RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2018 732, C-310/18 PPU 19 SETTEMBRE 2018 EQUO PROCESSO PRESUNZIONE D’INNOCENZA. Riferimenti in pubblico alla colpevolezza – Mezzi di ricorso – Procedimento di controllo della legittimità di una misura di custodia cautelare. Gli artt. 3 e 4 § .1 Direttiva UE 2016/343, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano all’adozione di decisioni preliminari di natura procedurale, come una decisione di mantenere una misura di custodia cautelare adottata da un’autorità giudiziaria, fondate sul sospetto o su indizi di reità, purché tali decisioni non presentino la persona detenuta come colpevole. Invece, tale direttiva non disciplina le condizioni in cui possono essere adottate le decisioni di custodia cautelare. La CGUE si conforma alla prassi della CEDU secondo cui l’adozione ed il mantenimento di una misura di custodia deve fondarsi su motivi plausibili che l’indiziato imputato etc. abbia commesso il reato. Sul tema Aliyev c. Azerbaidjian nella rassegna del 21/9/18, Fox, Campbell e Hartley c. Regno Unito del 30/3/90, Sergey Denisov ed altri c. Russia e, relativamente all’esecuzione di un MAE, Paci e Pirozzi c. Belgio nelle rassegne del 22/4/16 e 20/4/18 EU C 2017 1026 e 2016 610. Sempre sull’equo processo rectius sul diritto a un ricorso effettivo ed a un giudice imparziale si vedano EU C 2018 739, C-325 e 375/18 PPU sul diritto di visita e sulle tutele nei casi di international child abduction e la EU C 2018 744, C-214/17 del 20/9/18 sulla possibilità del debitore, residente in un altro Stato, di ridurre l’importo degli alimenti. EU C 2018 735, C-109/17 19 SETTEMBRE 2018 TUTELA DEI CONSUMATORI-MUTUO IPOTECARIO PRATICHE COMMERCIALI SLEALI ESECUZIONI IPOTECARIE. Nuova valutazione del bene immobile prima della vendita all’asta – Validità del titolo esecutivo – Mezzi adeguati ed efficaci contro le pratiche commerciali sleali e divieto posto al giudice nazionale di valutarne l’esistenza – Impossibilità di sospendere il procedimento di esecuzione ipotecaria – Codice di buona condotta – Assenza di carattere giuridicamente vincolante di tale codice. L’art. 11 Direttiva 2005/29/CE pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che vieta al giudice del procedimento di esecuzione ipotecaria di controllare, d’ufficio o su istanza di parte, la validità del titolo esecutivo sotto il profilo dell’esistenza di pratiche commerciali sleali e che, in ogni caso, vieta al giudice competente a deliberare nel merito sull’esistenza di tali pratiche di adottare provvedimenti provvisori, come la sospensione del procedimento di esecuzione ipotecaria. Non osta, però, a una normativa nazionale che non conferisce carattere giuridicamente vincolante a un codice di condotta come quelli indicati all’art. 10 di tale direttiva. Infatti l’accertamento del carattere sleale di una pratica commerciale non è idoneo a dimostrare ipso iure quello abusivo di una clausola contrattuale il contratto è valido e costituisce un titolo esecutivo. Il giudice non è tenuto, perciò, come da prassi sulla Direttiva CE 93/13 clausole vessatorie a rilevarne l’abusività e, se provata, al consumatore è riconosciuta la possibilità, a posteriori, di esperire un’azione risarcitoria. Ogni Stato ha la discrezionalità di adottare le misure che ritiene adeguate ed efficaci a contrastare le pratiche commerciali sleali. Infine l’art. 6 D.2005/29 considera una pratica sleale il mancato rispetto dei codici di condotta nel nostro caso quello sulle buone pratiche bancarie , tuttavia non impone agli Stati membri di prevedere delle conseguenze dirette nei confronti dei professionisti per il solo motivo che questi ultimi non abbiano rispettato un codice di condotta dopo avervi aderito . Sul tema EU C 2012 144, 2013 164, 2015 225 e 2017 703 nella rassegna del 22/9/17. Sentenza analoga alle EU C 2018 750, C-51/17 ed EU C 2018 745, C-448/17 del 20/9/18 sulla rilevabilità d’ufficio delle clausole abusive nei contratti e sulla compatibilità col diritto dell’UE della normativa nazionale che subordina la facoltà d’intervento in giudizio di un’associazione per la difesa del consumatore al suo consenso.