RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. V CASO SAUMIER C. FRANCIA 12 GENNAIO 2017, RIC.74734/14 SICUREZZA SUL LAVORO MALATTIA PROFESSIONALE INDENNIZZO INSUFFICIENTE DISCRIMINAZIONE. Non tutti gli illeciti sono uguali nessuna discriminazione se il danno da illecito provocato da un terzo è superiore a quello causato dal datore. Il ricorrente, vittima di una malattia professionale causata dalla negligenza del suo datore, si vide riconosciuto solo un indennizzo parziale ed una pensione d’invalidità, ma gli furono negati i risarcimenti per la perdita di chance lavorativa, della capacità lavorativa, per il danno esistenziale etc. A suo avviso ciò comporta una discriminazione tra chi è vittima d’incidenti sul lavoro o malattie professionali per colpe del datore e le vittime da illeciti di un terzo colpa od inadempimento etc. , cui, invece, è riconosciuto un risarcimento integrale. Per la CEDU invece non c’è alcuna deroga al combinato disposto degli artt. 14 divieto di discriminazione e 1 protocollo 1 Cedu. Rileva, infatti, come la responsabilità del datore per gli incidenti sul lavoro e/o le malattie professionali sia speciale e ben diversa da quella del terzo per un qualsiasi illecito previsto dal diritto comune sono diversi il contesto in cui si verifica il danno e la qualità delle vittime . I casi analoghi alla fattispecie, che comprendono anche i danni provocati dalla negligenza e dalle colpe del lavoratore e l’infortunio in itinere, indipendentemente da chi l’abbia provocato, non richiedono la prova del nesso casuale né l’intervento del giudice, come per gli altri previsti dal diritto comune il risarcimento è automatico, rapido e versato sotto forma di contributi e di pensioni d’invalidità. In breve quello in esame è un regime speciale che si basa sull’automaticità dell’indennizzo e sulla solidarietà il ramo degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è finanziato con i contributi versati dai datori Ruszkowska c. Polonia del 1/7/14 sull’ampia discrezionalità degli Stati sulla scelta dei regimi assicurativi . SEZ. IV CASO BABIARZ C. POLONIA 10 GENNAIO 2017, RIC.1955/10 RICHIESTA DI DIVORZIO NUOVA FAMIGLIA RIFIUTO DELLE AUTORITÀ INTERNE. La Cedu non contempla alcun diritto al divorzio lecito il rifiuto delle autorità interne. Nel 2004 conobbe la madre di suo figlio e sua convivente more uxorio dal 2005 pochi mesi prima della nascita del bimbo .La legge polacca, però, consente di chiedere il divorzio solo in caso di rottura definitiva ed insanabile dei rapporti coniugali economici, sessuali, convivenza e, se non vi sono figli, solo da parte del coniuge cui non può essere addebitato. In caso contrario questi potrà rifiutarlo e le autorità interne, salvo provare che si tratti di una ritorsione o che esso sia contrario ai ragionevoli principi della convivenza , devono convalidare il rifiuto, come hanno fatto nella fattispecie, impedendogli, così, le nozze con la nuova compagna. La CEDU rileva, come anche dai lavori preparatori della Cedu, non emerga alcun diritto al divorzio, perciò ha escluso nella fattispecie ogni deroga agli artt. 8 e/o 12 diritto alle nozze Cedu. Lo Stato è libero d’introdurre o meno questo istituto nel proprio ordinamento, ma, qualora lo preveda, deve consentire le nuove nozze degli ex coniugi, anche se ciò può essere ostacolato dall’eccessiva durata dei procedimenti di divorzio. Il rifiuto è lecito se volto ad impedire che un coniuge lasci l’altro per avere un figlio da un nuovo partner, tanto più che gli artt. 8 e 12 tutelano la famiglia Johnston ed altri c. Irlanda del 18/12/86 e Jeunesse c. Olanda [GC] del 2014 . Nella fattispecie la legge è lecita e compatibile con la Cedu anche senza le nuove nozze ha potuto avere e riconoscere il figlio, mantenere la nuova famiglia etc. e, se cambieranno le condizioni ostative, potrà avanzare una nuova proposta di divorzio. SEZ.III CASO APARICIO NAVARRO REVERTER E GARCÍA SAN MIGUEL Y ORUETA C. SPAGNA. 10 GENNAIO 2017, RIC.39433/11 TUTELA DELLA PROPRIETÀ IRREGOLARITÀ DELLA CONCESSIONE EDILIZIA-LOTTA ALL’ABUSIVISMO. I terzi acquirenti in buona fede devono essere sempre convenuti nei giudizi che possono pregiudicare i loro diritti. Sono una coppia di sposi che acquistò un appartamento in un immobile in costruzione. Un vicino denunciò irregolarità nel permesso di costruzione, ottenendone l’annullamento e la demolizione di molti appartamenti già costruiti, tra cui quello dei ricorrenti. Non ebbero alcuna notifica prima della sentenza definitiva di demolizione il vicino citò solo il costruttore, quale intestatario della concessione e la PA che l’aveva rilasciata. Vani tutti i ricorsi. La demolizione è sospesa per il sopraggiungere di una riforma delle regole urbanistiche ed in attesa di ottenere un permesso in sanatoria. Violato l’art. 6 Cedu l’assenza di notifiche gli ha provocato un danno irrimediabile, tanto più che non vi è alcuna certezza di ottenere detto permesso in sanatoria e d’impedire la demolizione attualmente sospesa, né la causa per evizione contro il costruttore elimina la lesione dei loro diritti processuali. Assurde le accuse sulla presunta inattività dei ricorrenti non era loro dovere informarsi sulle cause pregiudizievoli dei loro interessi, bensì spettava alle Corti adite dal vicino ed alla PA, essendo noti i loro dati, convocarli come litisconsorti. La violazione dell’equo processo ha assorbito le deroghe agli artt. 8, 13 e 1 protocollo 1. Quest’ultima norma risulta violata negli odierni casi Meciar ed altri e Riedel ed altri c. Slovacchia il blocco degli affitti previsto dalle norme slovacche lede i diritti economici dei proprietari.