RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. I CASO CHOWDURY ED ALTRI comma GRECIA 30 MARZO 2017, RIcomma 21884/15 TUTELA DEL LAVORO CAPORALATO TRATTA DEGLI ESSERI UMANI. Il caporalato è una forma di tratta degli esseri umani che lo Stato deve reprimere, tutelando le vittime. Diversi cittadini bengalesi residenti clandestinamente in Grecia furono impiegati per il lavoro forzato nei campi per la raccolta delle fragole, con stipendi irrisori sotto la vigilanza costante di guardie armate, vivendo in capanne prive di acqua corrente e servizi igienici. Quando chiesero il salario una guardia aprì il fuoco e furono ferite 35 persone di cui 21 ricorrenti , risarcite con soli € 43 dato che le accuse più gravi di tratta di esseri umani e tentato omicidio furono archiviate. Tutti i ricorsi perché fossero condannati per tratta di esseri umani furono vani e l’assoluzione sul punto divenne irrevocabile. La CEDU ha ravvisato una violazione dell’articolo 4 § .2 Cedu divieto di lavoro forzato . Per la CEDU le Corti greche hanno errato nell’escludere il reato di tratta degli esseri umani il lavoro forzato caporalato e la riduzione in schiavitù dei ricorrenti è un aspetto della tratta degli esseri umani. La Direttiva 2001/36/CE, il Protocollo di Palermo dell’ONU del 2000 e la Convenzione del COE del 2005 in vigore dall’1/8/14 sulla tratta degli esseri umani e sulla lotta ai crimini ad essa correlati prostituzione, lavoro forzato, pedopornografia etc. impongono precisi e stringenti oneri agli Stati adottare un quadro normativo ed amministrativo atto a contrastarli, prevenire la riduzione in schiavitù e la tratta, tutelare le vittime, effettuare indagini accurate ed efficaci e punire i colpevoli Rantsev c. Cipro e Russia del 2010, C.N. c. Regno Unito del 2012 e L.E. c. Grecia del 21/1/16 .Inserito nei factsheets Trafficking in human beings e Slavery, servitude and forced labour. SEZ. II CASO SKORJANEC comma CROAZIA 28 MARZO 2017, RIcomma 25536/14 DELITTI RAZZIALI COPPIE MISTE MANCATA PUNZIONE DEI COLPEVOLI. I delitti d’odio riguardano sia la reale vittima di razzismo che chi ha legami con la stessa. La ricorrente è la compagna di un Rom. Un giorno mentre visitava un mercato di Zagabria, ove la coppia risiede, il compagno fu prima offeso, poi aggredito e malmenato da due uomini spinti da odio razziale verso i Rom, come acclarato nel processo penale che li condannò per vari capi d’accusa tra cui il delitto d’odio. La donna, intervenuta per proteggere il compagno fu ugualmente malmenata ma nel suo caso non fu riconosciuto quest’ultimo delitto. Vani i ricorsi. In base alla sua giurisprudenza costante R.B. c. Ungheria, Gherghina c. Romania [GC] del 2015 ed Abdu c. Bulgaria dell’11/3/14 , la Corte ritiene che si ravvisi un crimine d’odio non solo quando la vittima è una persona con determinate caratteristiche o che è percepita dall’aggressore come in possesso delle stesse, ma anche quando attinge chi ha legami, presunti o reali con questa v. anche linee guida dell’Osce sui crimini d’odio del 2009 . Gli Stati hanno il dovere di considerare entrambe le tipologie come crimini d’odio e svolgere le dovute indagini. Nella fattispecie la Croazia è venuta meno a questo onere rifiutando di qualificare come crimine d’odio razziale anche l’aggressione subita dalla ricorrente e di processare i colpevoli per tale reato ha violato, perciò, l’articolo 3 in combinato disposto con l’articolo 14 divieto di discriminazione Cedu. Inserito nei factsheets Roma Rom in inglese, nda e Travallers. SEZ. III Z.A. ED ALTRI comma RUSSIA 28 MARZO 2017, RIcomma 61411/15, 61420/15, 61427/15 E 3028/16. TUTELA DEI PASSEGGERI DETENZIONE IN AEROPORTO BLOCCO DELL’IMMIGRAZIONE DA ALCUNI STATI. È una tortura impedire di lasciare l’aeroporto ad un passeggero con documenti di viaggio asseritamente irregolari. Sono passeggeri che per vari motivi sfecero scalo all’aeroporto di Mosca un iracheno era diretto per lavoro in Turchia, un siriano proveniente da Beirut con regolare visto di lavoro, un somalo in viaggio verso Cuba ed palestinese diretto in Egitto Le autorità ritennero i visti non validi, anche se in alcuni casi erano regolari e li bloccarono nella zona di transito dell’aeroporto per un periodo variabile tra i 5 mesi e quasi 2 anni. Vicenda di grande attualità viste le analogie col Muslim Band americano. Per la CEDU ciò viola gli artt. 3 e 5 Cedu. Infatti non avevano alcuna possibilità di lasciare la zona di transito, sì che ciò si è tradotto in una privazione della loro libertà, senza che questa misura avesse alcun valido fondamento nel diritto interno. Inoltre l’eccessiva durata di questa detenzione si sostanzia in un vero e proprio trattamento inumano e degradante vivere a lungo in condizioni inaccettabili ha leso la loro dignità ed inspirato in loro sentimenti di umiliazione e di avvilimento Austin ed altri comma Regno Unito [GC] del 2012, Shamnsa c. Polonia del 5/12/02 ed Amur c. Francia del 25/6/96 . Inserito nei factscheets Migrants in detention .