RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2017 243, C-146/16 30 MARZO 2017 TUTELA DEI CONSUMATORI PUBBLICITÀ INGANNEVOLE LEALE CONCORRENZA E-COMMERCE. Pratiche commerciali sleali – Pubblicità contenuta in una pubblicazione a mezzo stampa – Omissione di informazioni rilevanti – Accesso a tali informazioni attraverso il sito Internet mediante il quale sono distribuiti i prodotti di cui trattasi – Prodotti venduti dal soggetto che ha pubblicato l’annuncio o da terzi. L’art. 7 § .4 Direttiva 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che un annuncio pubblicitario, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, che rientra nella nozione di invito all’acquisto ai sensi di tale direttiva, può soddisfare l’obbligo d’informazione previsto da tale disposizione. Spetta al giudice del rinvio esaminare caso per caso, da un lato, se le restrizioni in termini di spazio nel testo pubblicitario giustifichino che le informazioni sul fornitore siano messe a disposizione soltanto a livello della piattaforma di vendita on-line e, dall’altro, all’occorrenza, se le informazioni richieste dall’art. 7 § .4 lett. b , di tale direttiva riguardanti la piattaforma di vendita on-line siano comunicate semplicemente e rapidamente. Il caso si riferisce ad un annuncio su un giornale promosso da una piattaforma online che raggruppa vari venditori e merci differenti erano presentati 5 prodotti diversi con l’invito a visitare questo sito web per conoscere i relativi dati nel dettaglio denominazione del fornitore, indirizzo, prezzo del bene etc. . Le informazioni sull’identità del professionista e sul suo indirizzo geografico sono essenziali in un annuncio pubblicitario, ma la scelta del mezzo di comunicazione potrebbe portare a restrizioni nella loro comunicazione al pubblico la stampa impone annunci brevi per limiti di spazio ed è perciò lecito il rinvio al sito web dell’offerente per conoscere dette informazioni come nella fattispecie. La pubblicità era quindi lecita e rispettosa della concorrenza EU C 2011 299 . EU C 2017 239, C-652/15 29 MARZO 2017 TUTELA DEI MINORI MINORE NATO IN UNO STATO UE DA UN LAVORATORE STRANIERO FLUSSI MIGRATORI LIMITI AL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE. Accordo d’associazione tra l’UE e la Turchia – Decisione n. 1/80 –Clausola di standstill – Diritto di soggiorno dei familiari di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro – Eventuale esistenza di un motivo imperativo di interesse generale che giustifichi nuove restrizioni – Efficace gestione dei flussi migratori – Obbligo per i cittadini di Stati terzi di età inferiore a 16 anni di possedere un permesso di soggiorno – Proporzionalità. L’art. 13 della decisione n. 1/80 relativa allo sviluppo dell’associazione, allegata all’Accordo che crea un’Associazione tra la CEE e la Turchia, firmato ad Ankara il 12/9/63 dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, e che è stato concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con decisione 64/732/CEE, dev’essere interpretato nel senso che l’obiettivo di conseguire un’efficace gestione dei flussi migratori può costituire un motivo imperativo di interesse generale che consenta di giustificare una misura nazionale, introdotta dopo l’entrata in vigore di tale decisione nello Stato membro interessato, che impone ai cittadini di Stati terzi di età inferiore a 16 anni l’obbligo di possedere un permesso di soggiorno per l’ingresso e il soggiorno in tale Stato membro. Una siffatta misura non è tuttavia proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, una volta che le sue modalità di attuazione riguardo ai minori cittadini di uno Stato terzo nati nello Stato membro interessato e dei quali uno dei genitori sia un lavoratore turco residente legalmente in tale Stato membro, quale il ricorrente nel procedimento principale, eccedono quanto è necessario per il conseguimento di detto obiettivo. Questione di grande attualità, emessa all’indomani dell’adozione dall’Italia di norme sulla tutela dei minori migranti privi di accompagnatore, stante i recenti fatti di cronaca ed i rapporti tesi tra UE e Turchia. La CGUE rileva come la clausola standstill vieti di introdurre nuove restrizioni alla libertà di circolazione dei lavoratori turchi rispetto a quelle previste al momento della stipula dell’Accordo e della Decisione, salvo che non siano contemplate dall’art. 14 D. 1/80 o dettate da motivi imperativi e d’interesse generale e siano idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito senza eccedere quanto necessario ai fini del suo conseguimento. Nella fattispecie la restrizione imposta dalla legge sull’immigrazione tedesca, di cui sopra, è più severa di quella vigente alla stipula dell’Accordo, seppure dettata da motivi imperativi come la gestione dei flussi migratori art. 79 TFUE .Tale misura pur rispondendo ad un fine legittimo è sproporzionata eccedendo quanto necessario per il conseguimento del suo fine EU C 2016 247 e 2013 725 al minore nato nel 2014 in uno Stato membro da cittadino turco dovrebbe essere concesso un permesso ipso iure. Nella fattispecie, invece, avrebbe dovuto separarsi dalla famiglia od i genitori avrebbero dovuto rientrare in patria, seppure inseriti nel mercato del lavoro tedesco. Per assurdo il minore, rientrato in Turchia, avrebbe dovuto avviare una procedura, dall’esito incerto, per ottenere il permesso e ricongiungersi ai genitori in Germania. Ciò può valere, semmai, per chi è nato all’estero, pur essendo discutibile. È palese come questa misura, sotto questo aspetto, sia arbitraria e costituisca un’illecita interferenza nella serenità familiare dei ricorrenti e sia contraria al supremo interesse del benessere del minore.