RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. I CASO MAMATAS ED ALTRI comma GRECIA 21 LUGLIO 2016, RIcomma 63066/14, 64297/14 E 66106/14. CRISI GRECA SVALUTAZIONE DEI TITOLI E DELLE OBBLIGAZIONI DEI PRIVATI TUTELA DEI RISPARMIATORI RINVIO ALLA PRASSI DELLA CGUE ANCHE SU BAIL-IN. Ristrutturare il debito pubblico è un interesse primario che giustifica la svalutazione dei titoli dei risparmiatori. Sono 6320 cittadini che lamentano i vani tentativi di tutelare i loro risparmi persero cifre tra €.10.000 e €. 1.510.000. Con due leggi del 2012 e del 2014 il Governo, per ripagare il forte debito, concordò con l’UE ed il FMI ci fu una forte svalutazione dei titoli, senza consultare il popolo che ne deteneva l’1% del totale, che si sentì discriminato nei confronti dei grandi creditori. Più precisamente la legge del 2012 permise anche di concordare, tramite class action, il rimborso, stabilendo che le condizioni pattuite, che dovevano approvarlo < < a maggioranza rafforzata> > sarebbero state valide anche per chi le avesse rifiutate i titoli subirono una decurtazione del 53,5%. La CEDU ha escluso deroghe agli artt. 1 protocollo 1 e 14 Cedu in combinato con l’altro articolo da un lato questa partecipazione forzata all’accordo, che ha portato alla svalutazione dei titoli, è un’ingerenza nei diritti economici e di proprietà dei ricorrenti, ma non è illecita. Infatti questa misura era generale e volta a tutelare i supremi interessi della nazione, perché dovuta alla crisi economica, alla necessità di riparare il debito pubblico e per evitare il blocco dei pagamenti statali. Inoltre gli investitori dovevano essere coscienti dell’alea e dei rischi di queste operazioni dato che già da prima della crisi del 2009 lo Stato era fortemente indebitato. Non è nemmeno invocabile una discriminazione tra piccoli e grandi investitori e tra chi ha partecipato o meno all’accordo era difficile localizzare i titolari delle < < obbligazioni del mercato volatile> > , stabilire criteri precisi di differenziazione tra i titolari di queste obbligazioni, c’era il rischio di mettere in pericolo tutta l’operazione con conseguenze disastrose per l’economia e, quindi, era necessario agire rapidamente per la riparazione del debito Carbonara e Ventura c. Italia del 30/5/00, Guiso-Galliasay c. Italia dell’8/12/05 e Da Silva Carvalho Rico c. Portogallo dell’1/9/15 . La sentenza fa un espresso richiamo alle norme dell’UE ed alla prassi delle Corti dell’UE concordi con quanto stabilito dalla CEDU su questo punto richiama un precedente sul ricorso di un gruppo di italiani contro la BCE per la svalutazione dei titoli greci EU T 2015 706, T-79/13 . Infatti anche una recente decisione della CGUE EU C 2016 570, C-526/14, caso Kotnik ed altri del 19/7/16 attinente alle norme sul risanamento delle banche ed al bail-in è in linea con quanto sopra la comunicazione della Commissione del 18/12/13 sugli aiuti al settore bancario è valida e, soprattutto, la ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati in vista dell’autorizzazione, da parte della Commissione, degli aiuti di Stato a favore di una banca sottocapitalizzata non viola il diritto dell’UE. Per quanto attiene alle misure di conversione o svalutazione dei titoli subordinati, la CGUE ritiene che uno Stato membro non sia obbligato ad imporre alle banche in difficoltà, prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, di convertire in capitale i titoli subordinati o di svalutarli, né di impiegare integralmente tali titoli per assorbire le perdite. In siffatti casi, non si potrà tuttavia ritenere che l'aiuto di Stato, di cui trattasi nella fattispecie risolta con questa sentenza della GCUE, sia stato limitato al minimo necessario, sì che sia lo Stato che le banche interessate possono vedersi opposta una decisione della Commissione che ne stigmatizzi l’incompatibilità col mercato interno. La CGUE, perciò, precisa che tali misure non devono andare oltre a quanto è necessario per rimediare al deficit di fondi propri della banca interessata. SEZ.V CASO GEOTECH KANCEV GmbtH comma GERMANIA 2 GIUGNO 2016, RIC.23646/09. ONERE DI VERSARE I CONTRIBUTI PREVIDENZIALI SINDACATI LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE. L’onere di versare le quote sociali ad un’associazione di categoria od ad un collegio/ordine professionale non viola la Cedu. È una ditta specializzata nel carotaggio, nell’analisi geologica del terreno al fine di valutarne l’edificabilità fu obbligata dalle associazioni patronali e dai sindacati del settore edile a versare contributi ad un fondo di sicurezza sociale pari al 19,8 % del salario di ciascun dipendente. Ritenendo ciò un’inopportuna pressione ad aderire al sindacato od al patronato rifiutò di versarli e fu condannata a saldare un’esosa cifra a titolo di arretrati. Tutti i ricorsi furono vani. Esclusa la violazione degli artt. 11 e 1 protocollo 1 Cedu. Infatti è troppo lungi dall’essenza stessa della libertà di associazione considerare questa esortazione a versare i contributi come un limite alla stessa, poichè i promotori della cassa previdenziale non avevano un trattamento diverso dagli altri non associati relativamente ai doveri di trasparenza ed alle responsabilità, le quote versate erano impiegate esclusivamente per la gestione e l’attuazione di detti regimi di sicurezza sociale ed i poteri pubblici esercitavano controlli di elevato livello Vör& eth ur Ólafsson c. Islanda del 2010 e Zammit ed Attard Cassar c. Malta nella rassegna del 31/7/15 . SEZ. IV S.comma BRITANNIC WORLD S.R.L. comma ROMANIA 26 APRILE 2016, RIC.8602/09. LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO NULLITÀ DELLA VENDITA RIESAME DELLA SENTENZA FAVOREVOLE AL DATORE. Una volta che l’illiceità di un contratto è appurata da una sentenza definitiva non può più essere messa in discussione. Licenziò un suo dirigente perché arrogandosi un potere mai conferitogli vendette un suo terreno ad un’altra ditta. Nel corso dell’impugnativa del licenziamento, in cui chiedeva anche l’annullamento di tale vendita, le Corti emisero sentenze contraddittorie in un primo momento fu considerata lecita e che tra i poteri del dirigente era riconosciuto anche quello contestato, poi fu annullata perché, pur avendo questa facoltà, non l’aveva sottoscritto con la forma pubblica scritta innanzi ad un notaio . In seguito questa sentenza definitiva fu cassata. La Cedu rileva come il riesame di una sentenza già passata in giudicato violi il principio della sicurezza dei rapporti e quindi l’equo processo. Per ulteriori approfondimenti si rinvia a quanto già esplicato sul caso S.comma Uzinexport S.A. c. Romania nella rassegna del 3/4/15.