RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2016 423, C-25/15 9 GIUGNO 2016 RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE DI CONDANNA PENALE EMESSA ALL’ESTERO TRADUZIONE NOZIONE DI PROCEDIMENTO PENALE. Cooperazione giudiziaria in materia penale – Diritto all’interpretazione e alla traduzione – Ambito di applicazione – Nozione di procedimento penale – Procedimento previsto in uno Stato membro per il riconoscimento di una decisione in materia penale emessa da un organo giurisdizionale di un altro Stato membro e per l’iscrizione nel casellario giudiziario della condanna pronunciata da tale organo – Costi connessi alla traduzione di tale decisione. L’articolo 1 § .1 Direttiva 2010/64/UE, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, deve essere interpretato nel senso che la menzionata direttiva non si applica ad un procedimento speciale nazionale di riconoscimento da parte del giudice di uno Stato membro di una decisione giudiziaria definitiva pronunciata da un organo giurisdizionale di un altro Stato membro che ha condannato una persona per la commissione di un reato. La decisione quadro 2009/315/GAI, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario, nonché la decisione 2009/316/GAI, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari ECRIS , in applicazione dell’articolo 11 della DQ 2009/315, devono essere interpretate nel senso che ostano all’attuazione di una normativa nazionale che istituisce un siffatto procedimento speciale. Il procedimento in questione è quello della legge ungherese sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale la sentenza straniera di cui si chiede il riconoscimento deve essere tradotta dalla Corte del paese che la deve eseguire e/o, come nel nostro caso, iscriverla nel casellario. È un procedimento accessorio all’exequatur, che non comporta alcuna valutazione del merito della sentenza straniera, per fornire assistenza linguistica al cittadino condannato in realtà la traduzione è una condizione necessaria per la validità del procedimento speciale de qua, non per tutelare gli interessi processuali del cittadino. Infatti le norme in questione e l’articolo 6 Cedu impongono l’assistenza linguistica in tutte le fasi del processo penale dall’arresto, dall’interrogatorio di garanzia sino alla sentenza di condanna od assoluzione ed è preordinata alla tutela dell’equo processo e delle garanzie processuali dell’imputato. Questo fine è raggiunto anche con l’ausilio di mezzi come ECRIS ed i database Schengen per lo scambio d’informazioni tra paesi dell’UE. Orbene questa contestata procedura interviene quando la sentenza è passata in giudicato e non ha alcun fine garantista del cittadino condannato. Da queste riflessioni è scaturita tale massima. I principi di diritto sottesi alla lite sono già stati enunciati dalle EU C 2015 79 e 339 nella rassegna del 22/5/15. Per completezza si citi la sentenza EU C 2016 385, C-241/15 dell’1/5/16 in cui si stigmatizza la procedura semplificata prevista dal diritto ungherese che consente, nel caso in cui la persona ricercata si trovi al di fuori del territorio magiaro, di spiccare un MAE prima ancora di un mandato d’arresto nazionale condicio sine qua non per emettere un MAE, però, è l’esistenza materiale di una sentenza definitiva o di una decisione giudiziaria esecutiva come un mandato di arresto nazionale, non essendo sufficiente la mera volontà di richiederlo, come nella fattispecie. EU C 2016 278, C-441/14 19 APRILE 2016 TUTELA DEI LAVORATORI INDENNITÀ DI LICENZIAMENTO PENSIONE DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE IN BASE ALL’ETÀ. Normativa nazionale contraria a una direttiva – Possibilità per un privato di far valere la responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione – Controversia tra privati – Bilanciamento di diversi diritti e principi – Principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento – Ruolo del giudice nazionale. Il principio generale della non discriminazione in ragione dell’età, come espresso concretamente dalla direttiva 2000/78/CE par condicio in materia di occupazione e di condizioni di lavoro deve essere interpretato nel senso che esso osta, anche in una controversia tra privati, a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che priva un lavoratore subordinato del diritto di beneficiare di un’indennità di licenziamento allorché ha titolo a una pensione di vecchiaia da parte del datore di lavoro nell’ambito di un regime pensionistico al quale tale lavoratore subordinato abbia aderito prima del compimento del cinquantesimo anno di età, indipendentemente dal fatto che egli scelga di restare nel mercato del lavoro o di andare in pensione. Il diritto dell’UE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, investito di una controversia tra privati rientrante nell’ambito di applicazione di detta direttiva è tenuto, nel momento in cui attua le disposizioni del suo diritto interno, a interpretarle in modo tale che esse possano ricevere un’applicazione conforme a tale direttiva ovvero, qualora una siffatta interpretazione conforme fosse impossibile, a disapplicare, se necessario, qualsiasi disposizione di tale diritto interno contraria al principio generale della non discriminazione in ragione dell’età. Né i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento né la possibilità per il privato che si ritenga leso dall’applicazione di una disposizione nazionale contraria al diritto dell’UE di far valere la responsabilità dello Stato membro interessato per violazione del diritto dell’UE possono rimettere in discussione tale obbligo. La lite principale riguarda un dipendente ed una PA circa la possibilità di ottenere un’indennità speciale di licenziamento anche se il lavoratore licenziato ha raggiunto l’età pensionabile, che sarebbe l’unica entrata spettantegli. La presente causa ha oggetto la lite tra i privati che dovrebbero versare al dipendente tale indennità. I principi di diritto sottesi a questa massima sono già stati codificati dalle EU C 2015 635, 2010 21, 600 e 2005 709. Si citi anche un altro analogo caso deciso dalla EU C 2016 391, C-122/15 del 2/6/16 in cui l’imposta suppletiva dei redditi derivanti da una pensione di vecchiaia rispetto a quelli salariali, prevista dalla legge finlandese, non rientra nell’ambito di applicazione della D.2000/78 e dell’articolo 21 Carta di Nizza, non rientrando quindi nell’ambito delle discriminazioni in base all’età.