RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ.V CASO VINNIYCHUK C. UCRAINA 20 OTTOBRE 2016, RIC.34000/07 EDILIZIA POPOLARE REQUISITI DEL DIRITTO ALL’ALLOGGIO ANNULLAMENTO DELLO SFRATTO DIRITTI DEL BENEFICIARIO. Lo Stato deve ottemperare rapidamente alle sentenze che riconoscono il diritto all’alloggio di una madre di due bambini. Nel 1998 fu sfrattata dall’alloggio di edilizia popolare, che occupava con due figli minori, per un presunto allontanamento in realtà stava scontando una pena detentiva in Russia, poi andò a vivere ospite di amici, senza prendere la residenza da loro. Le Corti interne, in tutti i gradi di giudizio, le riconobbero che non si era allontanata, il diritto ad occupare questo alloggio ed ordinarono la restituzione. Ciò fu impossibile perché era stato privatizzato e venduto in buona fede ad un terzo che andava tutelato vane le richieste in tal senso . La PA non ottemperò all’ordine di reperire un appartamento di pari caratteristiche, che fu trovato dalla donna l’occupante era deceduto, e, una volta acclarata la proprietà del Comune, le fu riconosciuto il diritto di occuparlo. La CEDU rimarca come l’eccessivo ritardo nel rispettare il diritto all’alloggio della ricorrente, non solo palese, ma anche acclarato da sentenze non ottemperate, costituisca un’ingiustificata, sproporzionata ed illecita interferenza nella sua serenità familiare articolo 8 Cedu , tanto più che non le sono state offerte soluzioni alternative malgrado la sue serie esigenze abitative presenza di due minori . È la donna ad aver reperito una casa ed ha affrontato una nuova lite per l’assegnazione con aggravio di spese ed ulteriore perdita di tempo è evidente come ciò le abbia imposto un onere individuale eccessivamente ed ingiustamente gravoso Dubetska e altri c. Ucraina del 10/2/11 . Oltre a questo l’assenza di norme interne per richiedere l’ottemperanza di dette sentenze ha spinto la CEDU a ravvisare una deroga dell’articolo 13 assenza di rimedi interni . SEZ. II CASO G.U. C. TURCHIA 18 OTTOBRE 2016, RIC.16643/10 PEDOFILIA VIOLENZA IN FAMIGLIA MANCATA PUNIZIONE DEL COLPEVOLE. Segni di violenza non recenti non sono una giusta scusa per non individuare il colpevole e punirlo. La ricorrente, minore all’epoca dei fatti, denunciò numerose molestie ed uno stupro da parte del patrigno che aveva 62 anni. Le indagini mediche fatte dopo la denuncia non evidenziarono segni di violenza, ma provarono una pregressa rottura dell’imene. L’uomo dichiarò di essere impotente da un anno e lo dimostrò con certificati medici. Non fu perciò creduta e l’uomo fu assolto in ogni grado di giudizio. Inserito nei factsheets Protection of minors. Per la CEDU sono stati violati gli artt. 3 e 8 Cedu, perché le autorità interne non hanno usato tutti i mezzi a loro disposizione per acclarare i fatti e le circostanze in cui era stato perpetrato lo stupro, né le conseguenze che questo ha avuto su un soggetto a minorata difesa, come la ricorrente, una bambina all’epoca dei fatti, specialmente se è stato commesso all’interno della cerchia familiare S.Z. c. Bulgaria del 3/3/15 ed M.N. c. Bulgaria del 27/11/12 . A livello internazionale la materia è regolata dalla Convenzione del COE sullo sfruttamento e l’abuso sessuale dei minori del 12/7/07 in vigore dall’1/7/10 . Sempre sulla violazione dell’articolo 3 la GC il 20/10/16, nel caso Mursic c. Croazia, ha ribadito che una superficie inferiore a 3 mq per detenuto, nelle celle collettive, viola questa norma, smentendo parzialmente la precedente decisione delle sue sezioni semplici. SEZ.II CASO MIESSEN C. BELGIO 18 OTTOBRE 2016, RIC.31517/12 EQUO PROCESSO RIPRODUZIONE INTERGALE DI UN RICORSO GIÀ PRESENTATO IN UN ALTRO GRADO DI GIUDIZIO IRRICEVIBILITÀ. Lecito riproporre o richiamare un pregresso ricorso sulla medesima lite. Fu aggredito da ignoti ed il processo penale fu, perciò, archiviato, comportando il rigetto della sua domanda per ottenere un aiuto finanziario dal Fondo per le vittime di reati violenti, presentata alla competente Commissione 3 anni dopo l’aggressione. Fece un ricorso in autotutela richiesta di annullamento in cui si lamentava di una motivazione quasi inesistente del rigetto della sua richiesta, che poi fu integralmente riprodotto nel gravame di questo rifiuto innanzi al Consiglio di Stato che lo dichiarò irricevibile, accogliendo l’eccezione della PA, proprio per questo motivo. La CEDU nel ravvisare una deroga all’equo processo articolo 6 evidenzia come le norme, che regolano il diritto del ricorrente ad essere indennizzato per le conseguenze di un reato violento, compiuto da ignoti, facciano parte sia della sfera previdenziale-assicurativa che di quella patrimoniale dell’uomo. Più precisamente rientrano nella nozione di diritti e doveri civili di uno Stato, poiché rientra nel concetto di solidarietà collettiva riconoscere un indennizzo a queste vittime per garantire loro un’assistenza finanziaria. Orbene anche se le Corti hanno margini di discrezionalità nell’acclarare questo diritto e nel quantificarlo, questi sono sottoposti a limiti ben precisi, in primis nel dover bilanciare l’interesse delle vittime con quelli contrapposti pubblici. È lecito che il ricorso in Cassazione richieda presupposti più severi di quelli dell’appello, visto che tali preclusioni devono assicurare il rispetto del principio della certezza del diritto e della buona amministrazione della giustizia, ma devono pur sempre essere proporzionate a tali fini. Rigettare un ricorso perché ripropone l’istanza integralmente o sinteticamente già avanzata in altra fase o sede processuale è un eccesso di formalismo che porta ad impedire l’accesso alla giustizia ed a violare le garanzie processuali del ricorrente Grande Stevens ed altri c. Italia nel quotidiano del 5/3/14, Morice c. Francia [GC]nella rassegna del 24/4/15 .