RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2018 166, C-494/16 7 MARZO 2018 TUTELA DEL LAVORO PUBBLICO IMPIEGO CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO LIMITI ITALIA. Politica sociale – Lavoro a tempo determinato – Contratti conclusi con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico – Misure dirette a sanzionare il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – Principi di equivalenza e di effettività. La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che, da un lato, non sanziona il ricorso abusivo, da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, a una successione di contratti a tempo determinato mediante il versamento, al lavoratore interessato, di un’indennità volta a compensare la mancata trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bensì, dall’altro, prevede la concessione di un’indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di detto lavoratore, accompagnata dalla possibilità, per quest’ultimo, di ottenere il risarcimento integrale del danno dimostrando, mediante presunzioni, la perdita di opportunità di trovare un impiego o il fatto che, qualora un concorso fosse stato organizzato in modo regolare, egli lo avrebbe superato, purché una siffatta normativa sia accompagnata da un meccanismo sanzionatorio effettivo e dissuasivo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Trapani nell’ambito della lite tra un’impiegata presso il Comune di Valderice prima come lavoratrice socialmente utile 1996-2002 , poi come co.co.co sino al 2010 e subordinata part-time rinnovato sino al 31/12/16 e la PA datrice per ottenere la conversione del contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato o l’integrale risarcimento dei danni in forma monetaria retribuendola e trattandola, sotto il profilo giuridico, in modo identico a un lavoratore a tempo indeterminato di detto comune avente la sua stessa anzianità di servizio . La norma citata è volta a tutelare i dipendenti dalla precarizzazione, contrastando l’abuso dei contratti a tempo determinato e prevedendo l’adozione di misure minime elencate al punto 1 , lett. a , – c attinenti a ragioni obiettive che giustificano il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi . Gli Stati membri possono discrezionalmente adottare una o più di queste misure od altre di legge già esistenti ed equivalenti tenendo conto, nel contempo, delle esigenze di settori specifici e/o di categorie di lavoratori e purchè esse non siano meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna principio di equivalenza , né rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’UE principio di effettività . In breve qualora si verifichi un abuso di contratti a tempo determinato lo Stato deve adottare una misura dotata di garanzie effettive ed equivalenti di protezione dei lavoratori per punire debitamente detto abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’UE . Infine la clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro non istituisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato di conseguenza per la CGUE non ci sarebbe nemmeno un obbligo d’indennizzare tale mancata trasformazione , né prescrive a quali precise condizioni si possa far ricorso a questi ultimi , lasciando loro, come detto, un certo potere discrezionale in materia, decidendo anche le modalità di applicazione di tali misure. Alla luce di ciò è discesa detta massima e sembra che il combinato degli artt. 36 comma 5 d.lgs. n. 165/01 la violazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle disposizioni relative al reclutamento o all’impiego di lavoratori non può condurre all’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra dette amministrazioni e i lavoratori interessati, che hanno, perciò diritto al risarcimento del danno sofferto e 32, comma 5, l. n. 183/10 in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro a versare al lavoratore interessato un’indennità complessiva compresa tra 2,5 e 12 mensilità della sua ultima retribuzione globale di fatto sia conforme al diritto dell’UE anche se il giudice di rinvio ha sollevato dubbi in proposito spetta a lui e non alla CGUE interpretare il diritto interno. Sul tema Marrosu e Sardino C-53/04, EU C 2006 517 e Mascolo e A. C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C 418/13, EU C 2014 2401 .