RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. I BAGNIEWSKI comma POLONIA 31 MAGGIO 2018, RIcomma 28475/14 DISCONOSCIMENTO DI PATERNITÀ - TEST DEL DNA EXTRAGIUDIZIARIO” - VALIDITÀ. Il test del DNA fai da te” non è una valida prova per il disconoscimento di paternità. Un uomo ottenne il disconoscimento di paternità grazie ad un test del DNA, effettuato in privato senza seguire i protocolli standard e con campioni biologici del figlio prelevati, ad insaputa dell’interessato, dal ricorrente stesso. Il figlio, allora adolescente, fu gravemente traumatizzato. Questi e la madre, quindi, impugnarono la decisione e rifiutarono, come consentito dalla prassi e dalle leggi interne, il test del DNA richiesto dal giudice. La Corte di appello accolse la loro richiesta in assenza di altre prove sull’altrui paternità il test del DNA prodotto dal ricorrente, infatti, era un documento privato stragiudiziale privo di validità legale, certificando solo l’opinione dei firmatari. Per la CEDU la condotta delle Corti interne è regolare e non viola l’articolo 8 Cedu hanno effettuato un equo bilanciamento tra i contrapposti interessi. Infatti se da un lato il figlio, in base ai principi dell’autodeterminazione e dell’integrità fisica, poteva lecitamente rifiutarsi di sottoporsi al test del DNA e giustamente rivendicare i diritti al riconoscimento del proprio status sociale e della propria identità ed alla certezza del diritto, dall’altro il ricorrente aveva il diritto di contestarne la paternità anche per ragioni economiche e successorie. Lo Stato ha oneri positivi e negativi di tutela di questi interessi e gode di un ampio margine discrezionale in tal senso deve evitare arbitrarie ingerenze nella vita privata delle parti. Nella fattispecie sono stati rispettati. Al padre/ricorrente, però, la legge interna, per tutelare anche i diritti processuali, riconosceva un’inversione dell’onere della prova spettava a lui dimostrare l’altrui paternità. Non essendo stato in grado di adempiere a questo onere il ricorso è stato correttamente rigettato. Sul tema Hämäläinen c. Finlandia [GC] nel quotidiano del 17/7/14, Mizzi c. Malta del 2006 e Nylund c. Finlandia del 29/6/99. SEZ. II DORNEAN comma MOLDAVIA 29 MAGGIO 2018, RIC.27810/07 VIOLENZA DOMESTICA SU EX MARITO - ASSENZA DI TUTELE - TORTURA/TRATTAMENTI DEGRADANTI. Questo matrimonio è una tortura!” non è pazzo, ha una moglie violenta. Vittima di violenze domestiche da parte dell’ex moglie e dei figli adulti, il ricorrente non fu adeguatamente protetto dalle autorità interne che restarono inerti per quattro anni e mezzo le sue denunce per percosse e minacce furono, perciò, archiviate. Violato l’articolo 3 sotto l’aspetto procedurale. Le autorità interne, venendo meno ai doveri imposti da questa norma, non credettero alle denunce dell’uomo, ignorando volutamente i referti medici ed, anzi, alcuni CTU asserirono, senza averne le prove nè analizzare quelle prodotte dal ricorrente, che fosse pazzo e che si fosse autoinflitto le ferite. Queste indagini, perciò, erano state estremamente superficiali, tendenziose ed unilaterali , sì che avevano garantito la sostanziale impunità dei familiari violenti visto che le querele erano state archiviate. Sul tema Khlaifia e altri c. Italia [GC] del 2016 e Talpis c. Italia nel quotidiano del 2/3/17. Sempre sulla violazione dell’articolo 3 unitamente agli articolo 5, 8 e 13 Cedu si segnalano, anche per l’ampio excursus sulle norme internazionali sulla lotta al terrorismo, sui diritti dei detenuti etc., le odierne Abu Zubaydah c. Lituania ed Al Nashiri c. Romania, relative ai ricorsi di due terroristi reclusi a Guantanamo, sulla liceità o meno della partecipazione di questi Stati ai programmi di detenzione segreta della CIA.