RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZZ. V E III SARISHVILI – BOLKVADZE comma GEORGIA E MAZEPA ED ALTRI comma RUSSIA 19 E 17 LUGLIO, RIcomma 58240/08 E 15086/07 TUTELA DELLA VITA - ERRORI MEDICI - ASSASSINIO DELLA POLITKOVSKAYA. Ogni vita vale e lo Stato deve punire i colpevoli ed indennizzare le vittime. Le ricorrenti sono la madre di un giovane morto per il riacutizzarsi di un’ulcera, dovuta ad un incidente sul lavoro e la madre, la sorella e la figlia della nota giornalista russa assassinata nel 2007. In entrambi i casi lamentano che lo Stato sia venuto meno ai doveri imposti dall’art. 2 Cedu. Nel primo fu negato un indennizzo per i danni morali, liquidando per quelli patrimoniali la cifra irrisoria di € 2701 ed è emerso che i medici che hanno curato il figlio non erano abilitati a ciò e che l’ospedale non aveva le necessarie autorizzazioni a prestare le cure. Nell’altro malgrado la condanna di 5 persone ancora non si è individuato il mandante dell’omicidio. La Cedu ha ravvisato una deroga all’art. 2 nel suo aspetto sostanziale nel primo caso ed a quello procedurale in entrambi. I regolamenti e le leggi georgiani presentano gravi carenze e non sono atte a preservare la vita dei pazienti, tanto che, malgrado l’indiscusso dolore di una madre per la perdita del giovane figlio, liquida solo i danni patrimoniali, ma non quelli morali etc. È per questo motivo che l’azione civile, al contrario di quella penale, non era conforme agli aspetti procedurali previsti dall’art. 2 Cedu. Anche le autorità russe hanno violato questo aspetto non hanno svolto un’indagine effettiva e rapida ed hanno omesso di adottare misure per individuare il mandante dell’omicidio. Infatti non hanno precisato quali erano i mezzi per verificare la pista secondo cui era un magnate russo, ormai deceduto, residente a Londra, né hanno approfondito le altre ipotesi che suggerivano implicazioni di agenti dei servizi segreti russi o dell’amministrazione cecena. Sul tema Molga c. Polonia del 17/1/17, Armani Da Silva c. Regno Unito [GC], Mustafà e Fecire TunÇ c. Turchia [GC] nelle rassegne dell’1/4/16 e 17/4/15 e Cocchiarella c. Italia [GC] del 2006. SEZ. III MARIYA ALEKHINA ED ALTRE comma RUSSIA 17 LUGLIO 2018, RIcomma 38004/12 PUSSY RIOT - LIBERTÀ D’ESPRESSIONE - EQUO PROCESSO. La preghiera punk delle Pussy Riot è una libera espressione artistica la loro condanna viola la Cedu. Il ricorso è relativo alla condanna del gruppo per la nota esibizione, giudicata profana e dissacrante, in una chiesa di Mosca, poi trasmessa online. Sono state considerate estremiste. Violati gli artt. 3, 5 § .3, 6 § .1 e 10 Cedu le ragazze, malgrado l’assenza di prove di una loro pericolosità sociale, sono state trasportate in mezzi blindati con vetri antiproiettile ed hanno assistito alle udienze del loro processo, particolarmente celere 1 mese , all’interno di una gabbia di vetro, circondata da agenti armati e da un cane poliziotto. È un trattamento umiliante che ha anche leso l’equo processo ha impedito ogni discreto contatto col loro difensore e la proroga della loro detenzione preventiva è avvenuta su motivazioni stereotipate. Infine c’è stata una duplice lesione della loro libertà d’espressione la condanna ed il blocco Internet per impedire la visualizzazione del video postato online , che è valsa loro l’accusa di estremismo, sono basati su motivi inconsistenti, perché le Corti interne, malgrado una violazione delle regole di condotta nei luoghi sacri fosse giustificata , non hanno analizzato il testo della canzone, né contestualizzato la protesta, condannandole solo per aver indossato abiti dai colori sgargianti, usato un linguaggio e movenze volgari e, per quanto riguarda la pubblicazione online, si sono basate su contestazioni generiche contenute in una perizia linguistica senza effettuare una loro autonoma valutazione. Sul tema Idalov c. Russia [GC] del 2012, Barraco c. Francia del 5/3/09, Stoll v. Svizzera [GC] del 2007 e Van Mechelen ed altri c. Olanda del 1997. Per l’approfondimento sulle leggi internazionali sulla tutela dei diritti umani, sull’ingiusta detenzione, sulla diffamazione delle religioni, sulla lotta all’odio ed al terrorismo si rinvia ai § § .101-113 della sentenza. È analoga al caso Hovhannisyan c. Armenia del 19/7/18 in cui la mancata esecuzione di un’indagine efficace ed adeguata sulle accuse di molestie psicologiche e fisiche da parte dei propri superiori capo e vice capo costituisce una deroga all’art. 3 Cedu sul punto v. EU T 2018 478 e 479 nel quotidiano del 13/7/18 .