RASSEGNA DEL CONSIGLIO DI STATO

CONSIGLIODISTATO,SEZ. VI SENTENZA DEL 27 APRILE 2021, N. 3385 PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO CONVALIDA La convalida del provvedimento amministrativo. Con pronuncia in oggetto il Consiglio di Stato prende in esame l’istituto della convalida del provvedimento amministrativo. Preliminarmente il Collegio rileva che,nell’impianto del nuovo processo amministrativo,al privato è ormai riconosciuta la possibilità di impugnare, mediante la proposizione di motivi aggiunti, tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti e connessi all’oggetto del ricorso stesso. Secondo il Consiglio di Stato, dunque, l’interessato-nel corso del medesimo giudizio potrà domandare, sia l’annullamento dell’atto di convalida perché autonomamente viziato contestandone quindi la stessa ammissibilità , sia l’annullamento dell’atto come convalidato, adducendone la persistente illegittimità. CONSIGLIO DIGIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA,SEZ. GIURISDIZIONALE SENTENZA NON DEFINITIVA DEL 26 APRILE 2021, N. 371 PROCESSO AMMINISTRATIVO – RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA C.G.U.E. L’abuso del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE. Con pronuncia in oggetto il C.G.A. si sofferma sul concetto di abuso del rinvio pregiudiziale” alla Corte di giustizia UE, affermando che, al fine di reprimere untaleabuso, devono ritenersi inammissibili questioni non pertinenti perché manifestamente irrilevanti per la soluzione del giudizio principale o perché del tutto generali o di natura meramente ipotetica, o comunque ove risulti in modo evidente che la richiesta di interpretazione del diritto dell’Unione non presenta alcun legame concreto con l’oggetto della causa. Tanto premesso, il Collegio richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cuila presenza di una inconferente” e irrilevante” istanza di rimessione alla Corte di giustizia UE esclude l’obbligo di rinvio pregiudiziale. In senso conforme Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 2020, n. 4970. CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA SENTENZA DEL 23 APRILE 2021, N. 7 Procedimento amministrativo –silenziodella P.A. –danno da ritardo Le conseguenze del ritardo della P.A. in caso di sopravvenienza normativa. Con la sentenza in commento l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si pronuncia su questioni concernenti la responsabilità della pubblica amministrazione per il ritardo nella conclusione del procedimento originato da un’istanza autorizzativa nella vicenda sottoposta all’attenzione della Plenaria, il risarcimento era stato richiesto in ragione del fatto che, a causa del ritardo nel rilascio delle autorizzazioni, per le quali la ricorrente aveva dapprima agito ex art. 117c.p.a contro il silenzio serbato dall’amministrazione e poi in ottemperanza, l’investimento sarebbe divenuto antieconomico in conseguenza della sopravvenuta abrogazione della normativa in materia di incentivi tariffari connessi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili . In particolare, con la prima questione deferita,ilC.G.A.chiede di stabilire se la predetta sopravvenienza normativa interrompa il nesso causale tra l’inerzia dell’amministrazione nel definire i procedimenti autorizzativi originati dalle istanze della ricorrente e il danno da quest’ultima lamentato a titolo di lucro cessante o alternativamente quale chance di guadagno , consistente nel venir meno dei margini economici realizzabili con il regime incentivante. Con le ulteriori questioni deferite, invece, si pone l’accento sulla misura del danno risarcibile in conseguenza del ritardo e sulla natura della responsabilità della pubblica amministrazione. Ebbene, all’esito di un articolato percorso motivazionale, la Plenaria formula i seguenti principi di diritto a la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi,sia da illegittimitàprovvedimentalesia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale è pertanto necessario accertare che vi sia stata la lesione di un bene della vita, mentre per la quantificazione delle conseguenze risarcibili si applicano, in virtù dell’art. 2056 cod. civ. – da ritenere espressione di un principio generale dell’ordinamento i criteri limitativi della consequenzialità immediata e diretta e dell’evitabilità con l’ordinaria diligenza del danneggiato, di cui agli artt. 1223 e 1227 cod. civ. e non anche il criterio della prevedibilità del danno previsto dall’art. 1225 cod. civ. b con riferimento al periodo temporale nel quale hanno avuto vigenza le disposizioni sui