RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. I POJATINA comma CROAZIA 4 OTTOBRE 2018, RIcomma 18568/12 PARTO IN CASA - RIFIUTO DI ASSISTENZA MEDICA E CURE POST NATALI. Lecito negare il parto a domicilio e le cure post natali a chi ne usufruisce. La ricorrente, vista la sua obesità, chiese al Consiglio dell’ordine delle ostetriche aiuto per partorire il suo quarto figlio in casa, ma le fu rifiutato perché la legge croata non prevede questa eventualità, salvo che una donna sia impossibilitata a fare un’altra scelta. Le furono rifiutate le cure postnatali ed ebbe difficoltà a far registrare il figlio all’anagrafe, ottenendo un certificato di nascita, visto che fu una sua libera scelta partorire in casa con una levatrice straniera. Nessuna violazione dell’art. 8 Cedu la Croazia, la cui legge interna in materia presenta ambiguità che dovranno essere chiarite, ha equamente bilanciato gli interessi della ricorrente e quelli dello Stato volti a tutelare la sicurezza e la salute delle madri e dei neonati. Infatti la donna era stata chiaramente informata dal Consiglio dell’ordine delle ostetriche e dal Ministero della Salute delle restrizioni in materia. Inoltre il divieto di parto in casa, assistito da levatrici, anche straniere, è volto ad evitare eventuali adozioni illegali. Per la Cedu si tratta di limiti leciti, perché, malgrado l’evoluzione del diritto su tali tematiche, a livello di diritto comparato dei vari Stati del COE Dubská and Krejzová c. Repubblica Ceca [GC] del 15/11/16 sussistono diverse disparità di disciplina. Sul tema A.B. c. Norvegia e Parrillo c. Italia [GC] nella rassegna del 18/11/16 e nel quotidiano del 27/8/15. SEZ. III MUTU E PECHSTEIN comma SVIZZERA 2 OTTOBRE 2018, RICcomma 40575 E 67474/10 LOTTA AL DOPING - LICEITÀ DELLE DECISIONI DELLA GIUSTIZIA SPORTIVA. I processi innanzi al TAS sono equi, ma devono garantire pubbliche udienze. I ricorrenti sono sportivi professionisti un calciatore ceduto dal Parma al Chelsea ed una pattinatrice di velocità. Rilevata la loro positività a sostanze dopanti, furono sottoposti a processi innanzi alle relative commissioni disciplinari sportive FIFA ed ISU ed al TAS Tribunale Arbitrale dello sport . Lamentano che le procedure disciplinari ed innanzi al TAS non furono eque. La CEDU ritiene che, nel complesso, i processi innanzi al TAS offrono le garanzie di equità richieste dall’art. 6 Cedu, tanto più che i ricorrenti non hanno espressamente rifiutato la clausola compromissoria inserita nei loro contratti, perciò le doglianze sulla mancanza di imparzialità ed indipendenza del TAS sono state respinte. La norma è, però, stata violata relativamente al rigetto delle richieste della pattinatrice di tenere pubbliche udienze il dibattito sul fondamento della sanzione per doping doveva avvenire sotto il controllo del pubblico. Infatti i principi relativi alla pubblicità dell’inchiesta nelle cause in materia civile valgono non solo per i tribunali ordinari, ma anche per le giurisdizioni degli ordini professionali che decidono questioni disciplinari od attinenti alla deontologia. Sul tema Liga Portuguesa de Futebol Profissional c. Portogallo del 17/5/16, Grande Stevens ed altri c. Italia nel quotidiano del 5/3/14 e Döry c. Svezia del 12/11/02. Si rinvia ai capitoli III – VI della sentenza per le norme internazionali in materia e per i regolamenti interni del TAS, FIFA ed ISU.