RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. V CASO SAGVOLDEN C. NORVEGIA 20 DICEMBRE 2016, RIC.21682/11 COOPERATIVA D’EDILIZIA POTERI OBBLIGHI DI VENDITA FORZATA IMPOSTI AL SOCIO LICEITÀ. Vendita forzata lecita ha violato gli oneri sociali nel mentire sulla convivenza con un figlio violento. Va premesso che la legge norvegese consente alle cooperative, come quella in esame, di ingiungere la vendita al proprietario/socio che abbia commesso gravi violazioni statutarie ed/od inadempienze nei suoi confronti se non ottempera all’ordine nei termini fissati, la cooperativa può procedere coattivamente. In base a questa legge è stata ordinata la vendita forzata dell’appartamento acquistato dall’anziana e malata ricorrente in una cooperativa edilizia di Oslo all’atto dell’acquisto, quale proprietaria e residente, dichiarò di andare a viverci da sola, facendolo ribadire anche dal proprio legale quando la cooperativa chiese lumi sulla convivenza col figlio, noto per il carattere violento a causa del quale erano stati allontanati da un’altra limitrofa. Il figlio fu condannato penalmente per molestie, intimidazioni etc. contro i vicini di entrambi gli stabili e ciò spinse la cooperativa ad applicare la legge ed a chiedere la vendita coattiva dell’appartamento della ricorrente. Vani tutti i tentativi di evitarla ed a nulla sono servite le doglianze della donna sul suo bisogno di assistenza perché vecchia e malata e sulle conseguenze di quel trasloco forzato. Nel 2015, poco prima di morire, lasciò scritto che la presente causa fosse continuata dagli altri figli, estromettendolo espressamente. Per la CEDU, che ha convalidato la scelta della defunta inammissibile la richiesta del figlio violento di proseguire la lite non c’è stata dunque alcuna interferenza nella sua vita privata, dato che la legge e la relativa prassi erano chiare e ben note alla donna, era conscia delle conseguenze delle sue menzogne e della condanna penale del figlio per le violenze contro i vicini. Infatti la vendita forzata è equiparata allo sfratto e la nozione di sostanziale inadempimento era stata codificata dalla prassi includendo anche le condotte contestate al figlio ed all’anziana ricorrente. La donna ha potuto usufruire di tutti i rimedi interni per tutelare i propri interessi e contrastare la vendita, sì che, sotto il profilo dell’articolo 8, i giudici nella loro discrezionalità hanno correttamente bilanciato gli interessi concorrenti e rispettato i parametri fissati da questa norma. Tale equo bilanciamento si desume anche dal fatto che la base fattuale che ha legittimato la vendita condanna penale era chiara stante la peculiarità della procedura coatta non vi era alcun obbligo di udienza orale e le parti si erano già avvalse del contraddittorio in detto processo penale Buterlevičiūtė c. Lituania del 12/1/16, Sejdovic c. Italia [GC] e Jussila c. Finlandia [GC] del 2006 .Esclusa perciò una violazione delle loro garanzie processuali articolo 6 . SEZ. II CASO TRAVAS C. CROAZIA 4 OTTOBRE 2016, RIC.75581/13 LICENZIAMENTO DISCIPLINARE PER DIVORZIO INSEGNANTE DI RELIGIONE TUTELE DEI LAVORATORI E DELLA PRIVACY. Chi insegna religione deve rispettare i dettami della Chiesa lecito licenziare chi divorzia. È un insegnante laico di religione che divorziò, innanzi alla autorità civili, dalla moglie e contrasse poi un nuovo matrimonio civile. La Chiesa giudicandolo ancora sposato con la prima moglie, essendo ciò contrario alla dottrina ed ai valori cristiani, gli revocò il mandato canonico per insegnare sì che fu licenziato e fu impossibilitato a trovare un altro impiego. I suoi ricorsi furono vani il mandato era una condicio sine qua non per insegnare religione nelle scuole e la Chiesa non aveva violato i suoi diritti. Persino la Consulta confermò queste decisioni, ma il suo Presidente rilevò come ciò violasse i principi costituzionali e della CEDU ledendo la serenità familiare del ricorrente e discriminandolo. In base agli accordi stipulati con la Chiesa cattolica ed altre religioni, alle pertinenti norme dell’UE, internazionali e di diritto comparato, meglio descritte nel caso Fernández Martínez c. Spagna [GC] del 2014, cui si rinvia in toto, si evince che non c’è stata alcuna violazione dell’articolo 8 Cedu. Infatti seppure la vita privata di un individuo non può e non deve influire su quella professionale e sul diritto al lavoro l’articolo 8, però, non garantisce alcun diritto all’occupazione , talvolta il confine tra queste due sfere individuali diventa labile ed è complesso separarle. Più precisamente la nostra identità e quindi la nostra vita privata, strictu senso , è data anche dalle nostre relazioni sociali, tra cui anche quelle professionali. Tutti i risvolti della vita privata che possono ripercorrersi su quella professionale, ricadono nella nozione di privacy tutelata dall’articolo 8, che ha un’ampia portata. Ergo ogni volta che un aspetto della vita privata di un individuo può essere considerato come una condizione essenziale per svolgere una certa professione non potrà essere invocata una deroga all’articolo 8. In breve è noto che la dottrina cattolica tuteli il matrimonio nel momento in cui il ricorrente ha deciso di chiedere il divorzio alla autorità civili e di contrarre nuove nozze ha fatto venire meno le condizioni morali ed essenziali per ottenere il mandato ecclesiastico all’insegnamento, ponendosi nella condizione di essere licenziato.