RASSEGNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

EU C 2015 339, C-65/14 21 MAGGIO 2015 TUTELA LAVORATRICI PUERPERE E/O MADRI IN ALLATTAMENTO INDENNITÀ PER CONGEDO PER MATERNITÀ. Dipendente pubblica messa in aspettativa per motivi personali al fine di occupare un impiego in qualità di dipendente privata – Rifiuto di versarle un’indennità di maternità in quanto, come dipendente privata, non ha maturato il periodo contributivo minimo che dà diritto a talune prestazioni sociali. L’art. 11, punto 4, II comma, della direttiva 92/85/CEE sull’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento X direttiva particolare ex art. 16, § . 1 della direttiva 89/391/CEE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro rifiuti di corrispondere a una lavoratrice un’indennità di maternità in quanto essa, come dipendente pubblica che ha ottenuto una messa in aspettativa per motivi personali al fine di esercitare un’attività lavorativa subordinata nel settore privato, non ha maturato, nell’ambito di quest’ultima attività, il periodo contributivo minimo previsto dal diritto nazionale per fruire della predetta indennità di maternità, sebbene abbia lavorato per più di dodici mesi immediatamente prima della data presunta del suo parto. Infatti il diritto al congedo di maternità riconosciuto alle lavoratrici gestanti va considerato come un mezzo di protezione del diritto sociale che riveste un’importanza particolare. Il legislatore dell’UE ha perciò ritenuto che i cambiamenti essenziali nelle condizioni esistenziali delle interessate, nel corso del limitato periodo di almeno quattordici settimane, precedente e successivo al parto, costituissero un motivo fondato per sospendere l’esercizio della loro attività lavorativa, senza che la legittimità di tale motivo potesse essere rimessa in questione, in qualsiasi modo, dalle pubbliche autorità o dai datori di lavoro EU C 2014 169 e 2389, 2013 571 e 2010 674 . EU C 2015 335 C-352/13 21 MAGGIO 2015 COOPERAZIONE IN MATERIA CIVILE E COMMERICALE RISARCIMENTO DANNI E RICHIESTA D’INFORMAZIONI COMPETENZE SPECIALI PLURALITÀ DI CONVENUTI DIVIETO D’INTESE. Ricorso proposto contro più convenuti domiciliati in Stati membri diversi– Competenza del giudice adito rispetto ad una pluralità di convenuti – Rinuncia agli atti nei confronti del convenuto domiciliato nello Stato membro del giudice adito – Competenza in materia di illeciti civili dolosi o colposi. L’art. 6, punto 1, Regolamento CE n. 44/2001 sulla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che la norma di concentrazione delle competenze in caso di pluralità di convenuti stabilita da tale disposizione può applicarsi riguardo a un’azione volta alla condanna in solido al risarcimento del danno e, nell’ambito di tale azione, alla produzione di informazioni, nei confronti di imprese che hanno partecipato in maniera diversa, sul piano geografico e temporale, a un’infrazione unica e continuata al divieto di intese previsto dal diritto dell’UE accertata da una decisione della Commissione europea art. 101 TFUE , e ciò anche nel caso in cui l’attore abbia rinunciato all’esercizio dell’azione nei confronti dell’unico dei convenuti che sia domiciliato nello Stato membro ove ha sede il giudice adito, salvo che si dimostri l’esistenza di una collusione tra l’attore e detto convenuto allo scopo di creare o di mantenere artificiosamente le condizioni di applicazione di tale disposizione alla data di proposizione di detta azione. L’art. 5 sancisce che l’evento dannoso, unico e continuato, è avvenuto nei confronti di ciascuna asserita vittima considerata individualmente, e ognuna di esse può scegliere di proporre la sua azione o dinanzi al giudice o del luogo in cui è stata definitivamente conclusa l’intesa di cui trattasi eventualmente, di quello in cui è stato adottato un accordo specifico e identificabile di per sé solo come l’evento causale del danno asserito o dinanzi a quello del luogo della propria sede sociale. L’art. 23, infatti, sancisce che in questi casi si debba tener conto delle clausole attributive di competenza contenute in contratti di fornitura, anche qualora ciò abbia per effetto di derogare alle norme sulla competenza internazionale previste dagli artt. 5 e 6, purchè si riferiscano alle controversie relative alla responsabilità derivante da un’infrazione al diritto della concorrenza. Cfr. EU C 2014 1318, 2013 305 e62 e 1992 115. EU C 2015 347, C-560/13 21 MAGGIO 2015 CLAUSOLA STANDSTILL PAESI ESTERI E D’OLTREMARE FONDI NERI E PARADISI FISCALI. Libera circolazione dei capitali – Deroga – Movimenti di capitali che implicano la prestazione di servizi finanziari – Normativa nazionale che prevede la tassazione forfettaria dei redditi da capitali derivanti da partecipazioni in fondi d’investimento esteri. L’art. 64 TFUE dev’essere interpretato nel senso che una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede una tassazione forfettaria dei redditi dei titolari di quote di un fondo d’investimento estero, allorché quest’ultimo non soddisfi taluni obblighi previsti dalla legge, costituisce una misura vertente su movimenti di capitali che implicano la prestazione di servizi finanziari ai sensi di tale articolo. Infatti il criterio determinante per l’applicazione dell’art. 64 § .1 TFUE verte sul nesso causale esistente tra i movimenti di capitali e la prestazione di servizi finanziari e non sull’ambito di applicazione personale della misura nazionale controversa o sul suo rapporto con il prestatore, piuttosto che con il destinatario, di tali servizi il suo ambito di applicazione è definito con riferimento alle categorie di movimento di capitali che possono essere oggetto di restrizioni. La giurisprudenza costante della CGUE, poi, stabilisce che le normative fiscali degli Stati membri possono rientrare in detta norma EU C 2006 774, 2007 297 e 2011 276 .