RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. II JURESA comma CROAZIA 22 MAGGIO 2018, RIcomma 24079/11 EQUO PROCESSO - MANCATO ACCESSO ALLA GIUSTIZIA - REVIREMENT. I revirement delle Corti interne non violano la Cedu. Per un revirement della Cassazione croata sulla determinazione del valore della lite, il gravame promosso dalla ricorrente contro un suo familiare, coerede di un terreno e dell’immobile ivi edificato, fu dichiarato improcedibile. Nei precedenti gradi di giudizio fu accolta l’azione di rivendica del congiunto volta ad acclarare il suo diritto di proprietà pro quota sul bene conteso e l’iscrizione dello stesso nei registri fondiari. Per la S.comma questa azione era, però, formata da due distinte domande, sì che modificò il valore iniziale della lite da 110.000 a 55.000 Kune croate per ciascuna domanda era, quindi, al di sotto della soglia legale minima per proporre un’azione giudiziaria 100.000 Kune e, perciò, il gravame della ricorrente fu rigettato. Esclusa una deroga all’art. 6 Cedu la CEDU ribadisce, infatti, come l’esegesi delle leggi e del diritto interno effettuata dalle Corti nazionali rientri nei loro poteri sovrani di valutazione , sì che non può essere messa in discussione da altre Corti, compresa la CEDU, salvo se arbitraria e/o manifestatamente irrazionale. Ciò vale a fortiori nei paesi, come la Croazia, che si basano su un sistema di diritto scritto e non legato alle regole del precedente id est sul principio del c.d. precedente vincolante su cui si basano i sistemi del c.d. common law come quello inglese . Ergo il contestato revirement , anche se ha originato un’interpretazione divergente che ha creato un’incertezza giuridica , era lecito così come era legittima la relativa declaratoria d’inammissibilità del gravame della ricorrente. Sul tema Radomilja ed altri c. Croazia [GC] del 20/3/18 e Gherghina v. Romania [GC] del 9/7/15. È analogo all’odierno caso Devinar c. Slovenia in cui la CEDU ha ribadito la liceità dell’acquisizione di prove prodotte da esperti in precedenti giudizi sugli stessi fatti alla ricorrente era stata negata, in sede amministrativa e civile, l’indennità d’invalidità, perché le sue patologie non rientravano tra le disabilità previste dalla legge in materia . SEZ. III LEONOV E MAGOMADOVA comma RUSSIA 10 APRILE 2018, RICcomma 77180/11 E 77546/14 TUTELA DEI MINORI – AFFIDO - CRITERI PER LA SCELTA DEL GENITORE COLLOCATARIO. Lecito collocare i figli presso la madre il loro benessere prevale su tutto. I protagonisti di questo casi sono un padre ed una madre divorziati che criticarono aspramente la legge russa sull’affido. Essa prevede che in assenza di un accordo tra i genitori è il giudice a decidere, nell’interesse supremo dei minori, presso chi collocarli in base a criteri precisi quali reddito, legame col genitore e con eventuali altri familiari, qualità morali e personali del genitore etc Il primo ricorrente lamentò come la madre fosse privilegiata nella scelta del collocatario. L’altra ricorrente, invece, denunciò che il giudice, senza sentire il minore e vagliare, come richiesto dalla legge, la sua posizione finanziaria, le aveva sottratto il figlio privilegiando le radici cecene e musulmane del padre. Le decisioni della CEDU su questi casi sono state dicotomiche nel primo ha ravvisato una deroga all’art. 8 Cedu oltre che all’art. 14 , esclusa nell’altro. In linea di massima, infatti, la procedura interna è equa ed i giudici si trovano di fronte al delicato e difficile compito di dover bilanciare i contrapposti interessi, dando preminenza al benessere del minore, indipendentemente dalla sua età, sulla base della pluralità di fattori sopra menzionati. Nel primo caso il rapporto madre e figlio era molto forte e la loro separazione, per collocarlo presso il padre, avrebbe avuto un notevole impatto negativo sulla psiche del minore. Ergo privilegiare questo legame per scegliere la residenza del figlio non discrimina né viola l’uguaglianza tra i coniugi artt. 14 e 5 protocollo 7 . Nel secondo le Corti interne avevano considerato esclusivamente, privilegiandola, la tradizione cecena musulmana secondo cui il figlio appartiene al padre che in caso di divorzio o separazione lo deve crescere erano stati così ignorati i diritti della madre e gli interessi del minore in palese violazione del diritto interno e della prassi della CEDU. Sul tema Fábián c. Ungheria [GC] nella rassegna dell’8/9/17 e Diamante e Pelliccioni c. San Marino del 27/9/11.