RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. III V.K. C.RUSSIA 7 MARZO 2017, RIC.68059/13 MAESTRE VIOLENTE ABUSI SU BAMBINI DELL’ASILO RESPONSABILITÀ DA CUSTODIA E DELLO STATO PER GLI ABUSI. Questo asilo è una tortura! Lo Stato è direttamente responsabile per gli abusi sui minori. Caso di grande attualità e con profili quasi coincidenti con molti fatti di cronaca raccontati dai nostri media. La madre del ricorrente si accorse che soffriva e soffre d’improvvisi tic alla bocca ed agli occhi, insorti quando aveva 4 anni indagando scoprì che le maestre e la preside lo rinchiudevano spesso al buio, lo lasciavano in mutande con le braccia alzate nel corridoio al solo fine di umiliarlo ed avevano giustificato il tutto con una falsa prevenzione di un’infezione oftalmologica. Alcuni genitori confermarono le angherie, ma la denuncia fu inutile perché non seguì alcuna effettiva inchiesta, sì che le maestre rimasero impunite ed il ricorrente traumatizzato a vita. Riconosciuta una doppia violazione dell’articolo 3 sostanziale e processuale ed è inserito nei factsheets protection of minor. La Risoluzione del COE 1803/11, le Raccomandazioni del COE 10/09 e 1934/10 sulla tutela dei minori da abusi e sulla lotta alla violenza a scuola impongono agli Stati di adottare leggi civili, penali e disciplinari per punire gli abusi sessuali, fisici e morali sui minori. Le maestre, tra i loro doveri di cura e custodia degli stessi, non solo devono educare i piccoli, ma occuparsi della loro salute e del loro benessere, cosa che non è stata fatta chiaramente nella fattispecie, anzi la preside che avrebbe dovuto individuare, reprimere gli abusi e punire, anche disciplinarmente, le maestre violente ha avallato il tutto essendo lei stessa una delle aguzzine. Sono venute meno a tutti i loro doveri, anche etici, causando danni permanenti ai piccoli che avevano in custodia e cura. Lo Stato è considerato direttamente responsabile per l’omessa vigilanza sulle maestre e per non essere intervenuto per fermare questi trattamenti degradanti O’Keefe c. Irlanda [GC] del 2014, Molie c. Romania del 1/9/09 e Labita c. Italia [GC] del 2000 . Inoltre aveva il dovere di fornire i mezzi ai genitori per denunciare gli abusi e di effettuare indagini efficaci, complete e rapide, ma è venuto meno agli stessi, mandando il reato in prescrizione. I ritardi nel condurre le indagini hanno minato anche la credibilità e l’efficacia della testimonianza del ricorrente e delle vittime Manzhos c. Russia del 24/5/16 Riconosciuto un ricco risarcimento. SEZ. II CASO R.L. ED ALTRI C. DANIMARCA 7 MARZO 2017, RIC.52629/11 FILIAZIONE FUORI DAL MATRIMONIO DISCONOSCIMENTO DI PATERNITÀ RICHIESTO DA ENTRAMBI I GENITORI RIFIUTO DELLE CORTI INTERNE. Lo Stato deve garantire l’identità sociale dei figli lecito negare la riapertura del riconoscimento di paternità. Sono una famiglia i figli nacquero nel 2004 e nel 2006 questo dopo la separazione dei genitori, che continuavano a convivere senza avere rapporti . L’ex marito ricorrente li riconobbe, ma poi emerse che il vero padre era l’amante della madre la relazione, all’insaputa del marito, era durata dal 2003 al 2008 , come confermato dal test del DNA. Entrambi i genitori chiesero invano la riapertura della pratica per il riconoscimento di paternità per addebitare ogni onere al padre biologico, ma le Corti rifiutarono salvo una breve riapertura da parte del tribunale locale . Nessuna violazione dell’articolo 8 Cedu, anzi lo Stato ha rispettato i suoi doveri positivi e negativi con un equo bilanciamento degli interessi in gioco, non agendo in modo arbitrario od irrazionale. Infatti, tenendo conto dell’elevato numero di azioni di disconoscimento di paternità e dell’interesse supremo dei figli all’identità sociale, alla certezza ed alla stabilità dei rapporti familiari ha negato la riapertura dell’azione di riconoscimento di paternità Mandet c. Francia del 14/1/16 ed A.L. c. Polonia del 18/2/14 . Nella fattispecie non ricorrevano i presupposti della legge interna, per altro molto chiara, che legittimassero tale riapertura lasso di tempo dall’individuazione del padre biologico, quello putativo era a conoscenza o meno di motivi che lo facessero dubitare della sua effettiva paternità, la madre, pur sapendo o dubitando della paternità del marito, ha lasciato che crescesse i figli come propri etc. . SEZ. IV CASO BAZCUR C. UNGHERIA 7 MARZO 2017, RIC.8263/15 PENSIONE D’INVALIDITÀ DIMINUIZIONE DELL’IMPORTO LEGGE RETROATTIVA DIVIETO. Una riforma di una legge non annulla le conseguenze della sua precedente retroattività. Percepisce una pensione d’invalidità perché ha una capacità lavorativa ridotta del 50%. Per la vigenza di una nuova legge non solo fu ridotta la percentuale d’invalidità 46% , ma anche drasticamente l’importo del suo assegno, malgrado uno stato di salute invariato da €.510 a €.140. Riconosciuta una deroga all’articolo 1 protocollo 1 Cedu non c’era alcun ragionevole rapporto di proporzionalità tra lo scopo perseguito dalla riforma e dette decurtazioni. È stato, infatti, imposto un eccessivo peso al ricorrente, malgrado l’ampio margine discrezionale di cui gode lo Stato, che non viene meno per la successiva riforma che, invece, ha aumentato l’importo dell’assegno d’invalidità Béláné Nagy v. Ungheria [GC] del 13/12/16 .