RASSEGNA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRTTI DELL’UOMO

SEZ. V CASI BOHLEN comma GERMANIA ED ERNS AUGUST VON HANNOVER comma GERMANIA 19 FEBBRAIO 2015, RIcomma 53495/09 E 53649/09 USO ILLECITO DI NOMI DI VIPS PUBBLICITÀ SATIRICA DIRITTO D’INFORMAZIONE E TUTELA DELLA PRIVACY. La pubblicità commerciale può contribuire alla formazione di un’opinione pubblica? Sì, se i fatti oggetto della reclame sono noti e la stessa ha valenza satirica. Il primo è un noto musicista e produttore artistico cui furono censurate, annerendole, diverse parti di un libro pubblicato nel 2003 e l’altro è un principe ex marito di Carolina di Monaco, noto per le sue risse con i paparazzi. Una celebre holding del tabacco lanciò una campagna pubblicitaria satirica per una nota marca di sigarette, da lei prodotta, incentrata su questi episodi. La S.comma tedesca, annullando le precedenti condanne, non solo negò il carattere offensivo delle pubblicità, ma rimarcò come non pubblicassero le immagini dei vips e come a dispetto del suo carattere commerciale potessero contribuire alla formazione di un’opinione pubblica . Per la CEDU ciò non viola l’articolo 8 Cedu. La tutela della privacy prevista dall’articolo 8 è ampia e non esaustiva e dovrà esser vagliata di volta in volta, soprattutto se sottesa a fini commerciali/lucrativi, dagli Stati UE e dai loro giudici secondo la loro discrezionalità e criteri giurisprudenziali volti a bilanciare, come nella fattispecie, la libertà d’espressione e la riservatezza dei ricorrenti il contributo dell’informazione al dibattito d’interesse generale, la notorietà della persona presa di mira, il suo comportamento anteriore, l’oggetto del reportage, il contenuto, la forma e l’impatto della pubblicazione . Orbene la giurisprudenza e la dottrina concordano che la satira è una forma di espressione artistica volta alla critica sociale che, perciò, in una certa misura, contribuisce ad un dibattito di pubblico interesse. La CEDU rimarca come i nomi fossero suggeriti in modo intelligente , senza citarli espressamente, la pubblicità fosse divertente e i fatti oggetto di satira fossero di pubblico dominio, perché ampiamente trattati dai media ergo sono escluse connotazioni diffamatorie ed/od offensive della reputazione dei vips o dei loro familiari, sì che, per quanto sopra esplicato, è negata ogni possibile violazione della privacy Von Hannover n. 2 e 3 c. Germania del 07/02/12 e del 19/09/13, Axel Springer AG c. Germania del 07/02/12 e Saaristo ed altri c. Finlandia del 12/10/10 . Si precisi che questa decisione non è stata unanime, perché un giudice rilevando che la reclame, per le modalità con cui è stata realizzata e per il messaggio veicolato, doveva essere stigmatizzata come particolarmente astuta e, quindi essere oggetto di una pubblicità negativa nell’ambito della lotta contro il fumo, sì che non poteva rientrare tra i campi tutelati dalla libertà di espressione, anzi queste sentenze, a suo avviso, dovrebbero assurgere, in tal senso, ad importanti precedenti giurisprudenziali andava protetta la loro privacy. SEZ. IV CASO GUSEVA comma BULGARIA 17 FEBBRAIO 2015, RIcomma 6987/07 DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI DIRITTI DI ESSERE INFORMATI E D’INFORMARE INOTTEMPERANZA ALLE SENTENZE CIVILI ED AMMINISTRATIVE. Negare l’accesso a documenti del comune alla rappresentante dell’ENPA lede la sua libertà d’espressione? Sì, ma sul punto si è registrato un contrasto dovuto ad una recente inversione della giurisprudenza della CEDU. La ricorrente, in quanto esponente dell’ENPA bulgaro, chiedeva al sindaco per tre volte di accedere a documenti relativi a contratti con ditte per la gestione del canile e del randagismo, ma le è sempre stato negato per l’opposizione delle appaltatrici e per l’asserita tutela dei terzi interessati. Sia la S.comma che il CDS tutte le volte hanno ribadito che la sua richiesta era espressione di un elevato interesse collettivo, che non ledeva i diritti di terzi, che semmai, in caso contrario, avrebbero potuto chiedere l’omissione delle sole parti che li riguardavano . Il sindaco, però, ha persistito in questo illecito rifiuto, sì che questa inottemperanza, per la ricorrente e per la CEDU, legittima una condanna delle autorità interne per la violazione degli artt. 6 § .1, 10 da solo ed in combinato disposto con l’articolo 13 Cedu non le hanno garantito i mezzi per accedere a questi dati e quindi il diritto di essere informata e d’informare la collettività su detti problemi