RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SEZ.I CASO VRTAR comma CROAZIA 7 GENNAIO 2016, RIC.39380/13 LEGGE PINTO ASSEGNO DI MANTENIMENTO AI FIGLI MANCATO SALDO. L’indigenza del padre talvolta non può giustificare i ritardi nell’esecuzione della sentenza sugli alimenti ai figli, già passata in giudicato. Il caso è il classico contrasto tra i genitori per il saldo degli alimenti ai figli. Nella fattispecie la madre, che agiva a nome e per conto della figlia minorenne, lamentò di non ricevere il dovuto dal 1999. Dal 2001, malgrado diversi ricorsi, esecuzioni forzate e sentenze favorevoli alla donna l’importo in corso di lite fu aumentato che imponevano il prelievo prima dal salario e poi dalla pensione del padre, non ha ottenuto alcun pagamento sino alla fine del 2014. Contesta l’eccessiva durata dei processi 13 anni e l’assenza di rimedi effettivamente efficaci per far valere l’onere di mantenimento della prole. Si noti che già nel 2012 ha ottenuto, per tali motivi, un equo indennizzo pari ad €.1070. Ravvisa plurime violazioni degli artt. 6 § .1 e 13 Cedu. Infatti già nel 2012 il G.E aveva chiesto che l’esecuzione della sentenza di mantenimento della figlia fosse eseguita entro 6 mesi, ma ciò è avvenuto dopo 2 anni e 8 mesi. In generale i giudici devono fissare le udienze, senza addurre scuse, in lassi di tempo rapidi e ragionevoli onde evitare prescrizioni e rispettando i termini ragionevoli della giustizia . Lo Stato ha l’obbligo di organizzare un sistema di esecuzione delle sentenze efficacie sia nel diritto che nella pratica, sì che essa non sia indebitamente ritardata, impedita ed/od invalidata dall’inerzia dei giudici o dello Stato o delle parti. L’indigenza del padre, quale ritardo o causa della mancata esecuzione non è imputabile allo Stato, salvo e nella misura in cui ciò sia ascrivibile agli errori ed ai ritardi delle autorità interne nell’ottemperare la sentenza passata in giudicato. Nella fattispecie si sono ingiustamente rifiutati di elevare il pignoramento della pensione dal 10% ad un 1/3 per la concomitanza di un’altra procedura esecutiva promossa da un terzo, senza tenere conto che il mantenimento della prole prevale su tutti gli altri interessi confliggenti. L’assenza di rimedi per accelerare le cause ed ottenere giustizia rapidamente viola l’art. 13 Scordino c. Italia numero 1 [GC] del 2006 e Bucke c. Montenegro del 21/2/12 . Il saldo di un equo indennizzo non esula dal ravvisare una violazione dell’equo processo. Risarcita con complessivi €.5870.Si ricorda che dal 1/1/16, come più volte comunicato sull’homepage 1/12/15 e 1/1/16 , vigono nuove regole per l’introduzione dei ricorsi presso la CEDU, consultabili sul sito istituzionale alla voce Official texts sez. Rules of Court presto disponibili anche in italiano . SEZ. IV CASO CARAGEA comma ROMANIA 8 DICEMBRE 2015, RIC.51/06 DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA DOVERI DEI GIORNALISTI DIRITTO DI CRONACA VS TUTELA DELLA REPUTAZIONE. Le accuse e le critiche, se hanno una base fattuale, rientrano nella libertà di stampa e nel diritto di cronaca. Il caso riguarda le doglianze del CEO e maggiore azionista di una società, che fu nazionalizzata, circa l’assoluzione di un giornalista dalle accuse di diffamazione a mezzo stampa lo accusò di condotta immorale e mise in dubbio la sua professionalità . Per le Corti interne non aveva leso la sua reputazione, ma rispettato il diritto di cronaca le frasi incriminate avevano una sufficiente base fattuale ed era una vicenda di pubblico interesse. Bisogna distinguere tra giudizi di fatto, sempre dimostrabili e verificabili e giudizi di valore, che essendo una libera opinione, non possono essere provati, ma devono trovare un riscontro nei fatti, altrimenti sarebbero un abuso. Spetta alle Corti interne distinguere e ravvisare una violazione della reputazione altrui inesistente nella fattispecie. La CEDU ha escluso la violazione dell’art. 8 e concordato con le Corti interne Delfi c. Estonia [GC], Couderc, Hachette Filipacchi associes c. Francia [GC] rispettivamente nel quotidiano del 16/6/15 e nella rassegna del 13/11/15 . SEZ.III CASO DORADO BAULDE comma SPAGNA 24 SETTEMBRE 2015, RIcomma 23486/12 REVISIONE DEL PROCESSO SENTENZA DI CONDANNA DEFINITIVA DIRITTO AL DOPPIO GRADO DI GIUDIZIO IN PENALE. Se il controllo sulla sentenza di condanna gravata è conforme alle norme internazionali allora è rispettata la Cedu. Il ricorrente era stato condannato a 10 anni di carcere per traffico di stupefacenti appellò la sentenza presso la Cassazione, lamentando che il giudizio che impediva di riesaminare alcune prove e circostanze fattuali contrastava con l’art. 2 protocollo 7 Cedu diritto ad un doppio grado di giudizio in penale . La S.comma e la Corte costituzionale, poi, rigettarono le censure, ribadendo la liceità della condanna, poiché il vaglio di tutti gli elementi di prova e dei fatti era conforme alle norme internazionali. La CEDU concorda con questa conclusione poiché gli artt. 6 e 13 non riconoscono alcun diritto ad un doppio grado di giudizio né un diritto ad un ricorso nella fattispecie ad un riesame . L’art. 2 protocollo 7 Cedu può concentrarsi sia su questioni di fatto e di diritto che solamente di diritto nella fattispecie la S.comma aveva analizzato approfonditamente la sentenza di condanna e la portata del controllo era conforme al diritto internazionale Shvydka c. Ucraina del 30/10/14 e Muller c. Austria del 18/9/08 . Ergo il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Si noti che la decisione è stata emessa il 1/9/15, pur se depositata il 24.