RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2015 832, C-419/14 17 DICEMBRE 2015 INTERCETTAZIONI USO DI PROVE DEL PROCESSO PENALE IN QUELLO AMMINISTRATIVO FRODE FISCALE ESENZIONE IVA CESSIONE DEL KNOW-HOW AD AZIENDA ESTERA. Luogo della prestazione di servizi resi per via elettronica– Fissazione artificiosa di tale luogo mediante una costruzione priva di effettività economica– Abuso di diritto–Diritti della difesa ed al contraddittorio– processo penale parallelo archiviato all’insaputa del soggetto passivo– Sequestri di mails. Il diritto dell’UE deve essere interpretato nel senso che, per accertare se, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, un contratto di licenza avente ad oggetto la locazione di un know-how che consentiva lo sfruttamento di un sito internet hot” tramite il quale erano prestati servizi audiovisivi interattivi, concluso con una società con sede in uno Stato membro diverso Portogallo da quello nel cui territorio aveva sede la società che ha ceduto tale licenza Ungheria , traeva origine da un abuso di diritto volto a beneficiare di un’aliquota dell’IVA applicabile a detti servizi meno elevata nello Stato ospitante. Il fatto che l’amministratore e unico azionista di quest’ultima società fosse il creatore di tale know-how , che lo stesso esercitasse un’influenza o un controllo sullo sviluppo e sullo sfruttamento di detto know-how e sulla prestazione dei servizi basati sullo stesso, che la gestione delle transazioni finanziarie, del personale e degli strumenti tecnici necessari alla prestazione di detti servizi fosse assicurata da subcontraenti, al pari dei motivi che possono aver portato la società che ha ceduto la licenza a concedere in locazione tale know-how a una società con sede in tale altro Stato membro invece di sfruttarlo essa stessa, non appaiono di per sé decisivi. Spetta al giudice del rinvio analizzare l’insieme delle circostanze di questo procedimento per accertare se tale contratto costituiva una costruzione puramente artificiosa intesa a dissimulare il fatto che la prestazione di servizi di cui trattasi non era effettivamente resa dalla società che ha acquisito la licenza, ma era di fatto resa dalla società che ha concesso la licenza, verificando in particolare se la sede dell’attività economica o della stabile organizzazione della società che ha acquisito la licenza non era effettiva o se tale società, ai fini dell’esercizio dell’attività economica considerata, non aveva una struttura adeguata in termini di locali, di personale e di strumenti tecnici, o ancora se detta società non esercitava tale attività economica in proprio nome e per proprio conto, sotto la propria responsabilità e a proprio rischio. Inoltre in caso di constatazione di una pratica abusiva che abbia condotto a fissare il luogo di una prestazione di servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui esso sarebbe stato fissato senza tale pratica abusiva, il fatto che l’IVA sia stata pagata in detto altro Stato membro conformemente alla sua legislazione non osta a che si proceda a un accertamento di tale imposta nello Stato membro del luogo in cui tale prestazione di servizi è stata effettivamente resa. Il regolamento UE numero 904/2010 cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’IVA , deve essere interpretato nel senso che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro che esamina l’esigibilità dell’IVA per prestazioni che sono già state assoggettate a detta imposta in altri Stati membri è tenuta a rivolgere una richiesta di informazioni alle loro amministrazioni tributarie qualora ciò sia utile, se non indispensabile, per accertare che l’imposta sul valore aggiunto sia esigibile nel primo Stato membro. Infine il diritto dell’UE deve essere interpretato nel senso che non osta a che, ai fini dell’applicazione degli artt. 4 § .3 TUE, 325TFUE, 2, 250 § . 1 e 273 Direttiva 2006/112/CE c.d. Direttiva IVA l’amministrazione tributaria possa, allo scopo di accertare la sussistenza di una pratica abusiva in materia d’IVA, utilizzare prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale parallelo non ancora concluso, all’insaputa del soggetto passivo, mediante, ad esempio, intercettazioni di telecomunicazioni e sequestri di messaggi di posta elettronica, a condizione che l’ottenimento di tali prove nell’ambito di detto procedimento penale e il loro utilizzo nell’ambito del procedimento amministrativo non violino i diritti garantiti dal diritto dell’UE spetterà al giudice di rinvio verificare se tali mezzi di prova sono utilizzabili e necessarie nel processo penale ed utilizzabili anche nel giudizio amministrativo, consentendo al soggetto passivo di avere accesso alle stesse e di esser sentito sul punto in ossequi agli artt. 7, 47 e 52 della Carta di Nizza. Se esso constata che una violazione di tali diritti e/o l’impossibilità dell’interessato di visionare tali prove non deve ammetterle e e deve annullare tale decisione se essa risulta, per tale ragione, priva di fondamento ed in deroga all’art. 7 della Carta di Nizza. Parimenti, non devono essere ammesse tali prove se detto giudice non è abilitato a controllare che esse siano state ottenute nell’ambito del procedimento penale conformemente al diritto dell’UE o non può quantomeno sincerarsi, sulla base di un controllo già effettuato da un giudice penale nell’ambito di un procedimento in contraddittorio, che esse siano state ottenute conformemente a tale diritto. I principi su cui si fonda questa sentenza sono stati enunciati dalle EU C 2006 121 e 2013 105. Si ricordi che gli artt. 6 e 8 Cedu, ripresi dalla citate norme della Carta di Nizza, fissano limiti stringenti riguardo al sequestro ed all’uso di prove provenienti da altri procedimenti per tutelare le garanzie processuali delle parti, la buona e trasparente amministrazione della giustizia CEDU Vinci Construction e GTM Génie Civil et Services c. Francia, GBS C. Svizzera, Brito Ferrigno Bexiga Villa-Nova c. Portogallo, M.N. c. San Marino nelle rassegne del 3/4, 23, 4/12 e 10/7/15 .