RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. V KAMENOVA comma BULGARIA 12 LUGLIO 2018, RIcomma 62784/09 RCA DANNO TANATOLOGICO MANCATO INDENNIZZO RILEVANZA DEL COMPORTAMENTO DELLE PARTI. Nessuna violazione dell’equo processo se la parte tarda ad esercitare i propri diritti. La ricorrente lamenta che le Corti interne non hanno mai deciso sulla sua richiesta d’indennizzo per la morte della figlia che fu uccisa in un sinistro provocato da un camionista. Più precisamente i parenti delle vittime ottennero un indennizzo oltre interessi nel 2004, ma quello della ricorrente fu annullato perché la richiesta era tardiva secondo le Corti, avrebbe dovuto intentare un’azione civile contro il camionista ed il suo datore nel corso del primo processo penale, anziché nel secondo procedimento che portò alla sua condanna. La CEDU rileva come il termine di prescrizione quinquennale per l’azione risarcitoria è stato correttamente interpretato ed applicato dalle Corti interne e non costituisce un ostacolo all’accesso alla giustizia non è stato, perciò, violato l’art. 6 § .1 Cedu. Piuttosto è stata la ricorrente con la sua condotta a comportare il rigetto della sua azione risarcitoria il termine di prescrizione è iniziato a decorrere dalla morte della figlia nel 1997 ed il processo penale era iniziato nel 1998, ma pur avendone la possibilità, non si è costituita subito parte civile, ma ha atteso sino al riesame nel 2001 pochi mesi prima che spirasse. La ricorrente, quindi, era consapevole del rischio di vedersi negare l’indennizzo perché la sua istanza era irricevibile, stessa consapevolezza riscontrata nella scelta di agire tardivamente, quando il termine era prescritto, in sede civile. Nulla le aveva impedito di azionare prontamente i suoi diritti. Sul tema Zubac c. Croazia [GC] del 5/4/18, Parrocchia cattolica Lupeni e altri contro Romania [GC] del 2016 e Baničević c. Croazia del 2/10/12. SEZ. II FONDATION ZEHRA ED ALTRI comma TURCHIA 10 LUGLIO 2018, RIC.51595/07 FONDAZIONI SCIOGLIMENTO LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE E TUTELA DELLA PROPRIETÀ. La fondazione vuole creare uno Stato basato sulle leggi della sharia lecito scioglierla. È una fondazione il cui fine dichiarato era la mutua assistenza in ambito sociale, culturale ed economico dei soci e lo sviluppo scientifico e socio-economico della Turchia, ma in realtà voleva diffondere il verbo di Siad Nursi per creare uno Stato curdo fondato sulla sharia . Fu perciò sciolta dal 2005 al 2013 ed i suoi beni furono sequestrati ancora deve riavere 3 edifici. Per la CEDU non c’è stata alcuna violazione dell’art. 11 libertà d’associazione Cedu, ritendendo assorbite anche le doglianze non sono state nemmeno esaminate circa gli artt. 1 protocollo 1, 6 e 13 la Fondazione, in realtà conseguiva fini diversi da quelli dichiarati, svolgendo attività d’insegnamento secondario ed universitario basata sull’islam radicale e dunque in netto contrasto con il regime democratico pluralista della Turchia. Le Corti interne non hanno oltrepassato il loro margine discrezionale e non si sono ingerite in modo arbitrario e spropositato nella libertà di associazione dei ricorrenti nel sancire lo scioglimento della Fondazione correttamente hanno fatto valere i bisogni sociali imperiosi tutelare la natura specifica dell’educazione in una società democratica pluralista, difendere l’ordine pubblico e proteggere i diritti altrui per impedire la realizzazione del fine nascosto della Fondazione, ossia instaurare un regime fondato sulla sharia grazie a questi insegnamenti radicali. Sul tema Lautsi e altri c. Italia [GC] del 2011, Gorzelik e altri c. Polonia [GC] del 2004 e Refah Partisi Partito del benessere e altri c. Turchia [GC] del 2003. La CEDU, sempre il 10/7/18, ha però ravvisato tale deroga nei casi Imret c. Turchia numero 2 e Bakir ed altri c. Turchia ove i ricorrenti erano stati condannati a lunghe pene detentive per essere membri di associazioni considerate terroristiche PKK e partito marxista leninista ed aver partecipato a manifestazioni da esse organizzate.