RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. IV TOTHPAL E SZABO comma ROMANIA 19 FEBBRAIO 2019, RIcomma 28617/13 E 50919/13 LIBERTÀ RELIGIOSA - ESERCIZIO ABUSIVO DI UNA PROFESSIONE - CONDANNE DEI PRETI - LICEITÀ. Il prete dissenziente spretato” può dire messa e lo Stato non può impedirlo. Un pastore evangelico luterano ed un sacerdote di una Chiesa Riformata, malgrado fossero stati licenziati il primo a seguito di un procedimento disciplinare, l’altro per un conflitto all’interno della sua Chiesa e privati dell’abito talare, avevano persistito nell’esercizio della loro professione e delle loro funzioni. Le Chiese li denunciarono per esercizio abusivo della professione di prete e furono condannati in tutti i gradi di giudizio fu inoltre confermata la destituzione dall’incarico religioso e l’interdizione dallo svolgere le relative funzioni. Violata la libertà religiosa dei ricorrenti art. 9 Cedu se da un lato le condanne avevano una base legale e perseguivano il fine legittimo di tutelare i diritti delle loro relative Chiese e dei loro fedeli, dall’altro non rispondevano a bisogni imperiosi e violavano la libertà di manifestare la loro religione, essendo un’arbitraria ingerenza dello Stato. Infatti le loro comunità si erano divise e questa divisione aveva comportato il loro licenziamento ed anche se avevano continuato, una volta privati dell’abito talare a amministrare sacramenti come nozze, battesimi, funerali, suscettibili anche di avere risvolti giuridici, avevano il sostegno di parte dei fedeli. Le misure dello Stato che vertono a favorire il capo di una comunità religiosa divisa o che la costringono a sottostare sotto un’unica direzione costituiscono un attentato alla libertà religiosa in una democrazia uno Stato non può imporre alle comunità religiose divise di dimorare od essere piazzate sotto un’unica autorità, perché ciò viola anche il pluralismo religioso che deve essere garantito in una democrazia. Sul tema Radomilja e altri comma Croazia [GC] del 20/3/18 ed Agga comma Francia e Grecia n. 2 del 17/10/02. SEZ. V KHADIJA ISMAYILOVA comma AZERBAIJAN 10 GENNAIO 2019, RICcomma 65286/13 E 57270/14 DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA E WEB – SEXTAPING - CAMPAGNA DIFFAMATORIA CONTRO REPORTER. Gravi carenze delle autorità interne nell’investigare su una seria intrusione nella privacy di una nota reporter. Una giornalista molto famosa per i suoi reportage contro politici e governo veniva coinvolta in uno scandalo. Lo Stato, sfruttando i suoi impiegati, rubò video privati della donna col partner e li pubblicò, accusandola poi di condotta immorale e di aver spinto un collega al suicidio, condannandola in sede penale. Violati gli artt. 8 e 10 Cedu. Infatti le autorità interne hanno commesso gravi omissioni e carenze, venendo meno ai loro doveri positivi e negativi di protezione e cura, nell’investigare sulla seria intrusione nella privacy della ricorrente non hanno preso in considerazione il possibile legame tra la sua attività di nota giornalista investigativa estremamente critica contro il governo e gli atti ritorsivi perpetrati nei suoi confronti, non hanno esaminato le sue denunce, non hanno seguito piste seppure evidenti, ignorando la confessione dell’ingegnere che aveva cablato abusivamente la sua casa, possibili abusi di potere della autorità oggetto dei suoi reportage. Infine hanno esacerbato una situazione grave e delicata, come la palese violazione della privacy sua, dei familiari ed amici che frequentavano la sua casa, pubblicando informazioni personali e private superflue indirizzo, identità del partner etc. ed andando al di là di quanto lecito per informare il pubblico su un possibile tema d’interesse collettivo. Inoltre è stata messa a tacere la sua libertà d’espressione ed il suo diritto di cronaca con questi atti intimidatori sino ad accusarla ingiustamente di aver istigato il suicidio del collega. La CEDU rileva che in generale in questo Stato si tende a perseguitare i cronisti lasciando impuniti i colpevoli. Sul tema Raccomandazione 4/16 del Comitato del Consiglio dei Ministri del COE che fornisce le linee guida sulla protezione dei giornalisti Alkovic comma Montenegro, A.B.comma comma Norvegia [GC] e Dubská e Krejzová comma Repubblica Ceca [GC] nelle rassegne del 9/2/17 e 18/11/16. È analoga al caso Taşkaya et Ersoy comma Turchia ricomma 72068/10 del 22/1/19 in cui la CEDU ha negato che la dura campagna stampa contro un’avvocatessa che aveva fatto destituire un console straniero ledesse la reputazione sua e del figlio ex art. 8 Cedu.