RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. III BERKOVICH ED ALTRI comma RUSSIA 27 MARZO 2018, RICcomma 5871/07 + 9 SEGRETO DI STATO - LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE - LIMITI. È un’illecita restrizione della libertà di circolazione impedire ai militari di lasciare il paese. In Russia vige il divieto assoluto quinquennale di viaggio per chi ha avuto accesso a segreti di Stato in ragione del proprio lavoro. I ricorrenti sono tutti ex militari ed impiegati del Ministero della Difesa che si erano visti sequestrare il passaporto e vietarae di lasciare il paese anche per una vacanza. Violato l’art. 2 protocollo 4 Cedu questa restrizione è un’interferenza illecita, arbitraria e non necessaria in una società democratica. Per la CEDU la Russia ha agito in malafede con motivazioni contraddittorie e poco trasparenti meglio evidenziate in sentenza, anzi non è stata in grado di dare giustificazioni efficaci su questo atto arbitrario è l’unico Stato membro del COE ad adottare questo divieto. Questa restrizione non può essere giustificata dal fatto che fosse espressamente prevista ed accettata dal contratto di lavoro. Se da un lato è giusto imporre ai militari vincoli più stretti che ai dipendenti civili, dall’altro questo divieto assoluto di viaggiare non è un mezzo proporzionato al raggiungimento di scopi legittimi funzione preventiva di difesa e non è giustificato da astratte ragioni di sicurezza nazionale od individuali riferite al richiedente. Non è nemmeno paragonabile al divieto di viaggio verso zone geografiche in cui sono in atto guerre, conflitti militari etc. come previsto da altri Stati del COE. La Commissione per i diritti umani dell’ONU ha stigmatizzato questo vincolo, soprattutto ha rilevato la crudeltà di vietare ad uno dei ricorrenti di recarsi all’estero al capezzale ed al funerale della madre. Sul tema Soltysyak c. Russia del 10/2/11, Sørensen e Rasmussen c. Danimarca [GC] del 2006 e Kwiatkowska c. Italia del 2000. SEZ. III GABRIELLA KAISER comma SVIZZERA 9 GENNAIO 2018, RIcomma 35294/11 GRATUITO PATRICINIO - EQUO PROCESSO. La Cedu non riconosce alcun diritto assoluto al gratuito patrocinio la concessione va valutata rigorosamente caso per caso. La ricorrente è sorda dalla nascita, madre di due figli minorenni, disoccupata e divorziata. Una società immobiliare con cui aveva siglato un contratto d’affitto agì in giudizio per la risoluzione per inadempimento la donna chiese invano di ottenere il gratuito patrocinio e l’esonero dalle spese di lite. Fu dunque costretta a rinunciare all’impugnazione della richiesta di risoluzione del contratto d’affitto e contestò il rifiuto dell’assistenza legale gratuita fu condannata ad € 864 di spese di giustizia relative a due gradi di giudizio . Non c’è stata alcuna violazione dell’art. 6 Cedu che tutela l’accesso alla giustizia ed il rispetto delle garanzie processuali. Infatti la CEDU non garantisce alcun diritto assoluto al gratuito patrocinio, che è uno dei tanti mezzi per avere accesso alla giustizia. Trattandosi di fondi pubblici lo Stato deve fare una rigorosa selezione dei richiedenti cui concederlo, valutando caso per caso in base ad una serie di fattori difficoltà del richiedente, possibilità di successo delle sue pretese etc. . Nella fattispecie la materia rientrava tra quelle in cui la parte può stare in giudizio da sola, non aveva alcuna possibilità di vincere la causa e la condanna alle spese non era né eccessiva né sproporzionata tasse, diritti processuali ed onorario del legale cui aveva chiesto una consulenza non sono stati lesi, perciò, i suoi interessi, sono state rispettate le sue garanzie processuali ed i figli non correvano alcun rischio. Sul tema Nusretkaya e altri c. Turchia, Pedro Ramos c. Svizzera del 14/10/10. È stata ravvisata, invece, una deroga all’equo processo nei ricorsi contro licenziamenti illeciti nei casi Ghincea c. Romania e Nicholas c. Cipro sempre del 9/1/18.