RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ.III M. comma OLANDA 25 LUGLIO 2017, RIcomma 2156/10 RILEVAZIONE DI SEGRETO DI STATO CONDANNA – LICEITÀ. Lecito vietare la diffusione di documenti segretati in udienza ed a terzi, ma non al proprio legale. È un ex membro dei servizi segreti AVID che rivelò a terzi, tra cui alcuni sospetti terroristi, informazioni coperte da segreto di Stato. Fu diffidato dall’AVID a continuare a divulgarle a chiunque compreso il suo avvocato prima dell’inizio del giudizio che portò alla sua condanna a tre anni e mezzo di carcere. Ci furono restrizioni all’accesso per fini giudiziari a questi documenti segretati e per quelli cui fu concessa l’ostensione furono in parte coperti da neretto. La CEDU ravvisa una deroga all’articolo 6 § § .1. e 3 Cedu le minacce mosse dall’AVID in caso di divulgazione di queste informazioni segretate al proprio legale hanno leso irrimediabilmente l’equità del suo processo. Il rapporto tra avvocato ed assistito, infatti, deve essere libero ed è improntato di per sé all’assoluta riservatezza Marcello Viola c. Italia del 2006 ed Ocalan c. Turchia [GC] del 2005 . L’illecita strategia difensiva del ricorrente era incentrata sul dimostrare che terzi avrebbero potuto diffonderle al posto suo non era legittimato a provarlo con richiesta di documenti specifici, data l’enorme massa di prove che dimostravano la sua colpevolezza. Lecito negare l’accesso ad atti segretati per la sicurezza e la difesa della nazione ed in ogni caso il divieto di accesso agli atti non era stato assoluto e le informazioni censurate in quelli consegnati alla difesa non erano fondamentali per la tutela giudiziaria del ricorrente Ibrahim ed altri c. Regno Unito [GC] nella rassegna del 16/9/16 nessuna deroga all’articolo 6. SEZ. I LOULI-GEORGOUPOULO comma GRECIA 16 MARZO 2017, RIC.22756/09 COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE DELL’EREDE DINIEGO DI GIUSTIZIA PER ECCESSIVO FORMALISMO. Troppa burocrazia limita il libero accesso alla giustizia, violando l’equo processo. Chiese la riapertura di un processo penale contro tre persone accusate di truffa, visto che la legge interna non contempla la revisione, che aveva intentato anni prima a nome proprio e quale rappresentante del marito infermo mentale. In sede di riapertura agì quale erede del marito, ma in entrambi i processi fu rigettata la costituzione di parte civile perché in un primo momento non aveva debitamente precisato che agiva in nome proprio e nella qualità di rappresentante e poi di erede. Vani tutti i ricorsi. Accusò le Corti interne di averle negato l’accesso alla giustizia per eccessivo formalismo. Violato l’articolo 6 Cedu l’eccessivo formalismo delle Corti non era proporzionato allo scopo di garantire la certezza del diritto e della buona amministrazione della giustizia e ha violato l'essenza di questo diritto di accesso alla giustizia. Infatti ogni volta che l’eccessiva burocrazia e/o le regole di rito o di funzionamento interno di una corte cessano di servire per il conseguimento della certezza del diritto e la buona amministrazione della giustizia diventano un ostacolo all’accesso alla stessa. Dai documenti depositati dalla donna si evinceva chiaramente che fosse l’erede del marito e la sua chiara volontà che, finchè fosse stato vivo, agisse in sua vece, ma le Corti, per cavilli, le hanno negato l’accesso alla giustizia, violando l’equo processo Bochan c. Ucraina n. 2 [GC] del 5/2/15 e Kontantinos Petropoulos c. Grecia del 15/10/09 .