aver partecipato ad una bagarre per impedire ad altri membri del consiglio di lasciare la riunione, facendo venire meno il quorum richiesto. Non fu riammesso nelle sue funzioni nemmeno dopo aver vinto in appello. Vani i ricorsi non gli fu riconosciuto alcun interesse giuridico alla reintegra. Nell’altra vicenda i ricorrenti sono azionisti di una banca che, viste le forti perdite, ben superiori alle entrate, fu trasferita ad un Fondo di garanzia dello Stato, malgrado il dissenso dei maggiori azionisti. Col trasferimento persero i loro beni. Vani tutti i ricorsi. Nel primo caso c’è stata una chiara violazione dell’equo processo articolo 6 § .1 Cedu , poiché al ricorrente non è stata data alcuna possibilità di difendersi dalle accuse mossegli nel procedimento interno che ha portato alla sua destituzione, né di essere reintegrato, sì che sono stati lesi i suoi diritti alla parità delle armi ed al contraddittorio. Analoghe violazioni procedurali hanno comportato, nell’altra vicenda, un’eccesiva ed arbitraria interferenza nei diritti economici ex articolo 1 protocollo 1 Cedu dei ricorrenti, perché la sottrazione delle loro azioni e quindi dei loro beni, seppure per difendere e stabilizzare un settore di rilevanza nazionale come quello bancario, era avvenuta in violazione del principio di certezza del diritto e quindi non aveva alcuna valida base legale. Inoltre non c’è stato un giusto equilibrio tra gli interessi collettivi ed i diritti fondamentali degli azionisti ricorrenti che, in qualità di soci minoritari, già godevano di minori tutele. Sui temi Regner c. Repubblica Ceca [GC] del 19/9/17,Yaşar Holding A.Ş. c. Turchia del 4/4/17 e Guiso-Gallisay c. Italia dell’8/12/05.