RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ. V CASO FOULON E BOUVET comma FRANCIA 21 LUGLIO 2016, RICC.9063 E 10410/14 UTERO IN AFFITTO PMA ESEGUITA ALL’ESTERO RICONOSCIMENTO DELLA FILIAZIONE IN PATRIA. Il ricorso alla maternità surrogata, vietata dalle leggi interne, non può ostacolare la trascrizione dell’atto di nascita in patria. I ricorsi sono stati riuniti i ricorrenti ebbero rispettivamente un figlio e due gemelli in India, ma tutti i ricorsi ed i tentativi presso l’ambasciata di ottenere in patria la trascrizione dell’atto di nascita ed il riconoscimento del legame familiare con i piccoli furono vani. Infatti le autorità francesi sospettavano che fossero ricorsi all’utero in affitto, espressamente vietato dalle leggi francesi. La CEDU conferma i suoi precedenti in materia Menesson c. Francia e Labasse c. Francia del 26/6/14 il rifiuto di riconoscere la nazionalità francese ai figli nati da maternità surrogata, vietata dall’ordinamento interno, ex art. 8 Cedu non viola il rispetto alla vita familiare dei ricorrenti, ma il diritto alla privacy dei figli. Infatti la prassi interna francese, che sul punto ha avuto un revirement, ha rilevato che l’atto di nascita nullo o non valido utero in affitto, falsificazione etc. di per sé non può costituire un ostacolo alla trascrizione in patria, soprattutto se il figlio risiede all’estero con i genitori sotto la supervisione delle autorità locali. Il figlio, per poter godere di tutti i diritti spettantegli in quanto tale eredità, diritto al norme, iscrizione a scuola etc. , può validamente chiedere il riconoscimento di paternità, del suo status od azionare altri mezzi sul riconoscimento delle genitorialità sociale di chi è ricorso a questa pratica vietata si veda anche Paradiso e Campanelli . SEZ.IV CASO MIRCEA POP comma ROMANIA 19 LUGLIO 2016, RIC.43885/13 MORTE BIANCA SICUREZZA SUL LAVORO TUTELA DEI LAVORATORI. Lo Stato deve punire chi non applica le misure di sicurezza sul lavoro, causando incidenti anche fatali. Suo figlio morì folgorato perché, come accertato, dalla Corti interne commise un errore in quanto non gli era stato fornito un equipaggiamento di sicurezza adeguato né era stato debitamente formato. Ascrivendo la responsabilità alla negligenza del giovane, negarono ogni risarcimento ed anche i processi penali contro il datore ed il capo cantiere si conclusero con assoluzioni piene o semplici contravvenzioni. La CEDU preliminarmente rileva come il Dossiers del Comitato europeo dei diritti sociali abbia stigmatizzato il comportamento di questo Stato per l’alto tasso d’infortuni e di morti sul lavoro per l’assenza di adozioni di misure a tutela della sicurezza e di adeguate sanzioni contro i datori. Ciò viola gli articolo 3 della Carta sociale europea lo statuto dei lavoratori dell’UE del 1999 e 7 del Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali del 1974. Lo Stato ha doveri di cura e protezione doveva investigare accuratamente per acclarare le circostanze in cui è avvenuto l’incidente mortale, reperire le prove, trovare e punire i colpevoli le Corti hanno permesso la prescrizione dei reati sulla sicurezza sul lavoro. Questa sua negligenza nel vigilare sulla attuazione di queste misure e sul corretto svolgimento dell’inchiesta penale, nei termini esplicati, ha comportato la violazione dell’art. 2 Cedu sotto il profilo procedurale Cucu c. Romania del 17/5/11 . SEZ.IV CASO CALIN ED ALTRI 17 LUGLIO 2016, RICcomma 25057/11, 34739/11 E 20316/12 AZIONE DI RICONOSCIMENTO DELLA PATERNITÀ FIGLI NATI AL DI FUORI DEL MATRIMONIO SUCCESSIONE E RETROATTIVITÀ DELLE LEGGI. Lo Stato, salvo tassativi casi, non deve ostacolare il riconoscimento della paternità biologica. Sono tre ragazzi che contestarono invano l’applicabilità di una nuova legge del 2007 che modificava il diritto familiare dichiarando imprescrittibile l’azione di riconoscimento della paternità dei figli nati fuori dal matrimonio tutti i ricorsi furono vani anche perché la Consulta, nel frattempo, aveva dichiarato incostituzionale la norma che prevedeva la retroattività estendendola anche a chi era nato prima della vigenza come nella fattispecie. In questo caso il loro diritto era prescritto, perché avrebbero dovuto proporla un anno dopo la nascita o dopo la morte del padre. La CEDU richiama la Convenzione del fanciullo dell’ONU del 1989, la Convenzione europea sullo status giuridico dei figli nati fuori dal matrimonio del 1975 ed il Libro bianco sulle conseguenze giuridiche del rapporto padre-figlio del Comitato di esperti sul diritto della famiglia CJ FA del 2004 per ribadire come il diritto al nome sia un diritto fondamentale, posto alla base dell’identità stessa della persona e come tale è tutelato dall’art. 8 Cedu palesemente violato nella fattispecie. Lo Stato pur avendo un margine di discrezionalità le norme nei vari paesi dell’UE non sono uniformi deve attuare obblighi positivi e negativi bilanciando equamente gli interessi del padre circa le conseguenze di un riconoscimento dopo molti anni e quelli descritti dei figli, che non hanno potuto contare sui principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento, né avevano mezzi per reclamare i loro diritti.Nella fattispecie le Corti non hanno equamente bilanciato gli interessi in gioco, pertanto c’è stata un’interferenza illecita e sproporzionata sanzionabile ex art. 8 Cedu Roman c. Finlandia del 29/1/13 e Konstantinidis c. Grecia del 3/4/14 .