di pubblico interesse. Per quanto attiene all’articolo 10 si registra, come detto, un contrasto. Per alcuni giudici ciò necessita di una maggiore e più approfondita analisi delle problematiche connesse alla libertà d’informazione, sotto il duplice profilo sopra descritto, tanto più che sul punto, in queste ipotesi, non esiste una giurisprudenza concorde e non ambigua per un recente cambio di rotta della CEDU Frăsilă e Ciocîrlan v. Romania del 10/05/12 e Grand Chamber Gillberg c. Svezia del 03/04/12, anche se alcuni datati precedenti avevano concluso come questa tesi Thorgeir Thorgeirson c. Islanda del 25/06/92 e Jersild c. Danimarca del 23/09/94 . Infatti sinora è stata seguita la linea dettata dalle sentenze Leander c. Svezia del 26/03/87, Gaskin c. Regno Unito del 07/07/89, Guerra ed altri c. Italia sul caso Seveso del 19/02/98 e Roche c. Regno Unito del 2005 stabiliscono che le autorità interne non hanno alcun obbligo positivo di cercare, raccogliere e divulgare al pubblico in generale od ad alcune categorie specifiche organizzazioni non governative, giornalisti etc. informazioni attinenti alla PA stessa, alla privacy, alla tutela della salute, dell’ambiente e similia, sì che il rifiuto di accedere agli atti, relativi a questi settori, è legittimo e non viola l’articolo 10 Cedu. Per la maggioranza dei giudici della CEDU, che hanno adottato il nuovo corso giurisprudenziale sopra citato, invece, si deve sempre garantire la trasparenza dell’operato della PA attraverso il diritto di accesso agli atti. Inoltre i media e le associazioni non governative svolgono un ruolo essenziale nel dibattito pubblico su questioni di interesse collettivo, per la loro funzione di watchdogs cani da guardia , sì che è loro diritto accedere a questi atti per essere informati ed informare la comunità su tali problematiche. È indubbio che il randagismo e la gestione del canile rientrino in questi temi di pubblico interesse e che l’ENPA sia una ONG, sì che è un’illecita interferenza statale, contraria alla difesa dei diritti fondamentali ed allo stato di democrazia, negare l’accesso agli atti. SEZ. III ION BĂLĂŞOIU comma ROMANIA 17 FEBBRAIO 2015, RIC.70555/10 MORTE DETENUTO MALTRATTAMENTI IN CARCERE ASSOLUZIONE DEI MEDICI E DEI POLIZIOTTI RICORSO PRESENTATO DA UN CONGIUNTO. La morte del detenuto rom per asseriti maltrattamenti in carcere viola gli artt. 2, 3 e 14 Cedu? No, viola solo l’articolo 3 Cedu sotto il profilo procedurale. Il ricorrente è il padre di un ragazzo rom arrestato il 05/04/02 per un presunto furto e morto due mesi dopo. Poco dopo l’arresto accusò malori e fu prontamente curato. I documenti attestano che era sano quando entrò in carcere, ma dall’autopsia emerse che era morto per diverse gravi patologie tubercolosi polmonare, miocardite, problemi renali, lesioni epatiche etc. e rilevò un trauma epicranico causato con o dall’impatto contro un corpo duro 2 o 3 giorni prima del decesso col quale non aveva nessuna connessione. Dalle foto del cadavere erano evidenti ecchimosi soprattutto nella regione lombare. Dalle testimonianze nelle inchieste penali, anche innanzi al tribunale militare, contro medici e poliziotti emersero presunti pestaggi, durante il trasporto in caserma del giovane, di altri arrestati e che tali ecchimosi non erano compatibili con le cause del decesso furono tutti assolti con formula piena non luogo a procedere . Per il padre ciò non solo viola i diritti alla vita ed a non subire torture e trattamenti inumani, ma è anche una chiara discriminazione etnica, dato che è un rom. La CEDU non ha condiviso, come detto, questa opinione, escludendo queste violazioni della Cedu. È palese l’analogia col caso Cucchi. Le autorità interne sono venute meno al loro dovere di condurre un’inchiesta efficace sulle accuse di maltrattamenti. Infatti l’articolo 3 aspetto procedurale impone che lo Stato adotti misure ragionevoli per vagliare tutte le circostanze, anche i fatti discutibili, di dimostrare la carenza di credibilità della vittima, raccogliere e conservare le prove, attuare mezzi concreti per scoprire la verità ed emettere decisioni obiettive, imparziali e pienamente motivate. Nella fattispecie la CEDU ha, infine, scelto di separare l’accusa di maltrattamenti da quelle di discriminazioni razziali, perché sono difficili da provare, precisando che l’onere di scoprirne la connotazione razziale è un obbligo di mezzi e non di risultato Labita c. Italia del 2000, Lopata c. Russia del 13/07/10 e B.S. c. Spagna del 24/07/12 .