RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2019 60, C-477/17 24 GENNAIO 2019 TUTELE PREVIDENZIALI E SULLA SICUREZZA SUL LAVORO RICONOSCIUTE AI PATTINATORI DI HOLIDAY ON ICE PROVENIENTI DA PAESI TERZI. Regolamento UE n. 1231/2010 – Normativa da applicare Estensione del beneficio dell’attestato A 1 ai cittadini di paesi terzi che risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro – Residenza legale – Nozione. Ai sensi dell’art. 1Regolamento UE n. 1231/2010 i cittadini di paesi terzi, quali quelli di cui trattasi nel procedimento principale, che soggiornino e lavorino temporaneamente in diversi Stati membri alle dipendenze di un datore di lavoro stabilito in uno Stato membro, possono invocare il beneficio delle norme di coordinamento previste dai regolamenti CE n. 883/2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, e CE n. 987/2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004, espressamente estesi a tutti i cittadini extracomunitari cui non sono applicabili in ragione della nazionalità dal Regolamento 1231/2010 al fine di determinare a quale legislazione in materia di sicurezza sociale sono soggetti, purché risiedano e lavorino legalmente nel territorio degli Stati membri. Il fine di queste norme è assicurare loro una tutela previdenziale ed evitare le complicazioni derivanti dall’assoggettamento a leggi di diversi Stati. La loro posizione è equiparabile a quella dei lavoratori distaccati od in trasferta. La sede della ditta che organizza i celebri spettacoli è in Olanda, ma questi si svolgono in tutta l’UE. Spetta al giudice investito della lite trovare i corretti criteri di collegamento applicabili e rilasciare l’attestato A1 in cui è indicata la legge dello Stato cui sono soggetti. Sul tema EU C 2014 1291, 2017 1004 e 1014 nella rassegna del 5/1/18. EU C 2019 43, C-193/17 22 GENNAIO 2019 TUTELA DEI LAVORATORI INDENNITÀ PER LAVORO DURANTE LE FESTIVITÀ RELIGIOSE RICONOSCIUTA SOLO PER ALCUNI CREDI DISCRIMINAZIONE SOLUZIONI. La legge austriaca nel riconoscere un giorno di riposo il Venerdì Santo od un’indennità ai dipendenti fedeli di alcuni credi discrimina gli altri lavoratori. Gli artt. 1 e2 § .2 Direttiva 2000/78 / CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in occupazione e lavoro, dovrebbero essere interpretati nel senso che la legislazione nazionale in virtù della quale, da un lato, il Venerdì Santo è una festa solo per i lavoratori appartenenti a talune chiese cristiane Chiese evangeliche di confessione Augustana e di confessione elvetica, della Chiesa vetero-cattolica e della Chiesa evangelica metodista, nda e, d'altro, solo questi hanno diritto, se sono tenuti a lavorare durante tale giorno festivo, ad un'indennità supplementare alla retribuzione percepita per i servizi prestati durante quel giorno, costituisce una discriminazione diretta fondata sulla religione. Le misure previste da questa normativa nazionale non possono essere considerate né necessarie per la salvaguardia dei diritti e delle libertà altrui, ai sensi dell'art. 2 § .5, né misure specifiche per compensare gli svantaggi connessi alla religione ai sensi dell'art. 7 § .1. L'art. 21 Carta di Nizza deve essere interpretato nel senso che, finché lo Stato membro interessato non ha modificato, al fine di ripristinare la parità di trattamento, questa sua legislazione, un datore di lavoro privato ad essa soggetto ha l’obbligo di accordare anche agli altri suoi lavoratori il diritto ad un giorno festivo il Venerdì santo, purché questi ultimi abbiano chiesto in anticipo a detto datore di lavoro di non dover lavorare quel giorno e, di conseguenza, di riconoscere a tali lavoratori il diritto ad un’indennità complementare alla retribuzione percepita per le prestazioni svolte in tale giorno, quando detto datore di lavoro non abbia accolto siffatta richiesta. La CGUE rileva come questa sia una discriminazione diretta fondata sulla religione perché la previsione di un giorno supplementare di festa, non compreso tra quelli ufficiali dello Stato dell’Austria nel nostro caso e l’astensione dal lavoro del dipendente non è giustificata dal rispetto di un precetto religioso, ma dall’appartenenza ad un determinato credo, sì che si crea una disparità con chi ne professa altri, gli atei etc. che non trova alcuna giustificazione, perciò, nella tutela della libertà religiosa né risulta necessaria in una società democratica. Sul tema EU C 2017 198, 2018 180, 257, 492,871 e 872 nelle rassegne del 10/3/17, 12/3 e 9/11/18 e nei quotidiani del 26/6 e 6/11/18. È analoga alla EU C 2019 49, C-272/17 del 23/1/19 sulla deduzione pro quota dall’Irpef relativa ai contributi previdenziali nel caso in cui un dipendente, disoccupato in patria, si trasferisca a lavorare in un altro Stato nel corso dell’anno solare.