RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2017 354,C-133/15 10 MAGGIO 2017 RESPONSABILITÀ GENITORIALE COPPIE MISTE CUSTODIA DEI FIGLI PERMESSO DI SOGGIORNO. Diritto di soggiorno in uno Stato membro costituente un presupposto per l’accesso agli aiuti sociali ed agli assegni familiari– Cittadino di un paese terzo che si assume l’onere quotidiano ed effettivo del proprio figlio minorenne, cittadino di tale Stato membro– Obbligo per il cittadino di un paese terzo di dimostrare l’incapacità dell’altro genitore, cittadino di questo Stato membro, di occuparsi del figlio minorenne– Rifiuto di soggiorno che può obbligare il minore a lasciare il territorio dello Stato membro, o persino il territorio dell’UE. L’art. 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un minore, cittadino dell’UE, sarebbe costretto a lasciare il territorio dell’UE globalmente inteso e verrebbe così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti ad esso conferiti dall’articolo di cui sopra nel caso in cui il suo genitore, cittadino di un paese terzo, si vedesse rifiutare il riconoscimento di un diritto di soggiorno nello Stato membro di cui trattasi, il fatto che l’altro genitore, cittadino dell’UE, sia realmente capace di e disposto ad assumersi da solo l’onere quotidiano ed effettivo del minore costituisce un elemento pertinente ma non sufficiente per poter constatare l’assenza, tra il genitore cittadino di un paese terzo e il minore, di una relazione di dipendenza tale per cui quest’ultimo subirebbe una costrizione siffatta nel caso di un rifiuto di soggiorno quale sopra evocato. Una valutazione del genere deve essere fondata sulla presa in considerazione, nell’interesse superiore del minore, dell’insieme delle circostanze del caso di specie, e, segnatamente, dell’età del minore, del suo sviluppo fisico ed emotivo, dell’intensità della sua relazione affettiva sia con il genitore cittadino dell’Unione sia con il genitore cittadino di un paese terzo, nonché del rischio che la separazione da quest’ultimo comporterebbe per l’equilibrio del minore stesso. Non osta a che uno Stato membro subordini il diritto di soggiorno nel proprio territorio di un cittadino di un paese terzo, genitore di un figlio minorenne avente la cittadinanza di tale Stato membro, del quale egli si occupa quotidianamente ed effettivamente, all’obbligo per il suddetto cittadino di un paese terzo di fornire gli elementi atti a dimostrare che una decisione di rifiuto del diritto di soggiorno al genitore cittadino di un paese terzo priverebbe il minore del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti connessi allo status di cittadino dell’UE, obbligandolo a lasciare il territorio dell’UE, globalmente considerato. Spetta tuttavia alle autorità competenti dello Stato membro di cui trattasi procedere, sulla base degli elementi forniti dal cittadino di un paese terzo, alle ricerche necessarie per poter valutare, alla luce dell’insieme delle circostanze del caso di specie, se una decisione di rifiuto avrebbe conseguenze siffatte. La pregiudiziale risolve la lite intentata da 8 madri straniere contro l’Olanda sostenevano di essere le uniche ad occuparsi dei figli minori, olandesi come i padri che di fatto li avevano abbandonati, chiedendo sussidi aiuti sociali ed assegni familiari pur non avendo il permesso di soggiorno in quel paese. C’è un’apparente discrasia con la prassi costante in materia, in cui si stigmatizza il diniego del permesso di soggiorno, spiegabile col fatto che le disposizioni del Trattato relative alla cittadinanza dell’UE non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di un paese terzo. Infatti, gli eventuali diritti conferiti a tali cittadini non sono diritti propri di questi ultimi, bensì diritti derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’UE. La finalità e la ratio di tali diritti derivati si basano sulla constatazione che il rifiuto del loro riconoscimento è idoneo a pregiudicare, in particolare, la libertà di circolazione del cittadino comunitario EU C 2016 675 e 674 nella rassegna del 3/1/17 .