relativi benefici, è in astratto ravvisabile il nesso di consequenzialità immediata e diretta tra la ritardata conclusione del procedimento autorizzativo ex art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003 e il mancato accesso agliincentivi tariffari connessi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabiliquando la mancata ammissione al regime incentivante sia stato determinato da un divieto normativo sopravvenuto che non sarebbe stato applicabile se i termini del procedimento fossero stati rispettati c con riferimento al periodo successivo alla sopravvenienza normativa, occorre stabilire se le erogazioni sarebbero comunque cessate, per la sopravvenuta abrogazione della normativa sugli incentivi, nel qual caso il pregiudizio è riconducibile alla sopravvenienza legislativa e non più imputabile all’amministrazione, oppure se l’interessato avrebbe comunque avuto diritto a mantenere il regime agevolativo, in quanto la legge, per esempio, faccia chiaramente salvi, e sottratti quindi all’abrogazione, gli incentivi già in corso di erogazione e fino al termine finale originariamente stabilito per gli stessi d in ogni caso, il danno va liquidato secondo i criteri di determinazione del danno da perdita di chance, ivi compreso il ricorso alla liquidazione equitativa, e non può equivalere a quanto l’impresa istante avrebbe lucrato se avesse svolto l’attività nei tempi pregiudicati dal ritardo dell’amministrazione. CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V ORDINANZA DEL 21 APRILE 2021, N. 3211 Enti locali – dissesto finanziario – azioni esecutive La disciplina del dissesto finanziario torna all’attenzione della Plenaria. Con l’ordinanza in rassegna la Quinta Sezione del Consiglio di Stato rimette l’affare all’Adunanza Plenariaaffinché quest’ultima rimediti l’orientamento espresso nella propria pronuncia n. 15/2020, con cui la stessa Plenaria aveva affermato il principio secondo cui sono attratti nella competenza dell’OSL Organo Straordinario di Liquidazione e non rientrano quindi nella gestione ordinaria, non solo le poste passive pecuniarie già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto sia sotto il profilo contabile sia sotto il profilo della competenza amministrativa, ma anche tutte le svariate obbligazioni che, pur se stricto jure sorte in seguito, costituiscano comunque la conseguenza diretta ed immediata di atti e fatti di gestione” pregressi alla dichiarazione di dissesto. Più nel dettaglio, la fattispecie sottesa alla predetta ordinanza di rimessione può essere così sintetizzata. Gli interessati avevano proposto ricorso in ottemperanza ex artt. 112 e ss. del c.p.a. in relazione ad un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo, emesso nei confronti di un Comune. Tuttavia, il TAR aveva dichiarato inammissibile il suddetto ricorso poiché il Comune aveva precedentemente dichiarato lo stato di dissesto finanziario sicché, ai sensi dell’art. 248, co. 2, del T.U.E.L., dalla data della predetta dichiarazione e sino all'approvazione del rendiconto di gestione da parte dell’organo straordinario di liquidazione, non potevano essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'Ente per i debiti che rientrano nella competenza del predetto organo straordinario. Secondo il giudice di prime cure, inoltre, la tutela dellaconcorsualitàcomportava l’inibitoria anche del ricorso di ottemperanza, in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore. Gli interessati impugnavano la sentenza di primo grado, sostenendo che i crediti derivanti da sentenza passata in giudicato successivamente alla dichiarazione di dissesto non entravano nella massa passiva della procedura di liquidazione straordinaria anche qualora il fatto genetico fosse anteriore a tale dichiarazione, ma seguivano le regole generali, poiché la massa passiva doveva ritenersi formata ed in via di accertamento. Ebbene, con l’ordinanza di rimessione in oggetto, la Sezione si rivolge all’Adunanza Plenaria affinché quest’ultima rimediti l’orientamento espresso nella propria pronuncia n. 15/2020, soprattutto per la parte in cui la Plenaria ha affermato che la disciplina normativa sul dissesto, basata sulla creazione di una massa separata affidata alla gestione di un organo straordinario, distinto dagli organi istituzionali dell’ente locale, può produrre effetti positivi soltanto se tutte le poste passive riferibili a fatti antecedenti al riequilibrio del bilancio dell’ente possono essere attratte alla predetta gestione, benché il relativo accertamento giurisdizionale o, come nel caso di specie, amministrativo sia successivo .